Sguardi e disegni di Raffaello, del Parmigianino e del Barocci

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“Raffaello. Parmigianino. Barocci. Metafore dello sguardo” è il titolo di una affascinante mostra in svolgimento ai Musei Capitolini di Roma fino al 10 gennaio 2016. Si pongono a confronto tre grandi esponenti dell’arte italiana rinascimentale e post-rinascimentale mettendone in mostra i disegni e qualche dipinto. L’idea di attingere ai disegni (per lungo tempo considerati un genere minore, un mero preliminare dei più completi lavori su tela e affresco) corrisponde alla volontà di avvicinare il pubblico a tutti gli aspetti della tecnica e della creatività dei grandi artisti del passato.

La mostra è stata promossa dall’Assessorato alla Cultura e allo Sport di Roma, dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni culturali in collaborazione con il “Gabinetto Disegni e Stampe” degli Uffizi, con l’organizzazione di MetaMorfosi e Zètema. Brillante curatrice è la direttrice del “Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi”, Marzia Faietti.

Per raccontare la relazione che ha legato Raffaello Sanzio (1483-1520) a Francesco Mazzola detto il Parmigianino (1503-1540) e a Federico Barocci (1535-1612) – segnalati dalle fonti più antiche come “eredi” dell’artista urbinate – la direttrice Faietti e i suoi collaboratori hanno scelto di selezionare i disegni in cui emerge di più il tema dello «sguardo». Sguardo inteso: a) come sguardo dei critici antichi sul Parmigianino e Barocci in funzione della loro relazione con Raffaello; b) come lo sguardo di questi due pittori su Raffaello in quanto precursore delle opere in cui viene tematizzato l’elemento del guardare l’altro/guardare se stessi e, infine: c) come lo sguardo dei tre artisti rivolto a se stessi – e quindi allo spettatore – negli autoritratti. Potrebbe apparire una costruzione filologica ardua: in realtà la mostra è godibilissima e l’impaginazione critica – necessaria quando si attinge al “mare magnum” dei disegni e delle stampe – rimane piacevolmente in secondo piano rispetto alle immagini.

Trattare di Raffaello Sanzio non significa occuparsi di un tema esausto – ha ribadito la curatrice Faietti – l’artista di Urbino, dopo aver subito, per alcuni decenni, una sorta di oscuramento critico, sta tornando al centro dell’interesse sia degli storici dell’arte che dei visitatori delle mostre e degli appassionati. Lo sta facendo in modo nuovo, adeguato alla sensibilità del presente che è in grado di cogliere ed apprezzare motivi pittorici complessi e anche iconografie comparative tra disegno e pittura e tra artisti differenti. In particolare, guardando a Raffaello con gli occhi del Parmigianino e con quelli di Barocci, si intende sottoporre ai visitatori un confronto produttivo fra le tecniche e le visioni di artisti vissuti in epoche diverse, esaltandone la modernità nella ricerca iconografica.

I tre artisti in mostra, espressero nella loro copiosa produzione grafica impeto sperimentale e forza innovativa: il loro disegnare fu officina di percorsi figurativi che si sarebbero prolungati ben oltre quei primi secoli moderni, servendo da stimolo ad artisti di più vicina contemporaneità. Ma genealogia ci fu. Infatti è assodato che i secondi due abbiano seguito la lezione di Raffaello Sanzio. Per il Parmigianino, la sua eredità spirituale nei confronti di Raffaello si fa risalire a una notizia circolante a Roma subito dopo la morte precoce dell’Urbinate, quando fu definito: “Raphael Redivivus” (Giorgio Vasari). Per il Barocci, più linearmente, si può evidenziare la comune terra di origine. In ogni caso, nelle loro opere in grafica e in pittura, non troviamo mere ripetizioni, bensì rielaborazioni rispetto agli originali raffaelleschi.

Nella mostra romana – frutto di una accurata ricerca iconografica – si vedranno lo studio per la “Deposizione Borghese” di Raffaello, gli studi per gli affreschi della basilica di Santa Maria della Steccata a Parma del Parmigianino e lo studio compositivo per la “Deposizione di Perugia” di Barocci e altri fogli provenienti dal “Gabinetto Disegni e Stampe” degli Uffizi, dall’Albertina di Vienna, dalla “Reale Biblioteca” di Torino, dal “British Museum” e dalle “Courtauld Institute Galleries” di Londra, dal “Rijksprentenkabinet” di Amsterdam, dal “Gabinetto dei Disegni e delle Stampe” del Museo di Capodimonte a Napoli, dallo “Städelsches Museum” di Francoforte, dalla “Galleria Nazionale” di Parma. Una misurata selezione dipinti – come: l’”Annunciazione” e il “Riposo durante la fuga in Egitto” di Barocci della Pinacoteca dei Musei Vaticani – richiama i nodi tematici già abbozzati nella grafica.

Notevole interesse estetico e storico presenta la tematica dell’autoritratto. In mostra si vedono lo straordinario “Autoritratto giovanile” di Raffaello raffigurato «come un giovane santo» e l’”Autoritratto di mezza età” di Barocci, entrambi della Galleria degli Uffizi, e i due “Autoritratti” del Parmigianino dell’Albertina di Vienna e della “Chatsworth Collection”. L’inserimento dello specchio – in cui cogliere la propria figura – nella costruzione dell’immagine grafica e poi pittorica obbliga a complicare i canoni estetici poiché l’artista anticipa già dentro l’opera un processo di riflessione e di duplicazione dell’immagine, indirizzando verso un simulacro lo sguardo dello spettatore.

Nella foto:  Raffaello Sanzio, “Autoritratto”, 1504-1506.

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