Il Papa al Congresso, vita, speranza, famiglia

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La prima volta di un Papa davanti al Congresso degli Stati Uniti, a Washington, “nella terra dei liberi e nella casa dei valorosi”. E’ toccato a Francesco parlare ai deputati e senatori americani proponendo un discorso ad ampio raggio, interrotto da 37 applausi. Il Papa ha incentrato le sue parole sulle esperienze di 4 americani: Abraham Lincoln, Martin Luther King, Dorothy Day e Thomas Merton.

“Voi – ha esordito il Pontefice – siete chiamati a salvaguardare e a garantire la dignità dei vostri concittadini nell’instancabile ed esigente perseguimento del bene comune, che è il fine di ognipolitica. Una società politica dura nel tempo quando si sforza, come vocazione, di soddisfare i bisogni comuni stimolando la crescita di tutti i suoi membri, specialmente quelli in situazione di maggiore vulnerabilità o rischio”.

Sono qui per dialogare con voi e con il popolo americano, ha assicurato Francesco. Parlando dell’ideale di libertà di Lincoln, Francesco ha ammesso la preoccupazione per la situazione internazionale ribandendo il no a conflitti, odio e atroci brutalità: “nessuna religione è immune da forme di inganno individuale o estremismo ideologico. Questo significa che dobbiamo essere particolarmente attenti ad ogni forma di fondamentalismo, tanto religioso come di ogni altro genere”. Abbiamo il dovere di dare “una risposta di speranza e di guarigione, di pace e di giustizia. Ci è chiesto di fare appello al coraggio e all’intelligenza per risolvere le molte crisi economiche e geopolitiche di oggi. Dobbiamo andare avanti insieme, come uno solo, in uno spirito rinnovato di fraternità e di solidarietà, collaborando generosamente per il bene comune”.

Ascoltate – ha chiesto il Papa – la voce della fede “perché è una voce di fraternità e di amore, che cerca di far emergere il meglio in ogni persona e in ogni società”. La politica è “espressione del nostro insopprimibile bisogno di vivere insieme in unità, per poter costruire uniti il più grande bene comune: quello di una comunità che sacrifichi gli interessi particolari per poter condividere, nella giustizia e nella pace, i suoi benefici, i suoi interessi, la sua vita sociale”.

Guardando a Martin Liter King il Papa ha ricordato il suo sogno di pieni diritti civili che “continua a ispirarci. Noi, gente di questo continente, non abbiamo paura degli stranieri, perché molti di noi una volta eravamo stranieri. Vi dico questo come figlio di immigrati, sapendo che anche tanti di voi sono discendenti di immigrati. Tragicamente, i diritti di quelli che erano qui molto prima di noi non sono stati sempre rispettati. Costruire una nazione ci chiede di riconoscere che dobbiamo costantemente relazionarci agli altri, rifiutando una mentalità di ostilità per poterne adottare una di reciproca sussidiarietà, in uno sforzo costante di fare del nostro meglio”.

No pertanto alla cultura dello scarto. “Dobbiamo evitare una tentazione oggi comune: scartare chiunque si dimostri problematico. Ricordiamo la Regola d’Oro: fai agli altri ciò che vorresti che gli altri facessero a te. Trattiamo gli altri con la medesima passione e compassione con cui vorremmo essere trattati. Cerchiamo per gli altri le stesse possibilità che cerchiamo per noi stessi. Aiutiamo gli altri a crescere, come vorremmo essere aiutati noi stessi”.

Dobbiamo “difendere la vita umana in ogni fase del suo sviluppo”. Sostengo quindi – ha specificato puntualmente Papa Bergoglio – “l’abolizione globale della pena di morte. Sono convinto che questa sia la via migliore, dal momento che ogni vita è sacra, ogni persona umana è dotata di una inalienabile dignità, e la società può solo beneficiare dalla riabilitazione di coloro che sono condannati per crimini”.

Pensando a Dorothy Day si guarda alla “passione per la giustizia e per la causa degli oppressi”. Bisogna vincere la povertà facendo ancora di più. “C’è bisogno di dare speranza. La lotta contro la povertà e la fame dev’essere combattuta costantemente su molti fronti, specialmente nelle sue cause”. In questo senso è necessario difendere il creato cambiando rotta: “ora è il momento di azioni coraggiose e strategie dirette a implementare una «cultura della cura e un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura”.

Con Thomas Merton il Papa ha parlato di dialogo e pace. Riconosco – ha detto Francesco – “gli sforzi fatti nei mesi recenti per cercare di superare le storiche differenze legate a dolorosi episodi del passato. È mio dovere costruire ponti e aiutare ogni uomo e donna, in ogni possibile modo, a fare lo stesso. Quando nazioni che erano state in disaccordo riprendono la via del dialogo nuove opportunità si aprono per tutti. Questo ha richiesto, e richiede, coraggio e audacia, che non vuol dire irresponsabilità”.

“Essere al servizio del dialogo e della pace – ha aggiunto – significa anche essere veramente determinati a ridurre e, nel lungo termine, a porre fine ai molti conflitti armati in tutto il mondo”. Causa della guerra è il “denaro che è intriso di sangue, spesso del sangue innocente. Davanti a questo vergognoso e colpevole silenzio, è nostro dovere affrontare il problema e fermare il commercio di armi”.

Infine un pensiero alla famiglia e ai giovani, in visita dell’Incontro Mondiale delle Famiglie di Philadelphia. La famiglia va sostenuto soprattutto oggi “che è minacciata, forse come mai in precedenza, dall’interno e dall’esterno. Relazioni fondamentali sono state messe in discussione, come anche la base stessa del matrimonio e della famiglia. Io posso solo riproporre l’importanza e, soprattutto, la ricchezza e la bellezza della vita familiare”.

Bisogna ricordarsi anche dei giovani: “i loro problemi sono i nostri problemi. Non possiamo evitarli. È necessario affrontarli insieme, parlarne e cercare soluzioni efficaci piuttosto che restare impantanati nelle discussioni”.

“Una nazione – ha concluso il Papa può essere considerata grande quando difende la libertà, come ha fatto Lincoln; quando promuove una cultura che consenta alla gente di sognare pieni diritti per tutti i propri fratelli e sorelle, come Martin Luther King ha cercato di fare; quando lotta per la giustizia e la causa degli oppressi, come Dorothy Day ha fatto con il suo instancabile lavoro, frutto di una fede che diventa dialogo e semina pace nello stile contemplativo di Thomas Merton”.

Prima di lasciare il Congresso il Papa si è affacciato all’esterno per salutare e benedire la folla che ha seguito il suo intervento davanti a deputati e senatori.

bArticolo publicato su Acistampa.com

 

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