Cuba: il papa invita a scoprire lo sguardo misericordioso di Dio

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Giornate intense per papa Francesco non solo per via degli spostamenti aerei, ma anche per l’accoglienza riservata, sempre tra ali di fedeli, che testimoniano la fede del popolo cubano. Nella mattinata di ieri papa Francesco è decollato dall’aeroporto internazionale ‘José Martì’ per Holguín, accolto, all’arrivo, da ali di folla festanti ai bordi della strada. E, secondo il suo stile, papa Francesco ha fatto fermare la jeep per abbracciare le persone.

Nella terza città cubana, alla presenza di migliaia di persone e del presidente Raùl Castro, nato qui, accolto dal vescovo della città, mons. Emilio Aranguren Etcheverría, ha presieduto la Celebrazione Eucaristica nella festa liturgica di san Matteo: “Celebriamo la storia di una conversione. Egli stesso, nel suo Vangelo, ci racconta come è stato l’incontro che ha segnato la sua vita, ci introduce in un ‘gioco di sguardi’, che è in grado di trasformare la storia”.

Infatti l’apostolo conduceva una vita normale, forse un po’ noiosa nel riscuotere le tasse tra le proteste della gente, quando ha incontrato lo sguardo di Gesù che gli ha proposto di seguirlo: “Gesù lo guardò. Che forza di amore ha avuto lo sguardo di Gesù per smuovere Matteo come ha fatto! Che forza devono avere avuto quegli occhi per farlo alzare! Sappiamo che Matteo era un pubblicano, cioè riscuoteva le tasse dagli ebrei per darle ai romani.

I pubblicani erano malvisti e inoltre considerati peccatori, per questo vivevano isolati e disprezzati dagli altri. Con loro non si poteva mangiare, né parlare e né pregare. Per il popolo erano dei traditori, che prendevano dalla loro gente per dare ad altri. I pubblicani appartenevano a questa categoria sociale”.

Il papa, come un’artista, ha tratteggiato al popolo cubano quell’incontro fondamentale nella vita di ognuno: “Invece, Gesù si fermò, non passò oltre frettolosamente, lo guardò senza fretta, con calma. Lo guardò con occhi di misericordia; lo guardò come nessuno lo aveva guardato prima. E questo sguardo aprì il suo cuore, lo rese libero, lo guarì, gli diede una speranza, una nuova vita, come a Zaccheo, a Bartimeo, a Maria Maddalena, a Pietro e anche a ciascuno di noi. Anche se noi non osiamo alzare gli occhi al Signore, Lui ci guarda per primo”.

Questo evento capitato a Matteo succede a tutti, in quanto è la storia personale, perché lo sguardo misericordioso di Dio ha visitato la vita di ognuno: “Il suo amore ci precede, il suo sguardo anticipa le nostre necessità. Egli sa vedere oltre le apparenze, al di là del peccato, del fallimento o dell’indegnità. Sa vedere oltre la categoria sociale a cui apparteniamo.

Egli, andando oltre, vede quella dignità di figlio, a volte sporcata dal peccato, ma sempre presente nel profondo della nostra anima. Egli è venuto proprio a cercare tutti coloro che si sentono indegni di Dio, indegni degli altri. Lasciamoci guardare da Gesù, lasciamo che il suo sguardo percorra le nostre strade, lasciamo che il suo sguardo ci riporti la gioia, la speranza”.

Questo sguardo misericordioso trasforma la persona, come è successo a Matteo: “L’incontro con Gesù, con il suo amore misericordioso, lo ha trasformato. E si lascia alle spalle il banco delle imposte, il denaro, la sua esclusione. Prima aspettava seduto per riscuotere, per prendere dagli altri; ora con Gesù deve alzarsi per dare, per offrire, per offrirsi agli altri. Gesù lo ha guardato e Matteo ha trovato la gioia nel servizio.

Per Matteo e per tutti coloro che hanno percepito lo sguardo di Gesù, i concittadini non sono quelli di cui si approfitta, si usa e si abusa. Lo sguardo di Gesù genera un’attività missionaria, di servizio, di dedizione. Il suo amore guarisce le nostre miopie e ci stimola a guardare oltre, a non fermarci alle apparenze o al politicamente corretto.

Gesù va avanti, ci precede, apre la strada e ci invita a seguirlo. Ci invita ad andare lentamente superando i nostri pregiudizi, le nostre resistenze al cambiamento degli altri e anche di noi stessi”. Poi ha invitato i cubani a lasciarsi guardare da Gesù, grazie specialmente all’opera evangelizzatrice delle ‘case di missione’:

“So con quale sforzo e sacrificio la Chiesa a Cuba sta lavorando per portare a tutti, anche nei luoghi più remoti, la parola e la presenza di Cristo. Una menzione speciale meritano le cosiddette ‘case di missione’, che, data la scarsità di chiese e sacerdoti, consentono a molte persone di avere un luogo per la preghiera, l’ascolto della Parola, la catechesi e la vita comunitaria”.

Infine ha affidato il popolo allo sguardo misericordioso della Vergine Maria, Nostra Signora della Carità del Cobre: “Che lei ci custodisca tutti come ha custodito Gesù nel suo amore”. Al termine della celebrazione papa Francesco ha salutato l’immensa folla festante con i bambini che hanno cantato in coro canti per la pace: “Cantate molto bene, non dimenticatevi di pregare per me!”

In seguito si è recato nella città di Santiago de Cuba, dove ha incontrato i vescovi di Cuba nel Seminario san Basilio Magno ed ha pregato nel Santuario nazionale della ‘Virgen de la Caridad’ di El Cobre, accolto da mons. Dionisio Guillermo García Ibáñez e dal Rettore del Santuario. Davanti alla statuetta della ‘Virgen de la Caridad’ il papa ha recitato la ‘Preghiera della Virgen’, lasciando in dono un vaso d’argento con fiori.

Questa statua di 40 cm. di altezza racchiude l’essenza più profonda della devozione cubana, tantoché anche Ernest Hemingway le regalò la medaglia del Nobel, ottenuto nel 1954, esprimendo così l’omaggio al Paese che gli aveva ispirato il romanzo ‘Il vecchio e il mare’; anche la madre di Fidel e Raùl Castro, Lina Ruz, ha offerto alla Madonna il ritratto dei due giovani combattenti per metterli sotto la sua protezione.

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