Benedetto XVI e lo Spirito di Assisi. Che è preghiera, non liturgia.

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Quando ha annunciato che sarebbe andato ad Assisi il prossimo 27 ottobre per celebrare il venticinquesimo anniversario dello storico incontro tra i leader religiosi di tutto il mondo, Benedetto XVI aveva sorpreso un po’ tutti. Lui, da prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, non aveva partecipato al primo storico incontro del 1986. Lui, l’estensore della Dominus Jesus che ribadiva l’unica salvezza del cattolicesimo, era stato considerato da tutti l’affossatore dello Spirito di Assisi. Eppure il Papa ha deciso di andare. E di dare la sua personale impronta all’incontro di Assisi. E infatti, l’incontro del 27 ottobre non è tra gli eventi liturgici segnalati dal calendario vaticano per il mese di ottobre.

 

Per comprendere le ragioni, basterebbe andare indietro nel tempo, al viaggio in Israele nel 2009. Lì, Benedetto XVI tenne un discorso al Notre Dame International Center, rivolgendosi ai rappresentanti e gruppi che si interessano al dialogo interreligioso. Disse loro: “Insieme possiamo proclamare che Dio esiste e che può essere conosciuto, che la terra è sua creazione, che noi siamo sue creature, e che egli chiama ogni uomo e donna ad uno stile di vita che rispetti il suo disegno per il mondo. Amici, se crediamo di avere un criterio di giudizio e di discernimento che è divino nella sua origine e destinato a tutta l’umanità, allora non possiamo stancarci di portare tale conoscenza ad influire sulla vita civile. La verità deve essere offerta a tutti; essa serve a tutti i membri della società. Essa getta luce sulla fondazione della moralità e dell’etica, e permea la ragione con la forza di andare oltre i suoi limiti per dare espressione alle nostre più profonde aspirazioni comuni. Lungi dal minacciare la tolleranza delle differenze o della pluralità culturale, la verità rende il consenso possibile e mantiene ragionevole, onesto e verificabile il pubblico dibattito e apre la strada alla pace”.

Una strada che Benedetto XVI ha segnalato anche durante il suo viaggio in Germania, nei suoi incontri con le comunità ebraica, musulmana, luterana, incontri con i quali arricchisce quasi sempre i suoi viaggi. Ci sono due strade per la comunione: l’azione della ragione della fede sul piano della cultura, e allo stesso tempo la preghiera. Le differenze tra le religioni vanno mantenute, ed ognuna deve avere la propria specificità. Ogni religione pensa di servire la verità, e dunque l’incontro non può che avvenire sul piano culturale. Era uno dei motivi per cui il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso era stato prima accorpato sotto il Pontificio Consiglio per la Cultura, e poi ripristinato sotto la presidenza di un diplomatico di lungo corso come il cardinal Jean Louis Tauran.

Incontri di questo genere portano sempre con sé il rischio di sincretismo. D’altronde, già per l’evento del 27 ottobre 1986 non mancarono le critiche, alimentate anche da alcuni “eccessi”. A buddisti, a induisti, ad animisti africani furono concesse per le loro preghiere alcune chiese della città, come fossero involucri neutri, privi d’irrinunciabile valenza cristiana. E sull’altare della locale chiesa di San Pietro i buddisti sistemarono una reliquia di Buddha. I grandi registi di Assisi, e depositari del cosiddetto “spirito di Assisi” cui da 25 anni danno nuova linfa con un incontro internazionale su “Uomini e religioni”, sono i membri della comunità di Sant’Egidio.

Per la prima volta, la Comunità di Sant’Egidio non è stata coinvolta nell’organizzazione dell’evento. Che è stato da subito messo in mano alla  Segreteria di Stato, alla Congregazione per la Dottrina della Fede, al Pontificio Consiglio per la Cultura e al Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e al Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. I movimenti sono stati coinvolti, sì, ma con lo scopo di fare da cornice e richiedendo loro dei volontari e delle consulenze per quanto riguarda la parte organizzativa. Ancora non si sa con precisione come si svolgerà l’incontro. L’elemento più importante sarà certamente il pellegrinaggio ad Assisi, alla tomba di San Francesco. La preghiera avrà parte importante durante il pellegrinaggio, e certamente si rifletterà sul ruolo e le responsabilità delle religioni nella promozione della pace con un conseguente impegno di pace. Non ci sarà una cerimonia liturgica in senso stretto. Ci sarà un’unità che si basa sulla ricerca di Dio. Ripartire da Dio per trovare lo Spirito di Assisi. Liberando anche questo dalle sovrastrutture. È questo il piano di Benedetto XVI.

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