Mons. Galantino: riscoprire Rosmini per un nuovo umanesimo

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‘Uomini, animali o macchine? Scienze, filosofia e teologia per un nuovo umanesimo’: questo è stato il tema sul quale si sono confrontati nell’ultimo fine settimana di agosto, circa 200 tra scienziati, filosofi, teologi durante il XV corso dei Simposi rosminiani, organizzato dal Centro internazionale di studi rosminiani di Stresa.

Nell’introdurre i lavori il direttore del Centro, padre Umberto Muratore, ha osservato: “Le scienze odierne, con il travolgente susseguirsi di sempre nuove scoperte, stanno portando alla luce tanti punti oscuri del passato, ridisegnando la mappa delle nostre conoscenze su tutti i campi: universo, corpo e psiche, comportamento umano, soprattutto biologia e neurologia. Le nuove conoscenze, a loro volta, aprono squarci nuovi sull’individuo in particolare e sulla società in genere.

Problemi sull’eticità di certe sperimentazioni e applicazioni, su quali direttive incoraggiare o bloccare la ricerca, sulle leggi civili e penali da correggere e perfezionare. Fino a lambire e interferire sui campi più specifici del filosofo e del teologo: il valore della coscienza e della libertà, il senso del religioso e della responsabilità, la nascita dell’universo, la natura dell’io e della realtà nel suo insieme”.

Nella prolusione il prof. Vittorino Andreoli ha posto l’attenzione sulle relazioni, sul dolore evitabile, sul senso del limite, indagando la differenza tra sacro e religioso. Per Andreoli la religione è l’architettura che permette di rispondere alle domande esistenziali dell’uomo, che supera il limite della morte con la risposta della resurrezione, il limite della nascita con quello della creazione. Gesù è stato un esempio eclatante di fragilità, mai un esempio di potere.

Quindi la relazione è fondamentale, perché l’esistenza è movimento dell’io che va verso il mondo inteso non soltanto dal punto di vista geografico ma anche umano. La crisi attuale non ha solo una dimensione economica, su cui viene massicciamente posta l’attenzione, ma anche una dimensione esistenziale che coinvolge il rispetto dell’altro, la consapevolezza della fragilità dell’uomo. Nei giorni successivi anche il prof. Eugenio Borgna ha inquadrato il proprio intervento su quattro punti: una necessariamente sintetica trattazione di ‘Che cos’è la psichiatria?’, gli aspetti dicotomici tra dolori dell’anima e dolori del corpo, il senso del dolore e della sofferenza, la consapevolezza che la vera conoscenza non nasce senza sofferenza.

La presentazione si è soffermata sugli abissi della vita e della coscienza e su un settore minoritario della psichiatria che si allontana dalla pura indagine medica ed indaga sulla vita interiore, sulla soggettività, sul dolore dell’anima, sul senso delle cose e nell’immanenza del dolore trova delle strategie di cura. Si tratta di una psichiatria forse utopica che però ha cambiato le strategie molto di più rispetto a quella strettamente medico-farmacologica e che è consapevole che nella normalità si annidano spinte decisamente più distruttive rispetto alla stessa pazzia.

Partendo da questi ‘spunti’ di riflessione mons. Nunzio Galantino ha affrontato il tema della persona, chiarendo che è importante l’equilibrio tra i diversi aspetti dell’uomo e per mantenerlo è necessario misurare pensieri ed azioni. I richiami a Rosmini sono stati molteplici: unità del processo decisionale, il disporre tutte le occupazioni della propria vita secondo uno spirito di intelligenza, il diritto come mezzo per difendere e migliorare la persona:

“Negli scritti rosminiani, l’uomo è al centro da un punto di vista, diremmo, quantitativo, perché rappresenta l’argomento più ricorrente e attorno al quale tutti gli altri ruotano; ma anche a livello qualitativo, perché è descritto in ogni pagina il suo valore, superiore a quello di ogni altra realtà. In questo senso si potrebbe dire che i testi del Roveretano non solo ci offrono un’indagine sulla persona e la sua specificità, ma costituiscono, al tempo stesso, un inno alla sua dignità, un’esortazione a compierne le istanze, una lode della sua mirabile elevatezza…

Inoltre, perdendo il senso di Dio, e questo era il costante rimprovero di Rosmini al suo tempo, va perso il senso dell’uomo stesso, perché lo si osserva da una prospettiva parziale; non sbagliata, semmai, ma incompleta e per questo ugualmente dannosa”. Il segretario della Cei ha sottolineato che in Rosmini era costante il dialogo con le scienze e la critica dello scientismo moderno: “Contrariamente a quanto avviene, i diversi saperi devono mantenersi in un costruttivo dialogo, che riconosca la limitatezza di ogni visione e una gerarchia tra le varie fonti di conoscenza.

Solo così la persona potrà essere trattata, come deve, come un fine e non come un mezzo, perché se ne coglierà la superiorità e l’unicità tra tutti gli altri esseri… Sono frontiere, per certi versi, affascinanti e in grado di offrire conoscenze nuove e importanti. Attenzione però a quanto ha detto Rosmini: serve uno sguardo pulito e pieno sulla persona e la sua unità, per non rendere l’essere umano un oggetto.

L’insidia è sempre quella di una visione parziale e riduttiva, che volga il progresso in motivo di restringimento e svilimento dell’uomo, divenuto, direbbe il nostro autore, un ‘uomo senza persona’, se non si percepisce la sua superiorità rispetto al mondo e la sua capacità unica di percepire l’Essere, e quindi l’Assoluto”.

Quindi ha concluso, affermando che la persona è il fine, se si vuole un rinnovamento del diritto e della società: “A questo fine, i diversi saperi sono chiamati non solo a un’interazione reciproca, ma anche a porsi a servizio del diritto, quale strumento sommo di organizzazione della società umana. Alla luce di quanto abbiamo detto, e facendo tesoro del costante richiamo di Rosmini, il diritto andrà inteso come relativo alla persona, come il mezzo per difenderla e svilupparla”.

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