Ucraina: il papa prega per la fine del conflitto

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Domenica scorsa, dopo la recita dell’Angelus, papa Francesco ha pregato per la pace in Ucraina, che ha celebrato la sua festa nazionale: “Cari fratelli e sorelle, con profonda preoccupazione, seguo il conflitto in Ucraina orientale, nuovamente inaspritosi in queste ultime settimane. Rinnovo il mio accorato appello affinché siano rispettati gli impegni presi per giungere alla pacificazione e con l’aiuto delle organizzazioni e delle persone di buona volontà, si risponda all’emergenza umanitaria nel Paese”.

Infatti, anche se i media hanno un po’ dimenticato il conflitto, nel Paese ancora continua la guerra fratricida e molte persone muoiono ogni giorno, come ha affermato sul sito di ‘Vita non profit’ Eliseo Bertolasi, ricercatore dell’Isag (Istituto di Alti Studi di Geopolitica e Scienze Ausiliari), ha affermato che “si combatte una sanguinosa, quanto assurda, guerra civile ‘fratricida’ tra due popoli storicamente e culturalmente fraterni: gli ucraini e i russi, che da secoli vivono sui medesimi territori del Donbass.

La situazione nella cittadina di Gorlovka (Repubblica Popolare di Donetsk) è drammatica. Come sostiene il suo sindaco Roman Khramenkov, solo nel mese di luglio, a causa dei bombardamenti delle forze armate ucraine sulla sua città, sono già morti 7 civili, oltre a 19 feriti, tra cui tre bambini…

Secondo l’ufficio del sindaco, da gennaio a luglio 2015, sotto i bombardamenti delle forze ucraine 164 civili sono stati uccisi, 501 sono rimasti feriti. Secondo le statistiche la città, purtroppo, ha il primato del maggior numero di bambini uccisi sotto i colpi ucraini: 16 solo nella prima metà del 2015”.

Quindi continua il sotterraneo conflitto tra Ucraina e Russia, facendo precipitare le rispettive economie verso la depressione economica. Kirill Rogov, Senior Research Fellow del Gaidar Institute for Economic Policy di Mosca, ha analizzato gli ultimi dati economici dell’economia russa:

se molti russi si aspettano una ‘crisi a V’, cioè un netto declino seguito da un altrettanto rapida ripresa, secondo l’analista economico quella russa affronterà una lunga depressione, perché nonostante un crollo immediato sia stato per ora evitato, grazie al rialzo del prezzo del petrolio e misure quali la svalutazione del rublo, questa guerra ha comunque un costo; una significativa diminuzione dei consumi interni e degli investimenti, con effetti sul settore automobilistico, dell’abbigliamento e tessile e sui beni per uso domestico:

“Supponendo che il prezzo del petrolio resti attorno ai 60 dollari al barile, l’economia russa non crollerà nell’immediato futuro. Piuttosto, comincerà a scivolare verso una graduale depressione. Nonostante il recente aumento del prezzo del petrolio e la stabilizzazione macroeconomica, le statistiche più recenti indicano come sia cominciata una nuova fase di crisi, che si manifesta attraverso un forte declino della produzione industriale”.

Lasciando la parte economica, nei giorni scorsi Amnesty International ha diffuso schiaccianti prove sui crimini di guerra in corso in Ucraina, in particolare torture e uccisioni sommarie di prigionieri ad opera di entrambe le parti coinvolte nel conflitto. Ex detenuti hanno riferito di essere stati picchiati fino a spezzargli le ossa, torturati con la corrente elettrica, presi a calci, accoltellati, appesi al soffitto, privati del sonno per giorni e di cure mediche urgenti, minacciati di morte e sottoposti a finte esecuzioni:

“All’ombra del conflitto ancora in corso nell’Ucraina orientale, le nostre ricerche sul campo hanno raccolto denunce di tortura tanto frequenti quanto scioccanti. Oltre 30 ex prigionieri, catturati da entrambe le parti, hanno fornito resoconti credibili e orribili di ciò che hanno vissuto”, ha dichiarato John Dalhuisen, direttore del programma Europa e Asia centrale di Amnesty International.

Dei 33 ex prigionieri intervistati da Amnesty International, tutti detenuti per vari periodi di tempo tra il luglio 2014 e l’aprile 2015 e incontrati tra marzo e maggio di quest’anno, 32 hanno descritto brutali pestaggi e altri gravi abusi commessi dai gruppi separatisti e dalle forze pro-Kiev. I torturatori appartengono ad ambo i lati del conflitto: 17 delle vittime sono state detenute dai separatisti, 16 dall’esercito, dalla polizia e dai servizi segreti di Kiev.

Alcune delle violenze peggiori sono commesse in centri non ufficiali di detenzione, soprattutto nei primi giorni. I gruppi che agiscono al di fuori della catena di comando effettiva o ufficiale tendono ad avere comportamenti brutali e fuorilegge. La situazione dal lato separatista è particolarmente caotica: gruppi differenti trattengono prigionieri in almeno 12 diverse località.

Quanto al lato pro-Kiev, uno dei racconti fatti da un ex prigioniero nelle mani della milizia nazionalista ‘Settore destro’ è risultato estremamente sconvolgente. Questa milizia ha preso decine di civili in ostaggio, li ha portati in un centro giovanile in disuso e qui li ha sottoposti a crudeli torture per poi estorcere ampie somme di denaro tanto ai detenuti quanto alle loro famiglie. Amnesty International ha segnalato la vicenda alle autorità ucraine senza ricevere alcuna risposta.

Le ricerche di Amnesty International hanno verificato che entrambe le parti hanno arbitrariamente trattenuto civili che non avevano commesso alcun reato, per il mero fatto di aver espresso simpatia per la parte avversa. L’organizzazione per i diritti umani ha incontrato persone arrestate e picchiate solo per aver scattato fotografie delle proteste di EuroMaydan o per aver avuto nella rubrica del loro cellulare i numeri di telefono di separatisti.

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