Convivenza tra le fedi: ricordare la lezione di papa Giovanni Paolo II

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Giorni fa è ricorsa una data, che nella memoria di molti è stata dimenticata o rimossa: il 19 agosto 1985 papa Giovanni Paolo II, durante il viaggio apostolico in Togo, Costa d’Avorio, Camerun, Repubblica Centraficana, Kenya, Zaire e Marocco (che aveva come religione ufficiale quella islamica), accettò il confronto con 80.000 giovani mussulmani nello stadio di Casablanca su insistente invito di re Hassan. Entrando nello stadio papa Giovanni Paolo II si presentò in questo modo ai giovani mussulmani: “Con molta semplicità, vorrei darvi qui la mia testimonianza di ciò che io credo”.

A distanza di tanti anni è quindi opportuno ricordare quel discorso del papa ai giovani mussulmani, che segnò l’avvio del dialogo interreligioso, che avrebbe delineato il modello di convivenza per i futuri rapporti non solo tra le religioni, ma soprattutto tra i popoli. La rilettura di questo incontro diventa ancora più profetica e necessaria se si vuole sconfiggere la mentalità di chi, soprattutto oggi, soffia sulle religioni come necessaria arma di guerra, invece che di convivenza.

In apertura del dialogo il papa sottolineò le cose in comune tra credenti cristiani e musulmani: “Viviamo nello stesso mondo, solcato da numerosi segni di speranza, ma anche da molteplici segni di angoscia. Abramo è per noi uno stesso modello di fede in Dio, di sottomissione alla sua volontà e di fiducia nella sua bontà. Noi crediamo nello stesso Dio, l’unico Dio, il Dio vivente, il Dio che crea i mondi e porta le sue creature alla loro perfezione”.

Dopo aver tracciato la comune storia biblica della creazione, il papa invitò i giovani la ‘voce di Dio’, citando la dichiarazione sulle relazioni della chiesa con le religioni non cristiane, ‘Nostra Aetate’: “In un mondo che desidera l’unità e la pace e che conosce tuttavia mille tensioni e conflitti, i credenti non dovrebbero favorire l’amicizia e l’unione tra gli uomini ed i popoli che formano sulla terra una sola comunità?

Sappiamo che essi hanno una stessa origine e uno stesso ultimo fine: il Dio che li ha fatti e che li attende, perché egli li riunirà… La Chiesa manifesta una particolare attenzione per i credenti musulmani, data la loro fede nell’unico Dio, il loro senso della preghiera e la loro stima della vita morale”.

Affermando che ‘Dio è fonte di gioia’ già 30 anni fa il papa sottolineò che il dialogo tra cristiani e musulmani era necessario: “Esso deriva dalla nostra fedeltà verso Dio e suppone che sappiamo riconoscere Dio con la fede e testimoniarlo con la parola e con l’azione in un mondo sempre più secolarizzato e, a volte, anche ateo. I giovani possono costruire un avvenire migliore se pongono anzitutto la loro fede in Dio e se si impegnano ad edificare questo nuovo mondo secondo il piano di Dio, con sapienza e fiducia”.

Chiedendo il rispetto di ogni essere umano, in quanto ‘creatura di Dio’ il papa mise un freno al fanatismo religioso: “Perciò, questa obbedienza a Dio e questo amore per l’uomo devono condurci a rispettare i diritti dell’uomo, questi diritti che sono l’espressione della volontà di Dio e l’esigenza della natura umana come Dio l’ha creata.

Il rispetto e il dialogo richiedono dunque la reciprocità in tutti i campi, soprattutto in ciò che concerne le libertà fondamentali e più particolarmente la libertà religiosa. Essi favoriscono la pace e l’intesa tra i popoli. Aiutano a risolvere insieme i problemi degli uomini e delle donne di oggi, in particolare quella dei giovani”.

Poi ha invitato i giovani ad impegnarsi ed a non essere solo ‘passivi’, cioè a vivere nella società laicamente: “Voi siete responsabili del mondo di domani. Assumendo pienamente le vostre responsabilità, con coraggio, voi potrete vincere le attuali difficoltà. Spetta a voi dunque prendere iniziative e non aspettare tutto dagli adulti e dalla gente del posto.

Dovete costruire il mondo, e non solo sognarlo. E’ lavorando insieme che si può essere efficaci. Il lavoro ben compreso è un servizio agli altri. Esso crea dei legami di solidarietà. L’esperienza del lavoro in comune permette di purificare se stessi e di scoprire le ricchezze degli altri”.

Ma per favorire un rinnovamento del mondo papa Giovanni Paolo II tracciò alcune linee da seguire, perché l’uomo è un ‘essere spirituale’, che vive nel mondo, alla ricerca di Dio: “Credo che noi, cristiani e musulmani, dobbiamo riconoscere con gioia i valori religiosi che abbiamo in comune e renderne grazie a Dio.

Gli uni e gli altri crediamo in un Dio, il Dio unico, che è pienezza di giustizia e pienezza di misericordia; noi crediamo all’importanza della preghiera, del digiuno e dell’elemosina, della penitenza e del perdono; noi crediamo che Dio ci sarà giudice misericordioso alla fine dei tempi e noi speriamo che dopo la risurrezione egli sarà soddisfatto di noi e noi sappiamo che saremo soddisfatti di lui.

La lealtà esige pure che riconosciamo e rispettiamo le nostre differenze. Evidentemente, quella più fondamentale è lo sguardo che posiamo sulla persona e sull’opera di Gesù di Nazaret. Voi sapete che, per i cristiani, questo Gesù li fa entrare in un’intima conoscenza del mistero di Dio e in una comunione filiale con i suoi doni, sebbene lo riconoscano e lo proclamino Signore e Salvatore.

Queste sono differenze importanti, che noi possiamo accettare con umiltà e rispetto, in una mutua tolleranza; in ciò vi è un mistero sul quale Dio ci illuminerà un giorno, ne sono certo. Cristiani e musulmani, generalmente ci siamo malcompresi, e qualche volta, in passato, ci siamo opposti e anche persi in polemiche e in guerre. lo credo che Dio ci inviti oggi, a cambiare le nostre vecchie abitudini.

Dobbiamo rispettarci e anche stimolarci gli uni gli altri nelle opere di bene sul cammino di Dio… I credenti, che noi siamo, non devono riprodurre nella loro vita e nella loro società gli eminenti titoli che le nostre tradizioni religiose gli riconoscono? Cerchiamo dunque di essere disponibili a lui, di essere sottomessi alla sua volontà, agli inviti che ci rivolge.

Così le nostre vite ritroveranno un nuovo dinamismo. Allora potrà nascere, ne sono convinto, un mondo in cui gli uomini e le donne di fede viva ed efficiente canteranno la gloria di Dio e cercheranno di costruire una società umana secondo la volontà di Dio”.

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