Il Papa nomina i suoi rappresentanti per i Congressi Eucaristici di Bolivia e Rep. Ceca

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Hanno la loro importanza, i Congressi Eucaristici che si terranno in Bolivia e in Repubblica Ceca. Per i Boliviani è il quinto, e Papa Francesco lo ha virtualmente aperto nella Messa a Santa Cruz, durante il suo viaggio in America Latina. Per la Repubblica Ceca, è solamente il primo, ma ha tutto un suo significato. Perché la Repubblica Ceca è sì, nel cuore dell’Europa, ma non dell’Europa religiosa. Una nazione secolarizzata, dove parlare di Dio è difficilissimo. Per entrambi i Congressi Eucaristici, Papa Francesco ha nominato oggi un inviato speciale.

In Bolivia andrà il Cardinal Danierl Fernando Sturla, salesiano, arcivescovo di Montevideo. Uno di quelli che Papa Francesco tiene in considerazione, dato che proprio da questo Papa l’arcivescovo Sturla ha ricevuto la porpora. Rappresenterà il Papa in un Congresso Eucaristico la cui data è stata spostata proprio a caus del viaggio di Papa Francesco in America Latina. Si doveva tenere poco prima del viaggio, dall’1 al 5 luglio, ma sarebbe passato in secondo piano. E così, tutto è stato spostato al periodo dal 16 al 20 settembre. Cinque giorni in totale, a Tariqa, con il compito di rinnovare un rinnovato amore per l’Eucarestia ed esprimerlo nella partecipazione alla Messa domenicale. Saranno rappresentate tutte le diocesi del Paese andino, così peculiare nei suoi movimenti sociali e nella sua religiosità, tanto che si è persino parlato di una “teologia andina.” Si parlerà di “Eucarestia e famiglia,” e non può essere altrimenti, data la prossimità dell’evento con il secondo sinodo sulla famiglia voluto da Papa Francesco. Un dibattito da tenere d’occhio.

Sarà il Cardinal Paul Joseph Cordes, presidente emerito del Pontificio Consiglio Cor Unum, a rappresentare il Papa al Congresso Eucaristico della Repubblica Ceca. È il primo per la nazione nel cuore dell’Europa. Il Congresso avrà luogo dal 15 al 17 ottobre, ma il culmine è stato lo scorso 7 giugnocon la Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo. Ma i preparativi sono in corso dal gennaio scorso sotto forma di un “viaggio spirituale a lungo termine” intrapreso da tutte le parrocchie, le comunità religiose e i movimenti laici. Un percorso durante il quale la Conferenza episcopale ceca ha offerto vari temi e spunti per animare la vita spirituale dei fedeli che si dichiarano cattolici.

Uno degli eventi regionali più importanti in questo senso – il Congresso eucaristico diocesano di Olomouc – si è svolto il 15-16 maggio, attirando più di seimila persone di tutte le fasce d’età. Il programma comprendeva messe, adorazioni, spettacoli culturali, conferenze e dibattiti su vari argomenti spirituali relazionati con l’Eucaristia, oltre a momenti di preghiera comune.

Il tema dell’evento è “L’Eucaristia – Un nuovo ed eterno testamento”, e il logo raffigura delle mani come simbolo di unità e le mani di un sacerdote durante la preghiera eucaristica.

Qualcosa che ha un po’ il sapore della rivoluzione, in una Repubblica Ceca considerata il laboratorio europeo del futuro: una società altamente secolarizzata, nella quale i credenti rappresentano una minoranza. Ci andò Benedetto XVI, dal 26 al 28 settembre del 2009. In quei giorni ravvivò la fede cristiana della popolazione, disse ai cristiani di essere una “minoranza creativa,” riprese il messaggio religioso, in una nazione in cui il 70 per cento delle persone si proclamava non credente.

Ma, spiegava in quei giorni monsignor Francisek Radkosvsky, responsabile dell’ecumenismo della Conferenza Episcopale ceca, “non si deve dire che siamo una nazione atea” . E snocciolava cifre, indicative. Perché della Repubblica Ceca si sa con certezza quello che è emerso dal censimento del 2001: 27 per cento di credenti, 73 per cento di atei. Però, in questo 73 per cento, Radkovsky ravvisa “un 30-40 per cento di persone che, pur non essendo credenti e praticanti, si interrogano sul senso delle cose, e pensano vi sia qualcosa che ha dato origine a tutto”.

In Repubblica Ceca, l’interesse per la Chiesa è soprattutto culturale, che in fondo tiene distanti. Perché il cattolicesimo si vede come una filosofia, una struttura di pensiero, del tutto slegata dal vivere il Vangelo in prima persona.

Un retaggio del regime Comunista? Non solo. Cento anni prima di Lutero, il movimento riformatore di Jan Hus faceva proseliti in Cechia. Hus fu messo al rogo, il movimento continuò la sua strada, e sfociò in un movimento di indipendenza boema e nella guerra dei Trent’Anni. Nel 1620, alla battaglia della Montagna Bianca, cominciò la sconfitta del movimento di indipendenza boemo, con la conseguente annessione della Boemia agli Asburgo, e il successivo tentativo di ri-cristianizzazione.

Sono storiche, dunque, le ragioni che portano i cechi a considerare la Chiesa come connessa con il potere. Il movimento risorgimentale per l’indipendenza boema, della fine dell’800, aveva per slogan “Né con Vienna, né con Roma”. I sacerdoti dicevano messa in lingua ceca, anziché in latino, e questo molto prima del Concilio Vaticano II. Con la prima repubblica, subito dopo la guerra, si aveva già un Paese secolarizzato. Eppure, prima della Seconda Guerra Mondiale, i cattolici erano comunque quasi il 70 per cento della popolazione. Sono stati davvero gli anni di dominio comunista a togliere fedeli alla comunità cristiana?

Durante gli anni del comunismo, i sacerdoti erano mandati al confino, a volte privati persino della possibilità di dire messa. Ma i cattolici erano vivi nel dibattito pubblico, e furono tra i promotori principali della rivoluzione di velluto del 1989, per la transizione della democrazia. Dove è andato a finire tutto quel capitale umano?

È un capitale che il Congresso Eucaristico punta a riprendere. C’è molto lavoro da fare. Uno dei promotori della nuova evangelizzazione è monsignor Tomas Halik, che durante gli anni del Comunismo si ordinò sacerdote e visse la fede da clandestino. Le sue opere teologiche gli hanno anche valso il Premio Templeton. La prossima settimana parlerà al Ratzinger Schuelerkreis, il circolo di ex studenti di Benedetto XVI, su come “Parlare di Dio nella società contemporanea.”

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