La Donna ammantata di sole

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La Chiesa da sempre ha cantato e sempre continuerà a inneggiare alla beata Vergine Maria. Lei, la “tympanistria nostra”, come la definisce sant’Agostino, la “modulatrice di soavi armonie”, come la canta san Bernardo, la “sapientissima sovrana maestra di musica”, come la descrive suor Isabella, compositrice del XVI secolo.

Prima delle acclamazioni umane, è la Santissima Trinità che canta meraviglie di Lei. Per bocca dell’arcangelo Gabriele, il Padre la saluta: Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te (Lc 1,28). Invasa dallo Spirito Santo, Elisabetta proclama una benedizione e una beatitudine: Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo!E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore (Lc 1,42.45). Il Figlio Gesù, a sua volta, dichiarerà beati quelli che ascoltano la Parola di Dio e la custodiscono. La Madre di Gesù è la Beata per eccellenza, perché è Colei che ha ascoltato e custodito il Verbo con ineffabile amore.

Sin dagli inizi del cristianesimo, anche il popolo di Dio è esploso per inneggiare alla Madre di Dio. Ogni Santuario ha il suo repertorio mariano originale, così come ogni congregazione possiede il suo innario. La Vergine Madre è sempre cantata dai credenti come persona viva e materna, glorificata in cielo e invocata dai suoi figli sulla terra. La sua presenza nella musica, la stessa che si riscontra nelle arti figurative e nella letteratura, è costante, umile, grandiosa.

Nel Magnificat, Lei stessa, profetizzando, canta di sé come capolavoro di Dio: D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata (Lc 1,48). Il Credo della fede viva e profonda, l’Ecce della disponibilità umile e fiduciosa, il Fiat dell’accettazione piena, responsabile ed entusiasta, fanno sgorgare dal cuore della Vergine Madre il canto della gioia, della lode, del rendimento di grazie. Adorando, celebra il suo Signore nella sua bontà, nella sua potenza, nella sua misericordia che Lei stessa sperimenta.

Maria, nel Fiat e nell’Ecce, esprime il sovrano dono della grazia, la sua libertà di fronte a Dio e per Dio. La connotazione principale dell’accettazione di Maria non è espressa da un “tu devi” avanzato dal Padre, ma da un “io voglio” pronunziato da Lei in entusiasmo e con cosciente abbandono. Lei, che celebra la grazia come consonanza e consenso alla volontà di Dio.

L’inizio del Magnificat è un abbagliante e trepidante inno d’Offertorio. È canto di lode perfetta in sintonia con lo spirito del “Padre nostro” e delle “Beatitudini”. È inno di rendimento di grazie con cui Maria attende, senza pretese, nella speranza d’amore, attribuendo a Dio tutto ciò che avviene e appoggiandosi totalmente a Lui nella fiducia più piena.

Nella prima strofa del Cantico, Maria esplode in un grido d’incontenibile gioia e guarda se stessa come capolavoro di Dio. È la “serva” ricolmata di grazia, è la Vergine umile e povera che diventa Madre di Dio.

L’anima mia e il mio spirito, cioè, tutto il mio essere, magnifica ed esulta, cioè rende grande e gioisce in modo straripante. Nel magnificare il Signore e nell’esultare in Dio, suo Salvatore, Maria ci insegna a lodare nel canto e ad amare, con tutti noi stessi, Dio, per quello che è in sé: Signore! E per quello che è per noi: Salvatore!

Il Magnificat rivela l’inserimento della Madre di Dio all’interno della sua unica vocazione. Maria rimane sulla linea spirituale dei “poveri di Jahve” e ne compie le tre caratteristiche: pone lo sguardo sulla propria bassezza; contempla i prodigi di Dio su di Lei; sperimenta, ammirata, la propria beatitudine. Maria, infatti, appartiene alla schiera beata dei poveri, per questo Dio l’ha esaltata, per ciò si proclama ed è proclamata beata. La Madre del Signore diventa così il simbolo del terreno fecondo nel quale Dio riversa il suo amore attraverso le sue scelte, celebrando le sue meravigliose vittorie.  

Nella seconda strofa, Maria canta i tre attributi fondamentali di Dio: L’Onnipotenza, la Santità, la Misericordia. Dio usa la sua onnipotenza per compiere “grandi cose” nella Creazione e nella Redenzione. Dio Onnipotente, il cui nome è Santo! Santità è perfezione assoluta d’Amore, è Bellezza infinita e trasfigurante. Dio manifesta la sua Santità onnipotente donando la sua Misericordia. Nell’opera della redenzione Maria è la Donna scelta dal Padre per realizzare l’inizio del nuovo mondo. La Vergine diventa il luogo privilegiato dell’avvento di Dio nella carne umana. Ecco perché canta: D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata (Lc 1,48). Beata perché, come Madre del Signore, sperimenta le meraviglie di Dio in Lei che vive, da orante, il mistero delle origini della Chiesa, della quale è pienamente Madre. Beata perché, come Serva del Signore, contempla le grandi cose che si compiono in Lei, e le celebra col canto di lode e di rendimento di grazie.

Stupore, fede, profezia: ecco i segni dell’Amore accolto e vissuto che diventa Amore glorificato. La glorificazione di Maria è l’ultima delle “grandi cose” che Dio ha compiuto in Lei e compirà anche in noi. Dopo quella di Gesù Cristo, con l’assunzione della Vergine Maria, avviene la prima pasqua compiuta e la totale redenzione della creatura umana più pura. L’assunzione della Vergine, che sorge dalla risurrezione del Figlio Gesù, la fa apparire “primizia e immagine della Chiesa”. Anche se Maria non è tutta la Chiesa, tuttavia ne fa parte come Madre di Cristo. Come ci fa cantare il Prefazio dell’Assunta, Maria è partecipe della gloria di Cristo e rivelazione del compimento della salvezza: in Lei risplende, per il popolo di Dio, pellegrino sulla terra, “un segno di consolazione e di sicura speranza”. Sì, proprio in Lei rifulge quel frutto della speranza che è il Figlio suo Gesù Cristo risorto. Presso il trono regale della gloria c’è l’umiltà regale di Maria. L’Assunta, infatti, è segno e primizia della nostra glorificazione, è pegno di ciò che tutta la Chiesa è chiamata a divenire.

Nella seconda parte del Magnificat, l’assemblea dei poveri celebra il settenario delle modalità con le quali Dio, attraverso le sue imprevedibili e imperscrutabili scelte, opera in noi e nella storia, sconvolgendo i nostri criteri e i nostri piani. Egli, infatti, ha spiegato la potenza del suo braccio. Poi, in tre drammatici movimenti, Maria canta il contrasto tra gli orgogliosi e gli umili: Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; tra i forti e i deboli: Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; tra i ricchi e i poveri: Ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. Infine, volgendo lo sguardo su Israele, inneggia alla fedeltà di Dio nei confronti del suo popolo: Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia. Risalendo ad Abramo, punto di partenza della storia d’Israele, Maria canta l’amore di Dio che si esprime attraverso la tenerezza della sua misericordia. Dio è fedele perché realizza ciò che promette. Misericordia e fedeltà sono l’espressione dell’Alleanza, di quel patto d’amore tra innamorati la cui stabilità è garantita dalla prova del tempo. Lo sguardo di Maria parte da Abramo e arriva sino a Cristo e alla sua Chiesa: come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre. Se la promessa della salvezza è stata fatta per amore gratuito di misericordia, la sua realizzazione si compie attraverso la fedeltà. Dio, infatti, si è mostrato fedele ad Abramo e alla sua discendenza nell’Incarnazione del Figlio suo. Le promesse di Dio Padre si realizzano in Cristo e, per sempre, nella Chiesa, per la Chiesa, con la Chiesa, suo Corpo e sua Sposa (cf Lc 1,51.55).

Contempliamo e veneriamo, dunque, la “Benedetta” e la “Beata” che, dopo il suo Ecce e il suo Fiat, ci mostra ancora il Figlio suo glorioso e ci dice: Venite a Lui e ascoltatelo. Contemplate Lui, mangiate e bevete di Lui, unitevi per sempre a Lui, perché solo in Lui ogni amore dell’uomo diventa Incarnazione, Comunione e Glorificazione.

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