La Pastorale verso Firenze dentro la storia umana

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“Siamo un corpo, una realtà concreta, abbiamo bisogni, passioni, voglia di vivere scritte dentro lo stesso nostro corpo, ma sappiamo che tutto questo è solo un segno, una attesa di un mondo nuovo, chiaro, aperto che è il Regno di Dio, un seme destinato a farsi albero, comunità, solidarietà comunione. Voi cercherete di rintracciare il volto dell’uomo spesso sfigurato e deformato nel volto di Cristo’ (GS 22), indicando nuove vie e nuovi percorsi di vita.

Noi vogliamo chiedervi che ci sia un grande apprezzamento di questa realtà in cui Dio ci ha collocati, di questa umanità che si apre a nuovi orizzonti, di cui noi siamo responsabili e non possiamo costruirci i nostri spazi, i nostri privilegi. C’è una speranza che abita questo nostro cammino per raggiungere e costruire quel Regno già presente in ogni gesto di carità e amore. Ogni volta che per un povero, un malato, un sofferente, la ‘terra diventa cielo il Regno di Dio è già qui’.

La nostra umanità, la nostra carne, la nostra storia, la storia di ogni uomo è il luogo del venire di Dio. Non ci vogliamo definire fuori da questa storia, ma dentro questa nostra umanità, convinti che possiamo imparare da tutti e che possiamo offrire a tutti la nostra speranza, che ancora e sempre è attesa da condividere con tutti gli uomini e le donne del nostro tempo”: con questo invito del Centro di orientamento pastorale (Cop), organismo costituito da vescovi, sacerdoti e operatori pastorali laici con lo scopo di aiutare le parrocchie ad aggiornare il lavoro pastorale al contesto socio-religioso del Paese in continuo mutamento si è conclusa la 65ª Settimana nazionale di aggiornamento pastorale, svoltosi a Frascati sul tema ‘Il Regno di Dio tra già e non ancora. Una Chiesa in uscita in un mondo da custodire’.

Nelle conclusioni mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina e presidente del Cop, ha evidenziato la fedeltà di Dio al suo popolo: “Il regno di Dio è presente ed è sempre aperto a un futuro; è caratterizzato da una tensione tra presente e futuro, si manifesta tra una anticipazione e un compimento. Va invocato, cercato, accolto, verso il regno occorre vigilanza attenta e operosa. La sua immagine centrale e assoluta è data dalla Pasqua di Gesù. Gesù vi è messo a morte perché ha la pretesa di anticipare il futuro, sbaragliandosi di ogni altro potere, che vince con la sua morte. Al regno di Dio sono chiamati gli apostoli, perché con la loro azione profetica e simbolica di annuncio, sono parte costitutiva col maestro dell’irrompere nel mondo della sua realtà nuova ed escatologica”.

In questa visione escatologica del Regno di Dio deve manifestarsi nella catechesi: “Abbiamo colto nel fatto educativo, costante, lungo quanto la vita delle chiesa, in quella preoccupazione formativa, che è la catechesi, che non è nata per preparare alla celebrazione dei sacramenti, ma per costruire e contribuire alla configurazione di ogni cristiano a Cristo, ad aiutarlo ad amare come Lui, a crescere come Lui, a unirsi a Dio Padre come Lui, uno strumento, una dimensione della vita cristiana che non può non fare un corpo con ogni connessione al Regno di Dio. Non si preoccupa di verità da imparare, ma di relazioni da trasformare, di connessioni da attivare nella coscienza e nella vita”.

Da questa visione sacramentale nasce un cristiano ‘nuovo’, chiamato ad essere Chiesa, cioè popolo in cammino: “Ne nasce sicuramente una nuova figura di cristiano, anche di uomo, di credente, di simpatizzante; è un compito che ci aiutiamo tutti ad assumere personalmente e comunitariamente, così che la Chiesa si rinnovi nel suo volto complessivo e rimetta in campo il suo essere germe e primizia del regno di Dio con lo stile di mettersi come popolo in cammino verso il Regno.

Questa Chiesa è mistero, non è soprattutto una società, è frutto sempre di una libera e amorevole iniziativa di Dio. Deve curare un suo rapporto con Dio Trinità, col Padre, il Figlio e lo Spirito, di grande figliolanza, fraternità e docilità. Si ridefinisce all’interno come popolo, che sta perennemente in ascolto di quanto lo Spirito le parla attraverso tutti e ciascuno dei cristiani che la abitano”.

Durante il convegno nella tavola rotonda interreligiosa il rabbino Alberto Funaro ha sottolineato che l’avvento del Regno di Dio dipende anche dalle azioni umane (penitenza e opere buone); mentre il prof. Giuseppe Lorizio, docente di teologia fondamentale alla Pontificia Università Lateranense, ha ribadito che il Regno di Dio va inteso come regalità, e propria di questa regalità è la misericordia. Il prof. Bartolomeo Pirone, docente di letteratura araba alla Pontificia Università Lateranense, ha illustrato la concezione del Regno nell’Islam è una peculiarità che spetta a Dio e Lui la può trasmettere a qualcuno sulla terra.

Nella concezione dell’Islam, il mistero del Regno non esiste. Il musulmano agisce in un certo modo per poter accedere al paradiso o al Regno di Dio. Le opere di misericordia presenti nel Corano possono essere punto di unità, costituiscono un punto di dialogo interreligioso.

Infine è stata sottolineata la natura dell’omelia come parte integrante del Regno di Dio: “La qualità dell’omelia dipende dalla qualità dell’incontro con l’azione salvante di Dio di cui dovrebbe essere segno efficace. Seguendo la logica della parabola non è tanto necessario spiegare, ma attuarne la dinamica. Il contenuto diventa anche forma: l’omelia deve realizzare ciò di cui sta parlando…

Prima o dopo la scelta del tema dominante dell’omelia, sarebbe opportuno sostare per considerare attentamente la propria assemblea, evocandone le caratteristiche dominanti, le esigenze e sensibilità. In ogni caso l’omelia dovrebbe essere sempre un evento bello che dà qualcosa da portare con sé nei giorni seguenti. La signoria di Dio unifica i vari aspetti della vita dell’uomo”.

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