Istat: in Italia non si nasce

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Nei giorni scorsi l’Istat ha presentato un’immagine reale, ma impietosa dell’Italia: al 31 dicembre 2014 risiedono in Italia 60.795.612 persone, di cui più di 5.000.000 (8,2%) di cittadinanza straniera. Il saldo complessivo apporta un incremento minimo (+12.944 unità) e addirittura negativo per la popolazione femminile (-4.082). La variazione reale, dovuta cioè alla dinamica naturale e migratoria, registra, al di là delle regolarizzazioni amministrative, un aumento di appena 2.075 unità.

Da questo si evince che il movimento naturale della popolazione (nati meno morti) ha fatto registrare un saldo negativo di quasi 100.000 unità, che segna un picco mai raggiunto nel nostro Paese dal biennio 1917-1918. Nel 2014 sono stati registrati quasi 12.000 nati in meno rispetto all’anno precedente; ed anche i nati stranieri continuano a diminuire (-2.638 rispetto al 2013), pur rappresentando il 14,9% del totale dei nati. Perciò continua l’invecchiamento della popolazione italiana e l’età media è 44,4 anni.

Dai calcoli Istat si osserva che la popolazione residente in Italia è in realtà arrivata alla crescita zero e che i flussi migratori riescono a malapena a compensare il calo demografico dovuto alla dinamica naturale. Se infatti si scompongono i residenti in base alla loro cittadinanza (italiana e straniera), la componente italiana risulta in diminuzione (-83.616), seppur mitigata dall’acquisizione della cittadinanza italiana di una parte sempre più ampia della componente straniera (+130.000 circa).

Nel 2014 sono state registrate 502.596 nascite e 598.364 decessi. Pertanto, il saldo naturale (differenza tra nati e morti) è negativo per 95.768 unità. Inoltre il numero dei nati è diminuito rispetto al 2013 (-11.712, pari a -2,3%), seguendo un andamento già registrato a partire dal 2009. Il calo si registra in tutte le ripartizioni in misura piuttosto uniforme e principalmente nelle regioni del Nord-est (-3,0%), confermando la tendenza alla diminuzione delle nascite già osservata negli anni 2009-2013: sono circa 75.000 in meno i nati negli ultimi cinque anni.

Nel nostro Paese, gli effetti della sfavorevole congiuntura economica sulla natalità si sommano a quelli strutturali dovuti alle importanti modificazioni della popolazione femminile in età feconda. Con l’uscita dall’età feconda delle generazioni più numerose, si registra una progressiva riduzione delle potenziali madri, dovuta al prolungato calo delle nascite iniziato all’incirca a metà anni ’70, con effetti che si attendono ancora più rilevanti in futuro.

Quindi il tasso di natalità è pari all’8,3 per mille e varia da un minimo di 6,8 nati per mille abitanti in Liguria ad un massimo di 10,7 nella provincia autonoma di Bolzano. Per gli stranieri il tasso di natalità varia dai 9,7 nati stranieri ogni mille stranieri residenti della Sardegna ai 17,2 della provincia autonoma di Bolzano. Invece continua la riduzione della popolazione con meno di 15 anni di età: al 31 dicembre 2014 è pari al 13,8%, 2 punti decimali in meno rispetto al 2011.

Anche la popolazione in età attiva (15-64 anni) prosegue la sua contrazione passando da un valore superiore al 65% nel 2011 al 64,5% nel 2014. Nel quadro del processo di invecchiamento risulta in aumento, come di consueto, la popolazione anziana (65 anni e oltre) che è pari al 21,7%, quasi un punto percentuale in più rispetto al 2011. Aumentano gli anziani e gli individui di età particolarmente elevata. I cosiddetti ‘grandi vecchi’ (80 anni e più) crescono ogni anno di un punto decimale, arrivando nel 2014 al 6,5% della popolazione.

In questo contesto le persone ultracentenarie, in vita al 31 dicembre 2014, sono 19.000 (3.000 uomini e 16.000 donne). Le persone con almeno 105 anni sono più di 800, di cui un centinaio di genere maschile. Infine le persone ultracentenarie (110 anni e oltre) sono 18, tutte di genere femminile, la più fortunata delle quali ha compiuto 115 anni e risiede in Piemonte. A livello territoriale nel Nord e nel Centro Italia la percentuale di giovani fino a 14 anni è in costante declino, fino a raggiungere il valore del 13,7% al Nord e 13,4% al Centro.

Nelle stesse ripartizioni i residenti con 65 anni e oltre hanno oltrepassato la quota del 22% del totale mentre quelli con 80 anni e oltre sono circa il 7%. Nel Mezzogiorno, invece, il disequilibrio tra giovani e anziani è più contenuto, grazie al fatto che a un 19,8% di ultrasessantacinquenni si contrappone un 14,2% di giovani fino a 14 anni di età. A livello regionale la Liguria è la realtà territoriale che presenta il maggiore squilibrio tra giovani e anziani, registrando la più alta quota di popolazione anziana (28%) e la più bassa quota di popolazione fino a 14 anni (11,5%).

Sul versante opposto, la Campania è la regione con la più bassa quota di anziani (17,6%), mentre la provincia autonoma di Bolzano presenta la più alta percentuale di giovani fino a 14 anni di età (16,1%). La popolazione in età attiva, che su scala nazionale rappresenta meno dei due terzi del totale (64,5%), oscilla da un minimo del 60,5% in Liguria a un massimo del 67% in Campania.

Quindi i rapporti intergenerazionali tra le principali componenti della popolazione (giovani, adulti, anziani) risultano ulteriormente sbilanciati rispetto al passato: al 31 dicembre 2014 l’indice di dipendenza strutturale, ossia il rapporto tra la popolazione in età inattiva su quella attiva, è pari al 55,1% contro il 53,5% del 2011. Nello stesso periodo l’indice di vecchiaia, ossia il rapporto tra la popolazione di 65 anni e oltre e quella con meno di 15 anni, registra un forte incremento passando dal 148,6% del 2011 al 157,7% del 2014.

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