La mattina del Papa a Torino, tra lavoro e il volto della Sindone in 60 mila alla messa

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Mattinata con il grande appuntamento in Piazza Vittorio Veneto per Papa Francesco che al sui arrivo ha incontrato il mondo del lavoro.

Un discorso che ribadisce i punti centrali della filosofia del lavoro di Papa Francesco quello con cui il Pontefice ha salutato Torino. In una piazza insolita per la Torino sociale il Papa ha ricordato la necessaria dignità del lavoro “necessario solo per l’economia, ma per la persona umana, per la sua dignità, per la sua cittadinanza e per l’inclusione sociale.”

Riprende il tema della inequità e della migrazione: il “lavoro manca, sono aumentate le disuguaglianze economiche e sociali, tante persone si sono impoverite e hanno problemi con la casa, la salute, l’istruzione e altri beni primari. L’immigrazione aumenta la competizione, ma i migranti non vanno colpevolizzati, perché essi sono vittime dell’inequità, di questa economia che scarta e delle guerre.”

Quello del Papa è un invito ad avere “coraggio” che significa essere “artigiani del futuro” e per farlo occorre ricordare il patto tra generazione , perchè la crisi non si supera senza giovani e senza anziani.

Inequità, famiglia, coraggio e artigiani, parole che ritornano nell’insegnamento di Papa Francesco e che a Torino, città del lavoro dove il lavoro manca, diventano più forti. Come quelle sui migranti. Un Tempo erano quelli del sud Italia ora vengono da più lontano: “L’immigrazione aumenta la competizione, ma i migranti non vanno colpevolizzati, perché essi sono vittime dell’inequità, di questa economia che scarta e delle guerre.”

Il Papa parla delle donne e dei loro diritti e chiama Torino “ad essere ancora una volta protagonista di una nuova stagione di sviluppo economico e sociale, con la sua tradizione manifatturiera e artigianale e nello stesso tempo con la ricerca e l’innovazione.” Formazione ed educazione come nell’esempio dell’“Agorà” per “mettere a disposizione dati e risorse, nella prospettiva del “fare insieme”.

Poco più di un quarto d’ora poi per il Papa nel duomo di Torino per pregare in silenzio seduto di fronte alla Sindone, salutare le suore di clausura riunite in preghiera e pregare davanti alla tomba di Piergiorgio Frassati.

Il Papa è arrivato in duomo passando per il percorso che fanno i pellegrini che in migliaia, facendo lunghe file, hanno percorso in questi mesi.

L’“amore di Dio” è “fedele”, “ricrea tutto” ed “è stabile e sicuro”. “Quante volte noi sentiamo di non farcela più! Ma Lui è accanto a noi con la mano tesa e il cuore aperto”. Perché “di fronte all’uomo che grida: ‘Non ce la faccio più’, il Signore gli va incontro, offre la roccia del suo amore, a cui ognuno può aggrapparsi sicuro di non cadere”. E stata la riflessione del Papa durante la Messa a Torino, dopo la preghiera silenziosa davanti alla Sindone.

Come cristiani bisogna rifuggire un “rischio”: “lasciarci paralizzare dalle paure del futuro e cercare sicurezze in cose che passano, o in un modello di società chiusa che tende ad escludere più che a includere”.

E aggiunge, che c’è un “segno”, che indica che siamo “diventati nuovi”, “siamo stati trasformati dall’amore di Dio”: “è il sapersi spogliare delle vesti logore e vecchie dei rancori e delle inimicizie per indossare la tunica pulita della mansuetudine, della benevolenza, del servizio agli altri, della pace del cuore, propria dei figli di Dio. Lo spirito del mondo è sempre alla ricerca di novità, ma soltanto la fedeltà di Gesù è capace della vera novità, di farci uomini nuovi”.

 “La Sindone attira verso il volto e il corpo martoriato di Gesù e, nello stesso tempo, spinge verso il volto di ogni persona sofferente e ingiustamente perseguitata. Ci spinge nella stessa direzione del dono di amore di Gesù”. Sono le parole di Papa Francesco prima della preghiera dell’Angelus, al termine della messa in Piazza Vittorio a Torino.

Bergoglio cita le parole di San Paolo, diventate motto di San Giuseppe Benedetto Cottolengo, “L’Amore di Dio ci spinge”. E richiama “l’ardore apostolico dei tanti sacerdoti santi di questa terra, a partire da Don Bosco, di cui ricordiamo il bicentenario della nascita”.  Poi un ricordo personale: “Maria Consolata, regina di Torino e del Piemonte, renda salda la vostra fede – aggiunge ancora -, sicura la vostra speranza e feconda la vostra carità, per essere ‘sale e luce’ di questa terra benedetta, della quale io sono nipote”. Ai sacerdoti dice: “dedicate con impegno al lavoro pastorale e siete vicini alla gente e ai suoi problemi. Vi incoraggio a portare avanti con gioia il vostro ministero, puntando sempre su ciò che è essenziale nell’annuncio del Vangelo”. E aggiunge: “mentre ringrazio voi, fratelli Vescovi del Piemonte e della Valle d’Aosta, per la vostra presenza, vi esorto a stare accanto ai vostri preti con affetto paterno e calorosa vicinanza”.

Foto: Acistampa

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