«Laudato si’», la seconda enciclica di Papa Francesco

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Con un incipit tutto francescano, la Lettera Enciclica di Papa Francesco, «Laudato si’», sulla cura della casa comune, si offre all’attenzione di ogni singolo cittadino del mondo. La Terra – dice il Papa – è tra i poveri più abbandonati e maltrattati del nostro tempo; oppressa e devastata, Essa «protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla».
Le parole contenute nell’Enciclica – al di là dell’appartenenza alla fede cristiana – sono rivolte indistintamente a tutti coloro che abitano il pianeta, e con i quali Papa Francesco desidera entrare in dialogo. A proposito di dialogo, non sfugge la particolare attenzione che il Pontefice riserva ai cristiani ortodossi, citando un contributo del Patriarca Ecumenico Bartolomeo, «con il quale – dichiara il Papa – condividiamo la speranza della piena comunione ecclesiale».
Francesco d’Assisi – ricorda Papa Bergoglio che ha scelto di portarne i nome da pontefice – è il santo più amato anche dai non cristiani, e un esempio bello e motivante; mistico e pellegrino, attento ai poveri e agli abbandonati, «viveva con semplicità e in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stesso». Tra le sfide più urgenti, dunque, secondo il Pontefice, vi è quella di proteggere la Terra, la nostra casa comune, e la necessità di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale.

Nel primo capitolo dell’Enciclica, il Pontefice descrive tutto ciò che sta accadendo “alla nostra casa”, attraverso la continua accelerazione dei cambiamenti dell’umanità e del pianeta, l’intensificazione dei ritmi di vita e di lavoro. Inquinamento, rifiuti e cultura dello scarto, cambiamenti climatici, la questione dell’acqua, il deterioramento della qualità della vita umana e il degrado sociale, sono le primissime considerazioni proposte nel documento. «Oggi – prosegue il Papa – non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri». La reazione politica internazionale – rispetto a quanto esposto – è debole; «la sottomissione della politica alla tecnologia e alla finanza – afferma, infatti, il Pontefice – si dimostra nel fallimento dei Vertici mondiali sull’ambiente. Ci sono troppi interessi particolari e molto facilmente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune e a manipolare l’informazione per non vedere colpiti i suoi progetti».

Nel secondo capitolo, il documento riflette sulle convinzioni principali della fede cristiana. Scienza e religione, «che forniscono approcci diversi alla realtà, – secondo il Pontefice – possono entrare in un dialogo intenso e produttivo per entrambe». Dalle origini della Creazione fino all’incarnazione di Cristo, il Papa traccia l’itinerario storico-biblico raccontato dalla Bibbia, precisando che «il destino dell’intera creazione passa attraverso il mistero di Cristo, che è presente fin dall’origine», perché «una Persona della Trinità si è inserita nel cosmo creato, condividendone il destino fino alla croce. Dall’inizio del mondo, ma in modo particolare a partire dall’incarnazione, il mistero di Cristo opera in modo nascosto nell’insieme della realtà naturale, senza per questo ledere la sua autonomia».

C’è però una «radice umana della crisi ecologica», e il Papa, nel terzo capitolo, propone di concentrarci «sul paradigma tecnocratico dominante e sul posto che vi occupano l’essere umano e la sua azione nel mondo». Considerati gli innumerevoli rimedi ai mali che limitavano l’uomo, offerti dalla tecnologia, e i progressi conseguiti nella medicina, nell’ingegneria e nelle comunicazioni, non si possono ignorare alcuni rischi. «L’energia nucleare, la biotecnologia, l’informatica, la conoscenza del nostro stesso DNA e altre potenzialità che abbiamo acquisito – dichiara Papa Francesco – ci offrono un tremendo potere. Anzi, danno a coloro che detengono la conoscenza e soprattutto il potere economico per sfruttarla un dominio impressionante sull’insieme del genere umano e del mondo intero. Mai l’umanità ha avuto tanto potere su sé stessa e niente garantisce che lo utilizzerà bene, soprattutto se si considera il modo in cui se ne sta servendo». Anche l’antropocentrismo moderno, ha finito per collocare la ragione tecnica al di sopra della realtà; «in tal modo, si sminuisce il valore intrinseco del mondo. Ma se l’essere umano non riscopre il suo vero posto, non comprende in maniera adeguata sé stesso e finisce per contraddire la propria realtà». Vi poi la cultura del relativismo, «la stessa patologia che spinge una persona ad approfittare di un’altra e a trattarla come un mero oggetto, obbligandola a lavori forzati, o riducendola in schiavitù a causa di un debito. È la stessa logica che porta a sfruttare sessualmente i bambini, o ad abbandonare gli anziani che non servono ai propri interessi». Il capitolo si chiude con una riflessione sulla necessità di difendere il lavoro.

Nel quarto capitolo Papa Bergoglio si sofferma a riflettere sui diversi elementi di una ecologia integrale, che comprenda chiaramente le dimensioni umane e sociali: ecologia ambientale, economica e sociale; ecologia culturale e della vita quotidiana; il principio del bene comune e la giustizia tra le generazioni. «La visione consumistica dell’essere umano, favorita dagli ingranaggi dell’attuale economia globalizzata, tende – dichiara il Papa – a rendere omogenee le culture e a indebolire l’immensa varietà culturale, che è un tesoro dell’umanità». Non mancano in questo capitolo gli essenziali riferimenti alla «necessaria relazione della vita dell’essere umano con la legge morale inscritta nella sua propria natura, relazione indispensabile per poter creare un ambiente più dignitoso». Francesco cita Benedetto XVI: «esiste un’ecologia dell’uomo» perché «anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere». In questa linea, – sottolinea Papa Bergoglio – «bisogna riconoscere che il nostro corpo ci pone in una relazione diretta con l’ambiente e con gli altri esseri viventi. L’accettazione del proprio corpo come dono di Dio è necessaria per accogliere e accettare il mondo intero come dono del Padre e casa comune; invece una logica di dominio sul proprio corpo si trasforma in una logica a volte sottile di dominio sul creato. Imparare ad accogliere il proprio corpo, ad averne cura e a rispettare i suoi significati è essenziale per una vera ecologia umana».

Linee di orientamento e di azione, è il tema del quinto capitolo. Il Pontefice, tenuto conto della necessità di un cambio di rotta, prova a delineare alcuni percorsi di dialogo che possano aiutare ad uscire dalla spirale autodistruttiva in cui – afferma con schiettezza – «stiamo affondando»!
I Vertici mondiali sull’ambiente degli ultimi anni – ricorda Francesco – «non hanno risposto alle aspettative perché, per mancanza di decisione politica, non hanno raggiunto accordi ambientali globali realmente significativi ed efficaci»; e ancora: «Urgono accordi internazionali che si realizzino, considerata la scarsa capacità delle istanze locali di intervenire in modo efficace. Le relazioni tra Stati devono salvaguardare la sovranità di ciascuno, ma anche stabilire percorsi concordati per evitare catastrofi locali che finirebbero per danneggiare tutti». In questo capitolo l’appello del Pontefice si rivolge in modo particolare alle istituzioni; Egli sottolinea il bisogno di una realtà politica «che pensi con una visione ampia, e che porti avanti un nuovo approccio integrale, includendo in un dialogo interdisciplinare i diversi aspetti della crisi. Molte volte la stessa politica è responsabile del proprio discredito, a causa della corruzione e della mancanza di buone politiche pubbliche».

Bisogna puntare su un altro stile di vita, per superare la precarietà e l’insicurezza della nostra società, e che tende a generare un egoismo collettivo. Eppure, non tutto è perduto, – conclude il Pontefice nel sesto capitolo dell’Enciclica – «perché gli esseri umani, capaci di degradarsi fino all’estremo, possono anche superarsi, ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi, al di là di qualsiasi condizionamento psicologico e sociale che venga loro imposto». Poi un ulteriore appello: «Non esistono sistemi che annullino completamente l’apertura al bene, alla verità e alla bellezza, né la capacità di reagire, che Dio continua ad incoraggiare dal profondo dei nostri cuori. Ad ogni persona di questo mondo chiedo di non dimenticare questa sua dignità che nessuno ha diritto di toglierle». I segni sacramentali, il mistero della Trinità e la devozione alla Vergine Maria, rappresentano l’invito finale che Papa Francesco rivolge nel testo della «Laudato si’»: «L’Eucaristia unisce il cielo e la terra, abbraccia e penetra tutto il creato. Il mondo, che è uscito dalle mani di Dio, ritorna a Lui in gioiosa e piena adorazione: nel Pane eucaristico “la creazione è protesa verso la divinizzazione, verso le sante nozze, verso l’unificazione con il Creatore stesso”. Perciò l’Eucaristia è anche fonte di luce e di motivazione per le nostre preoccupazioni per l’ambiente, e ci orienta ad essere custodi di tutto il creato»; «Il mondo è stato creato dalle tre Persone come unico principio divino, ma ognuna di loro realizza questa opera comune secondo la propria identità personale. Per questo, “quando contempliamo con ammirazione l’universo nella sua grandezza e bellezza, dobbiamo lodare tutta la Trinità”»; «Maria, la madre che ebbe cura di Gesù, ora si prende cura con affetto e dolore materno di questo mondo ferito […]. Lei non solo conserva nel suo cuore tutta la vita di Gesù, che “custodiva” con cura (cfr Lc 2,19.51), ma ora anche comprende il senso di tutte le cose. Perciò possiamo chiederle che ci aiuti a guardare questo mondo con occhi più sapienti».

Il testo integrale dell’Enciclica

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