La Caritas, le parrocchie e i poveri. La giornata del Papa

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Abbandona il testo scritto, e parla a braccio, Papa Francesco, di fronte agli oltre 300 delegati delle 165 organizzazioni sotto l’ombrello di Caritas Internationalis. E nella Messa che di fatto apre l’Assemblea generale dell’organismo fondato da Paolo VI, che si appresta a rinnovare il direttivo, il Papa riprende lo spirito del motu proprio di Benedetto XVI, che riformò Caritas Internationalis nel 2012. Ovvero, che la “Caritas non è il capo di tutte” le organizzazioni che fanno riferimento a lei. Anzi, chiede invece una maggiore presenza nelle parrocchie, dalle quali deve partire l’esperienza del servizio.

Un tema da non sottovalutare, se si pensa che tre anni dopo, il motu proprio di Benedetto XVI non è stato pienamente digerito da tutti. Il motu proprio si inseriva nella grande riforma della Carità, che partiva dagli Statuti di Caritas Internationalis e passava per un altro motu proprio, quello sulle associazioni di carità incardinate nelle diocesi. Ad entrambe, Benedetto XVI chiedeva unità e fedeltà agli insegnamenti della Chiesa. E ad entrambe, il Papa chiedeva di fare riferimento a un dicastero centrale e di Chiesa: a Cor Unum, nel caso di Caritas Internationalis; al vescovo, nel caso delle organizzazioni di carità che fioriscono nelle parrocchie. E oggi che la carità è diventata la linea guida della riforma della Curia, e che un nuovo super dicastero si dovrebbe chiamare “Carità, Giustizia e Pace” le parole del Papa possono rappresentare una sorta di indicazione di metodo.

È un momento particolare per Caritas Internationalis. Il Cardinal Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga, presidente per due mandati (2007-2011 e 2011-2015) ora deve lasciare la mano. Due i candidati: l’arcivescovo maronita Soueif, di Cipro, nato in Libano, sostenuto dalle chiese europee, che conosce la situazione mediorientale ma è anche nel cuore dell’Europa, e sarebbe un presidente non da poltrona e da immagine, ma di sostanza; e il cardinal Luis Antonio Tagle, di Manila, considerato progressista, ma che ha anche preso posizioni forti sul tema dell’aborto nel suo paese natale.

Resterà segretario generale Michel Roy, unico candidato, che spiega così in conferenza stampa la recezione del motu proprio che riformò Caritas Internationalis nel 2012: “Siamo potuti andare dai vescovi, e chiedere loro di impegnarsi nel sociale. Prima si impegnavano nella catechesi, e lasciavano alla Caritas l’impegno sociale. Ora abbiamo chiesto loro di essere più coinvolti.”

Ma essere più coinvolti significa anche fare da guida, mettere le Caritas sotto l’ombrello della chiesa. Papa Francesco vuole una Caritas che sia davvero al servizio della carità. Dice nella sua omelia che “la Caritas di ciascuna chiesa particolare, anche la più piccola, è sempre la stessa. Non ci sono Caritas grandi e Caritas piccole”. E aggiunge: “Chiediamo al Signore la grazia di capire la vera dimensione della Caritas, la grazia di non cadere nell’inganno di credere che un centralismo ben organizzato sia la strada, la grazia di capire che Caritas è sempre in periferia, in ciascuna Chiesa particolare, e la grazia di credere che Caritas centro è soltanto aiuto, servizio, ed esperienza di comunione, ma non è il capo di tutte.”

Il Papa riconosce che “Caritas è ormai una grande Confederazione, riconosciuta ampiamente anche nel mondo per le sue realizzazioni.” Ma aggiunge che “Caritas è Chiesa in moltissime parti del mondo, e deve trovare ancora più diffusione anche nelle diverse parrocchie e comunità, per rinnovare quanto è avvenuto nei primi tempi della Chiesa.”

Sottolinea il Papa che “la radice di tutto il vostro servizio sta proprio nell’accoglienza, semplice ed obbediente, di Dio e del prossimo. Questa è la radice: se si toglie questa radice, Caritas muore.” Il Papa chiede a Caritas di andare nel mondo, servire “il nome di Cristo che avete incontrato e che incontrate in ogni fratello e sorella a cui vi fate vicini; e proprio per questo si evita di ridursi ad una semplice organizzazione umanitaria.”

“Insieme a tanti altri organismi di carità della Chiesa – dice poi il Papa – Caritas rivela dunque la forza dell’amore cristiano e il desiderio della Chiesa di andare incontro a Gesù in ogni persona, soprattutto quando è povera e soffre. Questo e’ il cammino che abbiamo davanti e con questo
orizzonte auspico che possiate svolgere i lavori di questi giorni”.

Lavori che sono sotto l’idea guida di “rispondere all’invito di Papa Francesco a creare una Chiesa povera e per i poveri”, spiega il Cardinal Maradiaga. Il tema della assemblea dedicato a “Una sola famiglia umana, custodire il creato” è legato al fatto che il 2015 è un anno cruciale: il vertice sui cambiamenti climatici a Parigi, il rilancio degli Obiettivi del millennio per lo sviluppo e soprattutto la prossima Enciclica di Papa Francesco dedicata all’ecologia:

Maradiaga ha parlato anche dei tanti luoghi del mondo dove le Caritas locali fanno la differenza, ma ha detto anche che non abbasseranno la guardia sulle povertà spirituali.

Intanto, sotto l’ombrello caritas è entrato anche il Sud Sudan, 165esimo membro, e sarà chiamato anche lui a seguire i cinque orientamenti di cui si discuterà nell’assemblea generale: essere Chiesa per i poveri anche in senso teologico, rispondere alle emergenze, promuovere lo sviluppo, coinvolgere più persone possibili nella attività della Caritas e rafforzare le Caritas locali.

Haridas Varikottil, da Caritas India, ha spiegato che “uno dei temi prioritari è la fame e la campagna ‘One human family, food for all’, cominciata nel dicembre 2013, ha l’obiettivo di radunare tutti i partner ad un solo scopo: ridurre la fame. Non tanto fornendo cibo alle persone, ma promuovendo agricoltura, aziende agricole familiari, aziende agricole integrate. Insegniamo alle persone come promuovere un’agricoltura sostenibile. Insegniamo loro anche come conservare, proteggere, gestire le risorse. E li guidiamo pure a mobilitare le risorse del governo”.

Tra gli ospiti, oltre a Jeffrey Sachs, economista, consulente ONU e – pare – consulente dell’enciclica dell’ecologia, il “padre” della teologia della Liberazione Gustavo Gutierrez. Il quale però ha mostrato di aver superato i dibattiti, anche accesi – come ha ammesso lui stesso – sulla teologia della liberazione. D’altronde, lui è uno di quelli che ha accettato gli emendamenti, è sempre rimasto nella Chiesa, ed è forse andato davvero oltre. Spiega che “come non si può scrivere la stessa lettera d’amore che si scrive da giovani dopo 20 anni di matrimonio, così è la teologia: una lettera d’amore alla Chiesa, che però non può essere scritta sempre uguale.” Continua a parlare di poveri, ma lo fa da un’altra prospettiva. Spiega che la teologia “è una riflessione sulla pratica della carità, sulla compassione, sulla misericordia, sulla giustizia. Vista in questo modo – ha chiarito – può aiutare chi è impegnato concretamente nella pratica della giustizia e della carità”. E sottolinea che sì, i muri sono crollati, con l’accelerarsi o apertura delle cause di beatificazione dei vescovi Romero o Angelelli, e anche di Helder Camara. Ma in fondo i muri crollano perché maturano i tempi, non perché cambia la Chiesa.

E anche il mondo cambia, tanto che Cuba e gli Stati Uniti riapriranno le relazioni diplomatiche. Nella notte arriva da Cuba la prima bozza del passaggio di Papa Francesco a Cuba, prima del viaggio negli Stati Uniti: sarà lì dal 19 al 22 settembre, circa 60 ore, passando da La Habana a Santiago de Cuba, visitando la Virgen del Cobre, e andando a sostenere una Chiesa che è sempre stata presente negli anni della revoluciòn e una diplomazia pontificia che lì, a Cuba, è rimasta per 80 anni, tra mille difficoltà. È anche questo un esempio del servizio della Chiesa nel mondo.

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