Migranti: l’Europa sta a guardare?

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Dal vertice straordinario, convocato a Bruxelles nella scorsa settimana, l’Europa ha deciso di triplicare fondi e mezzi per Triton, la missione Ue nel Mediterraneo succeduta a Mare Nostrum nel 2014, passando dai circa 3 milioni di euro al mese a 9 milioni di euro, esattamente lo stesso bilancio che era destinato dall’Italia a Mare Nostrum. Inoltre i leader europei hanno ‘invitato chiesto l’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Federica Mogherini, ad avviare subito preparativi per una possibile operazione nell’ambito della politica di sicurezza e difesa comune.

Nel frattempo, in Italia il Miur, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ha inviato a tutte le scuole una circolare in cui si invitano dirigenti scolastici e insegnanti ad utilizzare le giornate fino al 30 aprile per sensibilizzare gli studenti sui temi dell’immigrazione e dell’integrazione, in memoria delle centinaia di vittime che hanno perso la vita nel Canale di Sicilia, invitando le scuole a organizzare seminari, iniziative con esperti, incontri anche in orario extrascolastico:

“Una tragedia immane si consuma sotto i nostri occhi nel Mediterraneo. Migliaia di uomini e donne muoiono nel Canale di Sicilia mentre gli scafisti, i nuovi schiavisti del XXI secolo, speculano sulle loro vite. Non possiamo rimanere inermi. Abbiamo invitato le scuole, attraverso una circolare, a parlarne per andare oltre l’emergenza: la disperazione, i conflitti e la povertà da cui i migranti scappano, la speranza di un futuro migliore, il ruolo dell’Europa e dei singoli paesi nell’accoglienza e nell’integrazione. La scuola è il luogo per eccellenza dove si approfondiscono le cause e si riflette sulle soluzioni”.

Infatti sono stati molti gli appelli di personalità politiche e culturali per chiedere all’Europa un’azione immediata per un immediato ripristino delle operazioni di ricerca e salvataggio nel mar Mediterraneo: “L’immigrazione è un fenomeno complesso che certamente necessita di una visione di lungo termine. Ma in questo istante l’imperativo dei leader europei è di porre fine alla drammatica perdita di vite in mare, che è una macchia nella coscienza del nostro continente. Le tragedie di queste settimane nel Mediterraneo dimostrano che aver bloccato le operazioni di ricerca e soccorso non ha di certo dissuaso i disperati dal salpare, semmai ha aumentato enormemente il numero delle morti in mare!

Secondo l’Alto Commissariato ONU per i rifugiati più di 1600 migranti sono morti nel solo 2015 tentando la traversata. Chiediamo con forza ai leader europei di andare oltre il piano in 10 punti adottato nei giorni scorsi e di ripristinare immediatamente le operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo con un chiaro mandato e con un livello si risorse adeguato a far fronte l’emergenza umanitaria”.

Ma le associazioni e le ong che operano nell’aiuto ai profughi lamentano la propria insoddisfazione, cominciando dal presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti e degli itineranti, card. Antonio Maria Vegliò, che ha affermato all’Agenzia Sir che bombardare i barconi è un’idea ‘stranissima’: “Lo sappiamo tutti che le armi vengono dai Paesi sviluppati, compresa l’Italia. Se noi riuscissimo a bonificare questi Paesi non ci sarebbe più la guerra in Siria, la corruzione e le tensioni in Libia, in Medio Oriente, ecc… E’ chiaro, non sono questioni di facile soluzione, però l’Europa non si è mai data la premura di fare una politica delle migrazioni”.

Sulla stessa sintonia il presidente del Centro Astalli, padre Camillo Ripamonti, che ha sottolineato la mancanza di un’azione comune di ricerca e soccorso: “E’ stato aumentato il budget dell’operazione Triton, ma non ne è stato modificato il mandato di controllo delle frontiere. Si è disposti a spendere la stessa cifra che l’Italia impiegava per Mare Nostrum, senza però dare priorità al salvataggio delle vite in mare;

manca completamente qualunque sperimentazione per l’istituzione di vie d’accesso legali e sicure per chi cerca protezione in Europa, unica vera arma per contrastare il traffico di esseri umani; manca un piano europeo per l’accoglienza e la redistribuzione di richiedenti asilo e rifugiati in tutti i 28 stati membri che superi una volta per tutte il Regolamento di Dublino e non sia gestito su base volontaria.

L’Europa continua con ostinazione e miopia a rimanere nel Mediterraneo solo per difendere i suoi confini e non per salvare chi scappa da guerre e persecuzioni. Tutti gli Stati membri dovrebbero condividere lo stesso obbligo di garantire una protezione effettiva a chi fugge da guerre e persecuzioni ma questo di fatto non accade rendendo l’Europa un’unione di diseguali”. Mons. Gian Carlo Perego, Direttore generale della Fondazione Migrantes, ha giudicato l’Europa timorosa ed incerte nel prendere decisioni per salvare vite umane: alla dichiarazione seguita al vertice straordinario:

“Dei migranti l’Europa si è preoccupata di velocizzare i controlli, le schedature per un rimpatrio veloce dei non aventi diritto alla protezione internazionale, con un rischio anche di una semplificazione delle procedure di riconoscimento dei richiedenti asilo, ma non si è impegnata in un rafforzamento del piano di accoglienza dei rifugiati in tutti i Paesi europei… Dal vertice europeo esce l’Europa dei nazionalismi. E’ rimandata la costruzione dell’Europa sociale e solidale”.

Christofer Hein, direttore del Cir (Consiglio italiano per i Rifugiati) ha ugualmente sottolineato il disimpegno dell’Europa nel salvare vite umane: “L’Europa lancia allarmi con Frontex parlando di 1.000.000 di profughi pronti a ‘invadere’ le nostre coste, ma risponde da una parte rinforzando le misure per prevenire le migrazioni irregolari e dall’altro prevedendo di far entrare in modo protetto la irrisoria cifra di 5.000 persone…

L’Europa non ha fatto l’unica cosa realmente importante per salvare la vita dei profughi e dei migranti: permettere vie alternative e sicure di accesso. Misure che esistono e sono realizzabili: canali e visti umanitari, domande d’asilo da paesi terzi, un massivo programma di reinsediamento. Ma anche una diversa politica in termini di visti d’ingresso per motivi di lavoro”.

Anche secondo Amnesty International la decisione di non estendere l’area operativa di Triton pregiudicherà fatalmente l’impegno preso al vertice di Bruxelles da diversi paesi europei di fornire risorse, navi e aerei per le operazioni di ricerca e soccorso: “Se il raggio d’azione non verrà aumentato, migranti e rifugiati continueranno a morire e l’Unione europea verrà ancora una volta vergognosamente meno al dovere di occuparsi di questa tragedia alla sua porta di casa. Se Triton non può essere cambiata, allora Triton non è la soluzione, a prescindere da quante risorse le vengano assegnate”.

Anche Save the Children ha giudicato inaccettabile l’impegno europeo: “L’accordo raggiunto dai capi di stato e di governo è il classico caso di chi fa due passi avanti e uno indietro. L’impegno per triplicare le risorse finanziarie per Triton e le offerte di alcuni stati per rafforzare la capacità di ricerca e salvataggio sono significativi passi avanti, ma la mancanza di chiarezza sul mandato dell’operazione non è accettabile,

come non è accettabile la rinuncia all’attivazione di un sistema di quote per una più equa e sostenibile redistribuzione tra gli Stati dei profughi e richiedenti asilo… Oggi l’Europa ha fatto un passo indietro per non cadere nell’abisso morale, ma occorre che nelle prossime ore faccia maggiore chiarezza e trasformi l’impeto di questo momento in vite salvate in mare”.

Francesco Petrelli, portavoce di Concord Italia, la confederazione delle ong europee, ha chiesto all’Europa di dotarsi di seri strumenti per un vero approccio in grado di garantire la protezione e di non lasciare a chi fugge la sola possibilità di consegnarsi ai trafficanti:

“Apertura di corridoi umanitari, creazione di possibilità di reinsediamenti in Europa, proposta di visti umanitari temporanei per popolazioni provenienti da zone di conflitto, revisione o sospensione di parte del trattato di Dublino per evitare effetti di una pressione concentrata solo su alcuni paesi europei a causa della loro collocazione geografica”.

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