Francesca Cabrini: una santa tra gli emigrati italiani in America

Ecco una donna che si è santificata tra coloro che hanno lasciato il loro Paese per cercare felicità altrove: Francesca Cabrini. Nata a S. Angelo Lodigiano, nel 1850, tredicesima figlia di una famiglia benestante, a venti anni, morti i genitori, aspira alla vocazione religiosa.

Pertanto chiede di poter entrare in convento, ma la sua richiesta viene respinta a causa della sua salute malferma. Il parroco di Codogno, allora, le offre la possibilità di occuparsi, insieme ad altre giovani, di un gruppo di orfanelli. Ben presto, tuttavia, l’orfanotrofio fallisce e Francesca, insieme alle sue amiche, crea nel 1880 un’analoga istituzione, dando vita al primo nucleo delle suore missionarie del Sacro Cuore.

Affascinata dalla figura e dall’esempio di Francesco Saverio, decide, dopo aver conosciuto le drammatiche storie degli italiani emigrati in America, di partire per New York, dove fonda l’ospedale “Colombo”. A questa prima iniziativa fa seguito un’altra serie di opere nella maggior parte delle grandi città degli USA; dà vita, infatti, a numerosi orfanotrofi ed ospizi per anziani. Da New York si sposta a Buenos Aires, in Argentina, sempre lavorando a favore degli emigrati italiani. Francesca muore nel 1917.

Pio XII nel 1946 l’ha proclamata santa. La sua testimonianza colpisce sotto due aspetti. Anzitutto, Francesca, una volta arrivata in America, benché fragile ed inesperta, armata solo di una grande carità e di un indomito coraggio, seppe districarsi nel caos della metropoli della “Grande Mela” e creò dei punti d’incontro per gli emigrati. Un ‘operazione che all’allora arcivescovo sembrava, al suo avvio, fallimentare tanto che consigliò alla santa di tornare in Italia.

In secondo luogo, la Cabrini è stata per gli emigrati non solo una connazionale benevola ma una madre perché oltre a garantire loro sicurezza, assistenza, alloggio, scuola, donò il suo tempo, il suo cuore, il meglio di sé, imitando in tutto il buon samaritano della nota parabola evangelica. A chi le faceva i complimenti per la sua opera, Francesca rispondeva: “Mica sono io a fare questo, è il Signore!”