Anche in mare è guerra contro i cristiani

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Ancora un dramma nel Mediterraneo, in una situazione obiettivamente già satura di contraddizioni politiche e di sofferenza, oppure l’inconveniente di appartenere alla religione cristiana. Sta di fatto che in uno degli ultimi sbarchi di immigrati nel territorio italiano dodici cristiani sono stati gettati fuori bordo e annegati dai loro compagni di fede islamica, altri, invece, – come riportato da Radio Vaticana – si sarebbero salvati solo facendo una catena umana. Sbarcati a Palermo i superstiti hanno subito denunciato l’accaduto, permettendo alla Polizia di Stato di fermare i quindici responsabili con l’accusa di omicidio plurimo aggravato dall’odio religioso.

Il gommone, con un carico di 105 immigrati, era partito dalle coste della Libia il 14 aprile scorso. Durante la traversata è nata una lite furibonda tra un gruppo di musulmani e un gruppo di cristiani; sono volate minacce di morte contro i “nazareni”. Poi dalle parole ai fatti, e dodici cristiani nigeriani e ghanesi sono stati gettati in mare e lasciati morire, in odio alla loro fede!
Sbarcati a Palermo “tutti” vengono accolti – dalle forze dell’ordine, dalla Caritas diocesana e dalle associazioni di volontariato, e a nessuno viene chiesto di dichiarare la propria appartenenza religiosa. Ad offrire, coperte, pasti caldi, e altri gesti di solidarietà sono proprio i volontari della Caritas diocesana, “cristiani” come quei dodici, che insieme alle migliaia di persone uccise dai guerriglieri dell’Isis vengono periodicamente sacrificati per il loro credo religioso.

La situazione attuale non offre spiragli di ragionevole speranza. «Tra i 28 Paesi europei – asserisce Mons Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes – soltanto cinque, oggi, stanno facendo una politica molto forte di accoglienza, per quanto riguarda i richiedenti asilo: la Germania, l’Italia, la Svezia, la Danimarca e, in particolare, la Francia. Sarebbe necessario che tutti i Paesi europei affrontassero questa emergenza e questa situazione di arrivo di persone che, come sappiamo, fuggono da situazione gravi di guerra e di persecuzioni. E’ quindi necessario che l’Europa riorganizzi, effettivamente, il trattato di Dublino cercando di fare in modo che maggiormente diventi una casa in grado di tutelare il diritto di asilo» (Radio Vaticana). La situazione peggiorerà nei prossimi mesi, inoltre mancano fondi e sostegno politico, e l’Onu ha riconosciuto che l’Italia sta portando il peso più grande per conto dell’Europa.

È il dramma della miseria e della disperazione, l’unico “bagaglio a mano” che ogni immigrato porta con sé salendo sul fatiscente barcone della speranza. Due aspetti, in quest’amara vicenda, ci sembrano importanti: chi possedeva la “ricchezza” della fede cristiana è stato ucciso, e i cristiani scampati alla morte si sono salvati perché a separarli dalla furia omicida di alcuni islamici c’era una barriera umana di altri musulmani che non si sono spostati per lasciarli in mano alla morte. Anche questa è una umana “ricchezza”, e il primo passo per poter riscrivere una storia diversa. E come dice bene il direttore di “Avvenire”, Marco Tarquinio, «Ci basterà sapere ancora che anche solo un islamico ha stretto la mano di un cristiano in quella benedetta resistenza, e ci basterà sentire anche solo una voce di imam che in nome di Dio parla chiaro su questi omicidi, che la legge degli uomini giudicherà, per considerare che la vera notizia è ancora la povera e decisiva solidarietà dei poveri, la solidarietà coi più poveri».

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