Il Papa e gli armeni, un martirio da ricordare

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Un giornata significativa per il Popolo armeno e difficile per la Santa Sede. Il Papa ha celebrato la messa in San Pietro e dichiarato dottore della Chiesa san Gregorio di Narek, santo armeno vissuto tra il 900 e il 1005, e ha ricordato i “martiri” armeni. All’inizio della celebrazione, ha legato lo sterminio armeno a quella che lui chiama “una terza guerra mondiale a pezzi”.

Il Papa ha ricordato il martirio di oggi “il grido soffocato e trascurato di tanti nostri fratelli e sorelle inermi, che a causa della loro fede in Cristo o della loro appartenenza etnica vengono pubblicamente e atrocemente uccisi – decapitati, crocifissi, bruciati vivi –, oppure costretti ad abbandonare la loro terra. Anche oggi stiamo vivendo una sorta di genocidio causato dall’indifferenza generale e collettiva”. Poi, con un salto indietro nella storia il Papa torna al secolo scorso alle“tre grandi tragedie inaudite” e la prima, dice il Papa citando Giovanni Paolo II,è quella che “generalmente viene considerata come «il primo genocidio del XX secolo» (Giovanni Paolo II e Karekin II, Dichiarazione Comune, Etchmiadzin, 27 settembre 2001)”.

E con gli armeni, primo popolo cristiano, vennero uccisi siri cattolici e ortodossi, agli assiri, ai caldei e ai greci. “Furono uccisi vescovi, sacerdoti, religiosi, donne, uomini, anziani e persino bambini e malati indifesi.” Il Papa ricorda le altre tragedie quelle “perpetrate dal nazismo e dallo stalinismo” ma anche gli “stermini di massa, come quelli in Cambogia, in Ruanda, in Burundi, in Bosnia.” Sembra, dice il Papa “che l’umanità non riesca a cessare di versare sangue innocente. Sembra che l’entusiasmo sorto alla fine della seconda guerra mondiale stia scomparendo e dissolvendosi. Pare che la famiglia umana rifiuti di imparare dai propri errori causati dalla legge del terrore; e così ancora oggi c’è chi cerca di eliminare i propri simili, con l’aiuto di alcuni e con il silenzio complice di altri che rimangono spettatori.”

Parole che hanno irritato il governo turco che aveva deciso di non mandare il rappresentante diplomatico in basilica che nel pomeriggio è stato richiamato, mentre al nunzio in Turchia veniva consegnata una protesta formale. In effetti Papa Francesco ha solo ripetute le parole delle dichiarazione congiunta formata da Giovanni Paolo II e Karekin II nel 2001, ma è vero che il Catholicos ha poi pronunciato parole di fuoco in basilica al termine della celebrazione eucaristica. Il problema c’è, la storia di un popolo che, per motivi soprattutto politici, venne massacrato, è stata ripercorsa dal Papa. La parola “genocidio” è sempre stata evitata per motivi diplomatici, ma è anche vero che la Santa Sede fu l’unica a protestare negli anni in cui avvenne “Il Grande Male”.Una vicenda intricata anche per la Turchia di oggi.

Ieri la celebrazione eucaristica, in rito latino con la lettura del Vangelo e la benedizione finale in rito armeno, è stata accompagnata dal coro armeno che ha cantato il suo alleluia quando il Papa ha dichiarato Dottore della Chiesa Gregorio di Narek, nato intorno all’anno 950, entrato in giovane età nel Monastero di Narek e morto nel 1005 nello stesso monasterodove venne sepolto. Nel 1003 scrisse la sua opera più famosa: Il Libro della Lamentazione, la sua costante popolarità è ancora oggi legata a quel suo libro conosciuto comunemente dal popolo armeno con il nome di Narek. È il testo più venerato e più diffuso in Armenia dopo il Vangelo.

Nerses Bedros XIX al termine della celebrazione ha salutato con gioia la decisione del Papa di proclamare Gregorio di Narek Dottore della Chiesa ed ha aggiunto: “ In occasione della commemorazione del Centenario del Genocidio che ha colpito quasi un milione e mezzo di armeni, perché cristiani, sono fiducioso che la proclamazione di San Gregorio di Narek, come Dottore della Chiesa, sarà un avvenimento che susciterà di più la devozione verso di lui, ciò, che aiuterà il popolo armeno a superare le disgrazie che l’hanno oppresso un secolo fa, come anche tutti i popoli cristiani, soprattutto in Medio Oriente, che oggi stanno sopportando simili disgrazie.”

Nella omelia il Papa ha ripreso il tema della Divina Misericordia che oggi si ricorda nella liturgia “le piaghe di Gesù sono piaghe di misericordia” ha detto il Papa e “attraverso di esse, come in una breccia luminosa, noi possiamo vedere tutto il mistero di Cristo e di Dio”. Eppure ecco che“la malvagità umana può aprire nel mondo come delle voragini, dei grandi vuoti: vuoti di amore, vuoti di bene, vuoti di vita. E allora ci domandiamo: come possiamo colmare queste voragini? Per noi è impossibile; solo Dio può colmare questi vuoti che il male apre nei nostri cuori e nella nostra storia.” E sono i santi che ci insegnano “che il mondo si cambia a partire dalla conversione del proprio cuore, e questo avviene grazie alla misericordia di Dio.

Per questo, sia davanti ai miei peccati sia davanti alle grandi tragedie del mondo, «la coscienza si turberà, ma non ne sarà scossa perché mi ricorderò delle ferite del Signore.” Conclude il Papa: “la sua misericordia è eterna. E con queste parole impresse nel cuore, camminiamo sulle strade della storia, con la mano nella mano del nostro Signore e Salvatore, nostra vita e nostra speranza.”

La foto è di www.Acistampa.com

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