Nola: il vescovo contro il gioco d’azzardo

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Il gioco d’azzardo per un italiano su due è diventata un’esperienza emotiva insostituibile destinata a trasformarsi in qualcosa di più serio, in una forma di compulsività tale da provocare nei giocatori e nelle loro famiglie pesanti ripercussioni. Dai dati di un sondaggio on line dell’Eurodap (Associazione europea da attacchi di panico) è emerso che il 20% del campione ha le caratteristiche di un patologico grave, ossia si tratta di persone che non riescono a sottrarsi al gioco; il 30% è patologico (siamo in presenza di una malattia legata al gioco).

Il 20% del campione è risultato a rischio nel senso che l’abitudine del gioco potrebbe facilmente diventare una malattia, mentre il 30% del campione si è dichiarato giocatore occasionale. Mentre nello studio Sps, la prevalenza del gioco d’azzardo patologico è stata stimata tramite la somministrazione della versione italiana validata del questionario South Oaks Gambling Screen – Revised for Adolescents (Sogsra).

Tale strumento consente di individuare i giocatori d’azzardo sociali (considerano il gioco come una buona occasione per socializzare e condivide con altri divertimento, fantasie e aspettative non sproporzionate, tenendo distinti i comportamenti di rischio dai valori della vita), i giocatori d’azzardo problematici (pur non essendo ancora arrivati alla vera e propria patologia, hanno già cominciato a separarsi da un atteggiamento prudente nei confronti del gioco) ed i giocatori d’azzardo problematici (hanno sostituito alla dimensione magica e ludica una dimensione di dipendenza dove i pensieri, le priorità e i valori confluiscono e si fondono nella ripetizione compulsiva della giocata).

Utilizzando tale scala di misura, è stato possibile identificare all’interno della popolazione scolastica di 15-19 anni, una quota di giocatori sociali pari al 6,0% degli intervistati, una quota di giocatori problematici (4,2%) ed una quota di giocatori patologici (3,7%). Si stima, quindi, che circa l’8% degli studenti 15- 19enni abbia un approccio problematico o addirittura patologico al gioco d’azzardo.

Da questi numeri ha preso avvio la lettera aperta, che mons. Beniamino Depalma, vescovo di Nola, ha scritto ai sindaci: “Carissimi sindaci, certo della vostra disponibilità all’ascolto, vi scrivo per condividere la preoccupazione per l’enorme diffusione sul nostro territorio di esercizi commerciali nei quali è possibile praticare il gioco d’azzardo.

Mi si stringe il cuore vedere in tantissimi, giovani, adulti e anziani, che nel tragico momento di crisi che stiamo vivendo trascorrono il proprio tempo, spesso intere giornate, a ‘tentare la fortuna’, a sognare quella vincita che possa mettere fine alle difficoltà quotidiane. Il rumore della slot e quello della moneta sui ‘gratta e vinci’, l’attesa della giusta combinazione sono oggi divenuti l’unica compagnia al sentirsi soli davanti alla mancanza di lavoro, di aiuto, di ascolto, di dignità”.

E nel proseguire la lettera il vescovo invita le parrocchie ad essere centri ‘alternativi alle sale slot, ma chiede anche alle istituzioni la collaborazione e la vicinanza ai propri cittadini: “Come vescovo non posso non sollecitare le comunità parrocchiali perché si pongano come centri alternativi a quelli dedicati alle scommesse, centri di ascolto e accoglienza per quanti abbiano bisogno di aiuto: non solo i giocatori ma anche e soprattutto le loro famiglie.

Ma le parrocchie da sole non possono farcela, così come non posso farcela le numerose associazioni che lavorano per informare i cittadini e per chiedere interventi legislativi efficaci in materia di gioco d’azzardo. C’è bisogno anche di voi, c’è bisogno dei sindaci, c’è bisogno delle giunte e dei Consigli comunali, c’è bisogno della buona politica. C’è bisogno delle istituzioni più vicine ai cittadini perché il fenomeno sia arginato”.

Infine il vescovo ha invitato a lavorare in rete, proponendo un ‘bar senza slot’, per umanizzare la vita: “Ho seguito in questi mesi le iniziative legislative e le scelte amministrative compiute sia a livello regionale che comunale: dobbiamo fare di più. E’ importante che lavoriamo in rete perché l’azione di contrasto del fenomeno porti non solo alla fissazione di norme e sanzioni ma ad un vero e proprio lavoro educativo che agisca in profondità nella cultura delle persone e delle famiglie.

Con il termine ‘gioco’ si intende un’importante funzione sociale che aiuta a relazionarsi con gli altri. La parola ‘gioco’ non può essere dunque associata a pratiche che culminano in una catastrofe morale, sociale e sanitaria che talvolta porta alla perdita di beni materiali e immateriali e nel ricorso all’usura. Lavorare insieme, lavorare in rete, vuol dire coinvolgere tutti i soggetti educativi della comunità civile: la politica, i partiti, la scuola e gli insegnanti, gli stessi esercenti, le parrocchie, le associazioni cattoliche e non.

Tutti uniti per salvare le persone a rischio da una deriva che toglie dignità. ‘Un bar senza slot ha più spazio per le persone’, recita lo slogan che il movimento NoSlot ha proposto per i circa 100 SlotMob svoltisi in tutta Italia. Lo faccio mio per invitarvi a lavorare per dare spazio alle persone, per dare spazio alla vita, per dare spazio alla libertà che non è assenza di ‘pensieri’ ma quotidiano esercizio di scelta sul ‘chi essere’: una scelta faticosa che non si trova abbassando la leva di una slot machine”.

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