L’ ora di Gesù

Condividi su...

Nell’imminenza della Pasqua, Gesù propone con forza e autorità la legge che caratterizza la sua vita e quella di ogni credente in Lui: la glorificazione scaturisce dalla passione e dalla morte. La Quaresima ci fa contemplare Cristo che avanza verso la sua “Ora”. Il Maestro descrive la sua Passione e Morte come il disfacimento del chicco di grano sepolto nel cuore della terra. Il brano evangelico di Giovanni è articolato in quattro elementi: il desiderio di voler vedere Gesù, la meta dell’ora raggiunta, la brevissima parabola del chicco di grano e l’invocazione al Padre (cf Gv 12,20-33).

– Il desiderio di voler vedere Gesù

L’ambiente geografico è Gerusalemme. Il momento storico è quello successivo all’ingresso trionfale di Gesù nella città santa. Ci sono alcuni greci desiderosi di voler vedere Gesù, però non osano presentarsi da soli e chiedono la mediazione di Filippo. Tutta l’umanità ha sempre avuto e sempre avrà questa esigenza interiore, questo impulso impellente che sgorga dalla profondità del cuore umano: vedere Dio! Il desiderio non può esaurirsi all’interno dell’uomo, ma va coltivato con la grazia e alimentato con la fede. “Vedere” significa “credere”, cioè, fidarsi, affidarsi. Vedere Cristo è credere in lui, affidarsi a lui incondizionatamente.

– La meta dell’Ora raggiunta

La risposta di Gesù a chi desidera vederlo si situa improvvisamente su un piano che mette da parte qualsiasi curiosità superficiale e punta lo sguardo sulla sua morte, risurrezione e glorificazione. Seguirlo, cioè conoscerlo e amarlo, significa camminare sulla sua stessa strada: Se uno mi vuol servire, mi segua, e dove sono io là sarà anche il mio servo…

La strada della sequela e del servizio che Gesù traccia è quella che lui percorre nell’“Ora” suprema, quando sarà elevato da terra e attirerà tutti a sé. È anche l’“Ora” in cui, sofferente e morente, è glorificato dal Padre.

– La parabola del chicco di grano

A quanti vogliono comprendere il significato profondo della sua “Ora”, Gesù enunzia, nel racconto della breve parabola del chicco di grano, la legge della Croce, con la suggestiva immagine del seme che muore nel grembo della terra. Il seme, dice Gesù, immerso nell’oscurità del terreno, sembra perdere ogni rapporto con la vita e, infatti, marcisce e muore. Ma ecco l’eterna sorpresa della natura: in estate, quando biondeggiano le messi, viene svelato il segreto profondo di quell’annientamento. Il seme è Gesù stesso che, mediante la fecondità della sua morte, ridona la vita agli uomini redenti dal suo sacrificio. Il suo dissolversi, simile al disfacimento del grano nel solco, diviene fonte di salvezza e di gloria.

– L’invocazione al Padre

Nell’anima di Gesù è già cominciato il terrore dell’agonia: Ora, l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora?

Il turbamento di Gesù di fronte alla passione è conferma della sua umanità vera e della sua fedeltà nel compiere l’arcano volere del Padre. È il momento in cui è percepita la stretta unione tra il divino e l’umano, tra la sofferenza e il suo mistero salvifico, tra la morte e la vita, tra la croce e la risurrezione glorificata. La salvezza che Gesù porta non è un gesto astratto, non è imposizione di leggi; la salvezza è esempio vivo e vissuto del come concepire e attuare la vita come offerta e servizio. Nessuno ha strappato la vita a Gesù. Egli, con il doloroso sacrificio di sé, l’ha offerta per amore immenso. Gesù pronunzia il suo Fiat al Padre con un’invocazione grandiosa: Padre, glorifica il tuo nome! Cioè, si compia in me la tua volontà, perché compiere il tuo volere è suprema glorificazione del tuo nome.

A rafforzare la fede di quelli che ascoltavano, giunge, ancora una volta, il sigillo del Padre attraverso la voce misteriosa che attesta: L’ho glorificato e di nuovo lo glorificherò. È l’evocazione di due momenti importanti della vita di Gesù che sono strettamente legati tra di loro: l’agonia del Getsemani e la Trasfigurazione sul Tabor. È questa la legge fondamentale del Regno di Dio e della fecondità personale e comunitaria. Gesù sperimenta per primo la logica del chicco di grano: morire, risorgere ed essere glorificato. La sofferenza e la morte è il grande mistero in cui è racchiusa la fecondità della risurrezione. Dove il peccato ha piantato la morte con la crocifissione, l’amore misericordioso ha operato la salvezza redentrice. In tal modo, la croce gloriosa diviene il luogo della vicinanza con Dio e il sacramento dell’essere totalmente Dono.

L’“ora” di Giuseppe

La santità cristiana si pone sulla linea evangelica del chicco di frumento che muore e porta frutto. La santità di Giuseppe, sposo di Maria, ha proprio queste dimensioni. Col suo Fiat entra nella storia tracciata da Cristo. Giuseppe è “uomo giusto” per la giustizia che gli viene dalla fede alla Parola che gli viene rivelata e non dalle sue decisioni o dalle sue osservanze della legge. Giuseppe compie la sua “ora” quando muore a se stesso, la sua esistenza d’improvviso viene rovesciata e le sue aspettative e i suoi progetti sono totalmente scombussolati.

Giuseppe: l’uomo del silenzio

Il Vangelo non ci riferisce nessuna sua parola. Egli parla col silenzio carico di tensione acceso di speranza e d’attenzione animata di fede. Il suo silenzio è luce interiore che illumina la sua intelligenza ad accogliere la voce del Padre che sempre proclama: Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo! (Lc 9,35).

Giuseppe: l’uomo dell’ascolto

Egli è sempre attento a “vedere” la volontà del Padre per conoscere i suoi piani singolari e sconvolgenti. L’ascolto di Giuseppe è apertura della volontà per realizzare nella sua vita lo straordinario programma divino che, a giudizio umano, parrebbe mortificante, mentre, in realtà, è divinamente fecondo nella prospettiva e nei risultati di Dio. Nel silenzio dell’ascolto, Giuseppe vede, crede e s’abbandona docilmente all’arcana volontà divina.

Giuseppe: uomo dell’abbandono

Nell’annunciazione Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa (Mt 1,24). Il suo Fiat è consenso pieno e gioioso alla volontà del Padre. Giuseppe, con il suo “Sì”, entra nella via segnata dal suo Gesù. Dal silenzio dell’ascolto scaturisce la gioia piena dell’abbandono in un’apertura di cuore che rende Giuseppe disponibile all’azione di Dio per vivere in pienezza la sua “ora”. Egli è il chicco di frumento che s’abbandona nel terreno fecondo dell’amore del Padre e inizia la via della croce e della tribolazione attraverso le tormentate prove della fede. Lo sposo di Maria ci aiuta così a trovare Dio nell’umanità del Figlio e a saperlo vedere vicino a noi proprio là dove il vedere è credere e il credere diviene abbandono d’amore come sollecitudine e rischio.

La nostra “ora”

Su ciascuno di noi Dio Padre ha tracciato un’“ora”. È l’ora misteriosa, arcana e solenne. È l’ora che talvolta si nasconde sotto il velo dell’oscurità della fede, del dramma, della sofferenza, delle notti di buio e delle incomprensioni, dei gesti di vendetta scagliati sulla persona. È quell’ora che sperimenta la morte del chicco di grano sepolto in terra. Proprio in quei momenti, il desiderio di vedere si deve trasformare in silenzio adorante e colmo di stupore, e la visione del credere in canto di supplica e di lode per glorificare il nome del Padre. Allora, la gioia dell’abbandono si trasfigurerà in visione d’Amore del Padre che, nella pienezza di vita dello Spirito, si fa dono d’Amore nel momento sacramentale dell’incontro con il Signore Risorto. Il chicco di grano, sepolto nel grembo della terra, non solo rinasce a vita nuova rigenerandosi in tanti altri grani di se stesso, ma, per essere pienezza di dono, attende un’altra trasformazione: macinato e impastato diventa Pane di Vita.

Free Webcam Girls
151.11.48.50