Appello della Chiesa: stop alla pena di morte

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La Santa Sede ha lanciato un nuovo appello al mondo per ‘una moratoria globale sull’uso della pena di morte’ per la sua abolizione, come ha affermato mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente vaticano presso l’Onu di Ginevra, nella 28^ sessione del Consiglio dei Diritti Umani. Monsignor Tomasi ha sottolineato che “nessun chiaro effetto positivo della deterrenza risulta dall’applicazione della pena di morte e che l’irreversibilità di questa pena non consente eventuali correzioni in caso di errori giudiziari”.

La voce dell’osservatore vaticano non è isolata, visto che anche negli Usa, nei primi giorni del mese, è stato pubblicato un editoriale di quattro importanti testate cattoliche: ‘America’, ‘National Catholic Register’, ‘National Catholic Reporter’, ‘Our Sunday Visitor’, per sollecitare, anche attraverso la mobilitazione dei loro lettori, l’abolizione della pena di morte nel Paese.

L’editoriale prende spunto dal fatto che nel mese di aprile la Corte Suprema statunitense esaminerà la causa Glossip vs Gross, un caso proveniente dall’Oklahoma che mette in discussione il protocollo più largamente usato per l’iniezione letale effettuata sui condannati a morte e accusato di essere una punizione estremamente crudele:

“La decisione della Corte verrà probabilmente pronunciata entro giugno. E’ nostra speranza che serva ad accelerare la fine della pena di morte negli Stati Uniti… La Chiesa cattolica in questo Paese combatte da decenni contro la pena di morte. San Giovanni Paolo II ha modificato il Catechismo della Chiesa Cattolica perché comprendesse de facto un divieto contro la pena capitale. Lo scorso anno, Papa Francesco ha invitato i cattolici a ‘lottare per l’abolizione della pena di morte’. Si tratta di una pratica ripugnante e non necessaria.

E’ anche assurdamente cara, poiché le battaglie in tribunale assorbono risorse che potrebbero essere meglio utilizzate, in primo luogo, nella prevenzione del crimine e poi per lavorare a una giustizia riabilitativa per quanti commettono crimini meno gravi”. Di seguito l’editoriale ha espresso soddisfazione per quegli Stati, che hanno sospeso la pena capitale:

“Lodevolmente, la Florida ha sospeso le esecuzioni in attesa della sentenza della Corte Suprema, e il governatore dell’Ohio, John Kasich, in attesa di ulteriori valutazioni, ha rimandato tutte e sette le esecuzioni previste nello Stato per il 2015. Il governatore della Pennsylvania Tom Wolf ha dichiarato una moratoria sulla pena di morte fino a quando non avrà ricevuto e analizzato la relazione di una task force sulla pena capitale, che lui definisce ‘un sistema fallato… inefficace, ingiusto e costoso’.

Entrambi i governatori hanno citato anche il numero crescente di detenuti nel braccio della morte che sono stati scagionati negli ultimi anni in tutto il Paese. In una dichiarazione in cui ringrazia Wolf, l’arcivescovo di Philadelphia, Charles Chaput… ci ricorda che quando pensiamo alla pena di morte non dobbiamo dimenticare che siamo noi a essere, attraverso il nostro governo, gli agenti morali di un’esecuzione.

Il detenuto ha commesso il suo reato e ne ha risposto durante la sua vita, proprio come ne risponderà dinanzi a Dio. Ma è il governo, agendo a nome nostro, che ordina e perpetra l’iniezione letale. Siamo noi che aumentiamo la violenza invece di guarirla. I sostenitori della pena di morte spesso affermano che essa pone fine alla sofferenza della famiglia della vittima.

Ma le persone che camminano accanto alle famiglie delle vittime, come la suora della Misericordia Camille D’Arienzo, ci raccontano un’altra storia: ‘Penso alle madri che partecipano alla nostra celebrazione annuale per i familiari e gli amici delle vittime di omicidio’, un programma che le suore della Misericordia portano avanti da 18 anni. Se si domanda loro che cosa vogliono per gli assassini dei loro figli, nessuna chiede la pena di morte. La ragione è la seguente: ‘Non voglio che un’altra madre soffra quello che ho sofferto io’.

Il loro cuore, pur se spezzato, è integro nella sua umanità’… Ci uniamo ai nostri vescovi nello sperare che la Corte giunga alla conclusione che è tempo che la nostra nazione incarni il suo impegno a favore del diritto alla vita, abolendo in modo definitivo la pena di morte”.

Ricordiamo che nel 2013 le esecuzioni sono state almeno 4.106, a fronte delle almeno 3.967 del 2012. Il lieve aumento delle esecuzioni nel 2013 rispetto al 2012 si giustifica con l’aumento registrato in Iran e in Iraq. Nel 2013 e nei primi sei mesi del 2014, non si sono registrate esecuzioni in 2 Paesi (Gambia e Pakistan) che le avevano effettuate nel 2012. Viceversa, 8 Paesi hanno ripreso le esecuzioni: Indonesia (5), Kuwait (5), Malesia (3), Nigeria (4) e Vietnam (almeno 8) nel 2013; Bielorussia (2), Emirati Arabi Uniti (1) ed Egitto (almeno 8).

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