Obiezione di coscienza: un bene per l’umanità

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Mentre in Europa, segnata fortemente dal secolarismo e dal liberalismo, si afferma sempre più la tendenza a moltiplicare i diritti degli individui specialmente nell’ambito dell’inizio e fine vita, proporzionalmente la libertà di coscienza – un diritto fondamentale che è alla base della democrazia e dello stato di diritto dei nostri paesi europei – è messa sempre più a dura prova specialmente in ambito medico ed educativo. Al contrario, l’obiezione di coscienza non è utilizzata contro qualcuno o con lo scopo di minare il sistema giuridico, ma per il bene comune.  A Bratislava, i consulenti giuridici delle Conferenze episcopali d’Europa si sono confrontati sulla reale applicabilità dell’obiezione di coscienza alla luce del dibattito in corso negli Stati europei e sulle conseguenze-sfide poste alle istituzioni ecclesiali.

L’incontro si è svolto dal 4 al 6 marzo a Bratislava, in Slovacchia. Questo è stato il secondo incontro dei consulenti giuridici, organizzato dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE). Il primo si è tenuto a Strasburgo nel 2013. Hanno partecipato alla conferenza rappresentanti della Santa Sede, Inghilterra, Belgio, Bosnia Erzegovina, Repubblica Ceca, Croazia, Francia, Germania, Spagna, Ungheria, Italia, Lettonia, Lituania, Polonia, Portogallo, Scozia, Slovacchia, Slovenia e Ucraina. L’incontro è stato ospitato da Mons. Stanislav Zvolensky, Arcivescovo di Bratislava e presidente della Conferenza episcopale slovacca, che ha aperto i lavori. Mons. Mario Giordana, Nunzio Apostolico in Slovacchia e Jan Figel, attualmente Vice Presidente del Parlamento slovacco, hanno salutato i partecipanti durante l’incontro.

L’intervento principale è stato pronunciato dal Prof. Marek Šmid, Rettore dell’Università di Trnava (Slovacchia) che ha parlato della regolamentazione giuridica dell’obiezione di coscienza. Ci sono diverse situazioni nei paesi dell’Europa. L’elemento comune dei loro sistemi giuridici è che la regolamentazione dell’obiezione di coscienza ha un impatto importante in numerose aree eticamente sensibili.

Nel caso dei membri della Chiesa cattolica, l’obiezione di coscienza dovrebbe essere stabilita come una possibilità legale che dà alle persone il diritto di rifiutare un compito che risulta in contrasto con i principi generali della dottrina e della morale della Chiesa. Questo non significa il diritto di ignorare le leggi del Paese, bensì consentire alle persone di rispettare le leggi dello Stato e, allo stesso tempo, di non andare contro la propria coscienza.

L’obiezione di coscienza è nell’interesse dell’individuo e dello Stato, che intende essere pluralista, democratico e rispettoso dello stato di diritto. Permette ai cittadini di godere del diritto alla libertà di coscienza e di religione, che è uno dei valori fondamentali della società. In particolare gli effetti dell’obiezione di coscienza devono includere l’inviolabilità della vita umana dal concepimento alla morte naturale e anche ai servizi sanitari a essi connessi. I suoi effetti dovrebbero estendersi anche al campo dell’insegnamento sulla morale sessuale nella scuola pubblica, al matrimonio come comunità di vita di un uomo e una donna e all’esercizio della libertà di religione nella vita pubblica, in particolare attraverso l’uso dei simboli religiosi.

Nel settore sanitario, il diritto all’obiezione di coscienza non appartiene solo ai medici, ma anche ad altre professioni (ad es. infermieri, psicologi, assistenti sociali). Deve essere soprattutto possibile nelle seguenti procedure: aborto, eutanasia, fecondazione artificiale, ricerca e trapianto di organi, come è stato spiegato dalla Prof.ssa Eva Grey della St. Elisabeth University of Health and Social Work (Bratislava). Tuttavia, l’obiezione di coscienza non può essere in contrasto con il dovere del personale medico di proteggere o salvare vite umane.

Altri punti fondamentali sottolineati nel corso della riunione sono i seguenti:

– oggigiorno emergono nuove dimensioni dell’obiezione di coscienza, in particolare nella promozione aggressiva dell’ideologia di genere attraverso l’educazione e la legislazione antidiscriminazione;

– la necessità di tenere conto del ruolo del codice etico nel settore sanitario;

– la necessità di promuovere gli aspetti istituzionali dell’obiezione di coscienza: non solo agli individui, ma anche alle istituzioni (ospedali, scuole) dovrebbe essere consentito di opporsi alle azioni contrarie alla loro etica;

– il ruolo delle famiglie nel creare le condizioni per l’obiezione di coscienza;

– infine, il fatto che la libertà di coscienza prevede inevitabilmente la consapevolezza e il riconoscimento dei valori fondamentali della società e degli individui. Gli Stati con le società civili, le Chiese e le comunità religiose devono collaborare in base al principio di sussidiarietà. Questo principio è fortemente promosso dalla dottrina sociale della Chiesa cattolica.

Il pomeriggio di giovedì 5 marzo, i partecipanti si sono trasferiti a Vienna. Lì, hanno visitato l’Agenzia dell’Unione europea per i Diritti Fondamentali (FRA). Poi, la Dr.ssa Gudrun Kugler, Presidente dell’Osservatorio sull’Intolleranza e la Discriminazione contro i Cristiani in Europa, ha introdotto le sfide per le organizzazioni della Chiesa nel dibattito attuale sullo sviluppo delle leggi antidiscriminazione. Nella capitale austriaca, i partecipanti hanno anche incontrato Mons. Janusz Urbanczyk e Mons. Marinko Antolović della Missione permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE).

Attraverso un intervento video registrato del giudice Marta Cartabia, Vice Presidente della Corte costituzionale italiana, i partecipanti sono stati introdotti al tema della libertà di espressione. La Chiesa difende con forza questo diritto fondamentale nella consapevolezza, però, che oggi la libertà di espressione, soprattutto per quando riguarda la dimensione religiosa, potrebbe aver bisogno di un “bilanciamento ragionevole” tra lo Stato e le comunità religiose. In caso di conflitto, le esperienze dimostrano che una migliore regolamentazione di tale diritto si raggiunge quando un Concordato / Accordo è stato stabilito tra lo Stato e la Chiesa. L’accordo bilaterale, infatti, rimane la soluzione più ragionevole in una società pluralistica per preservare il pluralismo senza provocare l’annullamento delle differenze o creare omologazione.

A Bratislava, i partecipanti hanno preso anche atto della recente ridefinizione del matrimonio in Slovenia e hanno sostenuto, insieme ai vescovi sloveni, gli sforzi della società civile per annullare la completa assimilazione delle unioni omosessuali alle unioni tra persone di sesso diverso, per iniziativa popolare tramite un referendum.

Nell’ultima sessione c’è stata una riflessione seguita da un dialogo con Mons. Paul Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato della Santa Sede, su Le sfide alla Chiesa di oggi nei discorsi di Papa Francesco al Parlamento Europeo e al Consiglio d’Europa a Strasburgo. Mons. Gallagher ha sottolineato la riflessione di Papa Francesco sulla necessità di ricostruire un’“Europa che contempla il cielo e persegue degli ideali”.

Al termine dell’incontro il Dr. José Jesus López Nieto, consulente legale della Conferenza episcopale spagnola, ha presentato i risultati di un breve questionario che il CCEE ha distribuito all’inizio di quest’anno. Secondo le risposte raccolte, è importante che il CCEE promuova questa rete di consulenti legali e si impegni maggiormente nel rispondere all’invito specifico che Papa Francesco ha rivolto al CCEE a Strasburgo, e nel seguire più profondamente le attività del Consiglio d’Europa, con l’aiuto della Missione permanente della Santa Sede presso quest’ultimo, presentata durante l’incontro da Mons. Paolo Rudelli, Osservatore Permanente a Strasburgo.

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