Padre Zanotelli: no ad una seconda guerra in Libia

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E’ tragico il bilancio dei viaggi della disperazione intrapresi verso le coste italiane dalle coste libiche. Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, il numero dei migranti irregolari giunti via mare nel gennaio 2015 è aumentato del 60% rispetto a un anno prima, quando Mare nostrum era in funzione.

Questo rende priva di senso la tesi che l’operazione di ricerca e soccorso in mare di cui tanto è stata celebrata la fine avesse incoraggiato i migranti a intraprendere viaggi pericolosi nel Mediterraneo. Nel frattempo, dopo aver preso Sirte e conquistato i principali palazzi governativi della città del golfo, l’Isis punterebbe adesso su Misurata. Dopo Tripoli e Bengasi, si tratta della terza maggiore città della Libia e principale porto.

Su tale situazione, interpellato da Radio Vaticana, mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio Onu di Ginevra, ha affermato che l’Europa deve investire di più per salvare le vite umane, mettendo in campo maggiore creatività nel pensare a come affrontare un fenomeno, quello migratorio, destinato a continuare:

“Le tragedie in mare si ripetono a ritmo regolare. Vediamo che c’è un problema di fondo, che nasce non solo dall’ingiustizia e dalle violenze che portano queste persone a emigrare, ma anche dall’incapacità da parte della comunità internazionale di prendere in mano queste situazioni con coraggio, cercando delle soluzioni che siano rispettose della dignità delle persone e della vita umana. Bisogna impegnarsi in una azione necessaria:

tra il valore della vita e il risparmio per programmi ridotti di monitoraggio o di assistenza in mare, dobbiamo dare priorità assoluta al salvataggio di vite umane. Poi, verrà la questione di salvaguardare i confini dei propri Paesi”. Padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, ha invitato le Istituzioni ad intensificare gli sforzi per consentire ai profughi di arrivare in sicurezza sulle nostre coste:

“Ancora una volta attoniti davanti all’orrore, ci troviamo a chiedere la creazione immediata di canali umanitari sicuri che evitino a uomini e donne in fuga da guerre e persecuzioni di rischiare la vita affidandosi a trafficanti di essere umani… Mentre il dibattito tra Stati e Istituzioni europee continua ad essere sempre più incentrato su questioni prettamente economiche e finanziarie la vita e i diritti dei migranti vengono regolarmente messi in secondo piano. Ma noi non vogliamo e non possiamo accettare che il Mediterraneo continui a essere un cimitero”.

Secondo le stime di Save the Children dall’inizio dell’anno su 3.709 migranti sbarcati in Italia, 195 erano donne e 390 minori, di cui 149 accompagnati e 241 non accompagnati. Ed alcune associazioni italiane (Aibi, Amnesty International Italia, Caritas Italiana, Emergency, Fondazione Migrantes, Intersos, Save the Children e Terre des Hommes) hanno chiesto al Governo Italiano e all’Unione europea un reale cambio di rotta nelle politiche sull’immigrazione, aprendo immediatamente canali sicuri e legali d’accesso in Europa, per evitare ulteriori perdite di vite in mare, che consentirebbe di gestire un fenomeno ormai stabile e probabilmente in aumento.

Contemporaneamente, le organizzazioni hanno chiesto all’Italia e all’Unione europea di rafforzare ulteriormente le operazioni di ricerca e soccorso in mare e di avviare politiche che garantiscano la protezione e la tutela dei diritti umani di rifugiati, migranti e richiedenti asilo che attraversano il Mediterraneo.

E per evitare che queste catastrofi si tramutino in una seconda guerra libica lo storico Angelo del Boca ed il missionario padre Alex Zanotelli hanno lanciato un appello, in cui chiedono che la Libia non sia riportata alla situazione di due secoli prima, in cui ogni tribù difende le proprie frontiere e sfrutta le risorse petrolifere, chiedendo un intervento dell’Italia per una vera missione di pace:

“Non c’è alcun dubbio che Muammar Gheddafi è stato un crudele dittatore, ma nei suoi 42 anni di regno ha mantenuta intatta la nazione libica, l’ha dotata di un forte esercito e di un’eccellente amministrazione al punto che il reddito pro-capite del libico era il più alto dell’Africa e si avvicinava a quello dei paesi europei. Ma soprattutto ha dato ai libici una fierezza che non avevano mai conosciuto.

A tre anni dal suo assassinio (avrebbe meritato un processo), la Libia è nel caos più completo e già si parla con insistenza di risolvere la questione inviando truppe dall’estero per organizzarvi una seconda, micidiale e sciagurata guerra. Nel corso della prima infausta guerra, voluta soprattutto dalla Francia di Sarkozy, il paese ha subìto danni immensi, 25.000 morti e distruzioni valutate dal Fondo Monetario Internazionale in 35 miliardi di dollari.

Poiché le voci di un intervento militare italiano si fanno più frequenti, noi chiediamo alle autorità del nostro Paese di non commettere il gravissimo errore compiuto nel 2011 quando offrimmo sette delle nostre basi aeree e più tardi una flotta di cacciabombardieri per aggredire un paese sovrano, violando, per cominciare, gli articoli 11, 52, 78 e 87 della nostra Costituzione.

In un solo caso l’Italia può intervenire, nell’ambito di una missione di pace e dietro la precisa richiesta dei due governi di Tripoli e di Tobruk che oggi si affrontano in una sterile guerra civile. Ma anche in questo caso l’azione dell’Italia deve essere coordinata con altri paesi europei e l’Unione Africana(UA)”.

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