Le buone omelie? ecco come si fanno

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Presentato questa mattina in Vaticano il “Direttorio omiletico”, che si pone lo “scopo di offrire una risposta al bisogno di migliorare il servizio, proprio dei ministri ordinati, della predicazione liturgica”, come ha spiegato il cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione  per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Nell’illustrare le nuove linee guida, il porporato ne ha raccontato la genesi, partita da numerosi documenti della Chiesa, in particolare da alcune “proposizioni” del Sinodo dei vescovi, che hanno poi portato alle esortazioni apostoliche “Sacramentum Caritatis”  e “Verbum domini”.

“Il solco era tracciato – ha spiegato il cardinale Sarah – ed in questa linea la Congregazione ha avviato il progetto. Ulteriore accelerazione a portarlo a termine è venuta dall’accento posto sull’omelia da Papa Francesco, che nell’Evangelii gaudium riserva ben 25 numeri al nostro tema, 10 all’omelia (nn. 135-144) e 15 alla preparazione della predicazione (nn. 145-159)”. Era necessaria quindi una attenzione, perché, ha spiegato il Prefetto, “l’omelia è un servizio liturgico riservato al ministro ordinato, il quale è chiamato per vocazione a servire la Parola di Dio secondo la fede della Chiesa e non in modo personalistico. Non è un discorso qualsiasi – ha continuato -, ma un parlare ispirato dalla Parola di Dio che risuona in un’assemblea di credenti, nel contesto di una azione liturgica, in vista di imparare a praticare il Vangelo di Gesù Cristo”.

 

Altri aspetti sono stati specificati dal segretario del dicastero, mons. Arture Roche: “Raccomandata vivamente dai Padri del Concilio Vaticano II (cf. Sacrosanctum Conciliumn. 52), l’omelia riveste a buon diritto la qualifica di “liturgica”, nel senso che ha un posto specifico dentro la celebrazione dei santi misteri, è richiesta da essa ed è al servizio della pia, attiva, consapevole partecipazione ad essa del popolo santo di Dio”. Da qui la raccomandazione ai pastori: “Non è pensabile infatti un’omelia a sé stante, come un pezzo di oratoria, ossia disgiunta dalla Parola di Dio che risuona per la concreta assemblea raccolta per l’Eucaristia, a cui appunto è destinata”. Posto che “per un Vescovo e un sacerdote, specialmente se è parroco, la predicazione omiletica è la parte principale del suo magistero, cioè del ministero, elargitogli e accettato con l’ordine sacro”, bisogna che l’omelia non sia “improvvisata”, ma si ponga l’unico scopo “di annunciare l’Evangelo di Gesù Cristo, aiutando chi ascolta ad ospitare sempre meglio nei propri cuori la Parola che trasforma la vita di chi la mette in pratica”. Anche se il direttorio “non può risolvere tutti i problemi intorno all’omelia”, “crediamo e auspichiamo che sia un aiuto concreto per la formazione, specie dei sacerdoti, al fine di compiere la meglio il loro ministero liturgico”, ha concluso mons. Roche.

 

Maggiori dettagli sulla composizione “fisica” della nuova pubblicazione sono stati esposti da padre Corrado Maggioni, Sottosegretario della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. Il documento è formato da due parti,  e due appendici (sul Catechismo della Chiesa Cattolica e sui documenti magisteriali), ha spiegato: “la prima: L’omelia e l’ambito liturgico, costituisce la parte sostanziale, poiché si descrive: che cos’è l’omelia, la sua funzione e il contesto in cui è posta – non è tanto un’istruzione informativa quanto un atto inserito in una sequenza liturgica performativa – come gli aspetti che la connotano, tra cui il ministro ordinato a cui spetta, la dinamica che la percorre (riferimento a letture bibliche e preghiere, l’esperienza sacramentale in atto, il vissuto), l’attenzione ai destinatari. L’interpretazione della Parola di Dio esposta nell’omelia (i criteri ermeneutici delle Scritture; non solo esegesi del testo scritto ma esegesi orante della Parola di Dio, in vista dell’esegesi vissuta del Vangelo che è la carità). Preparazione prossima e remota, che chiede all’omileta di coniugare conoscenze-principi con la loro messa in pratica, rammentando in particolare la lectio divina”.

“Nella seconda parte, Ars praedicandi – ha aggiunto -, sono tratteggiate le coordinate metodologiche e contenutistiche che l’omileta deve tener presenti nell’organizzare un’omelia (scegliere cosa dire, perché dirlo, come dirlo a “questa” assemblea). Sono abbozzate delle chiavi di accostamento a temi e a testi, a titolo esemplificativo e non esaustivo, per il ciclo domenicale-festivo a partire dal cuore dell’anno liturgico (Triduo e Tempo Pasquale, Quaresima, Avvento, Natale, Tempo durante l’anno), con riferimenti anche alle Messe feriali, di matrimonio e delle esequie; in questi esempi sono applicati i criteri esposti nella parte I, ossia la tipologia tra Antico e Nuovo Testamento, l’importanza del brano del Vangelo per l’ermeneutica del messaggio biblico, l’ordinamento delle letture e il motivo della loro scelta, il legame tra liturgia della Parola e liturgia eucaristica, tra messaggio biblico e risposta orante, tra celebrazione e vita, tra ascolto di Dio e della comunità storica, cioè di un dato tempo, luogo, cultura”.

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