Ratzinger e Daniélou di fronte al mistero della storia

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Il 12 e il 13 febbraio avrà luogo presso la Pontificia Università della Santa Croce di Roma il convegno “Ratzinger e Daniélou di fronte al mistero della storia”. In questa intervista donGiulio Maspero, docente di Teologia Dogmatica presso la Facoltà di Teologia della Santa Croce, membro ordinario della Pontificia Accademica di Teologia e tra gli organizzatori del convegno, illustra il senso dell’iniziativa, il pensiero dei due grandi teologi, le loro affinità intellettuali, non tralasciando le loro doti di pastori: “Entrambi, pur essendo grandi intellettuali e uomini di università, hanno saputo spendersi, in obbedienza al Cristo, per la Chiesa e per gli ultimi”.

Perché affiancare Jean Daniélou e Joseph Ratzinger in un convegno?

Nel 2014 ricorrevano i 40 anni dalla morte di Jean Daniélou. Si tratta di un teologo gesuita la cui apertura di pensiero e il cui slancio verso la missione come espressione di fedeltà alla concreta verità di Cristo ricordano in certa misura il suo confratello Jorge Bergoglio, ora Papa Franceso. Qualche anno fa, sempre con Jonah Lynch e la Fraternità di San Carlo Borromeo, avevamo già dedicato una giornata di studio a questo grande teologo francese, il cui pensiero non ci sembra sufficientemente apprezzato. Così, ci è parso valesse la pena ricordarne l’anniversario con un vero e proprio congresso. Ma dopo la rinuncia di Papa Benedetto, insieme all’Associazione Patres, è nata anche l’idea di proporre alla Fondazione Ratzinger di accostare questi due grandi teologi, le cui vite coprono il XX secolo, che è un secolo ricchissimo da un punto di vista teologico. Sono molto diversi, non solo perché uno è francese e l’altro tedesco, uno un patrologo e l’altro un dogmatico e così via, ma anche per temperamento e stile. Eppure proprio tale diversità può permettere di apprezzare il nucleo comune che caratterizza il loro pensiero. Ci sembra che la validità dell’intuizione sia stata confermata dal sostegno accordato all’iniziativa dalla Pontificia Accademia di Teologia, il cui presidente p. Réal Tremblay, discepolo di Ratzinger, terrà la prima relazione del convegno, e da altre prestigiose istituzioni accademiche italiane ed estere, dalla Biblioteca Pinacoteca Accademia Ambrosiana di Milano all’Alma Mater Studiorum di Bologna, insieme alle università spagnole di San Damaso e di Navarra, all’università del Sacro Cuore di Milano, a quella di Chieti e alla Università Lateranense.

Qual è il nucleo centrale del pensiero di questi due grandi teologi?

Sia Daniélou sia Ratzinger hanno una straordinaria capacità di farsi comprendere e di rendere accessibili le verità più profonde. Oltre a libri molto tecnici, hanno scritto anche libri estremamente leggibili e apprezzati dal grande pubblico. Questa loro grande capacità nasce, mi sembra, dal loro essere teologi che guardano alla storia appunto, che parlano agli uomini del loro tempo per metterli in contatto con la sorgente. Questa è rappresentata sia dalla Scrittura sia dalla Tradizione, i Padri in primo luogo, ma anche dalla liturgia. Mi sembra significativo che entrambi questi teologi siano stati trattati, in qualche caso, con sufficienza da alcuni “esperti”, in ambito patristico, per quanto riguarda Daniélou, e in quello esegetico, in relazione a Ratzinger. Tali fraintendimenti possono essere attribuiti, mi pare, proprio al loro essere teologi, che sviluppano una teologia patristica, una teologia biblica, una teologia liturgica, e che così facendo sfuggono al riduzionismo storicista. Questa è stata la ragione forse più profonda nell’accostarli: la loro concezione propriamente teologica della storia e del mistero da cui essa è abitata.

La storia non è infatti un semplice oggetto che può essere studiato come si fa con i minerali o i fossili, ma ha una profondità, un “di dentro”, potremmo dire, che in quanto trama di vite interpella noi come soggetti, parlando alle nostre vite. Il mistero della storia implica che il suo studio non possa darsi se non in forma di dialogo, tenendo presente che ogni evento è risposta che presuppone una domanda. Un approccio alla storia meramente filosofico o storicista non è in grado di cogliere questa dimensione, che essenzialmente è legata alla libertà dell’uomo, cuore di questo mistero. Quindi, Ratzinger e Daniélou sono stati accostati proprio perché sono autori che sviluppano una autentica teologia della storia, in un’epoca nella quale imperavano le filosofie della storia, sia di matrice idealista, sia positivista, come avviene con lo storicismo.

Quali i punti di contatto, le affinità intellettuali e di esperienze tra questi due protagonisti della Chiesa del Ventesimo secolo?

La lista potrebbe essere lunga. Per prima cosa, entrambi sono stati estremamente attenti alle fonti, sia scritturistiche sia liturgiche, e il pensiero di entrambi è impregnato di teologia patristica. Nel caso di Joseph Ratzinger la fonte principale è latina con Agostino, poi approfondito nella tradizione medioevale che a lui si ispira, in particolare proprio per quanto riguarda la teologia della storia, cioè in Bonaventura. Per Jean Daniélou il riferimento fondamentale è greco con Gregorio di Nissa, Padre cappadoce del secolo IV, la cui fisionomia intellettuale sembra quasi riflettersi nei tratti più caratterizzanti del teologo francese, in particolare per quanto riguarda l’attenzione alla dimensione spirituale, all’apertura pastorale e alla filosofia.

Proprio l’attenzione a quest’ultima è un elemento che accomuna Ratzinger e Daniélou: entrambi hanno una chiara percezione della differenza tra teologia e filosofia, ma nello stesso tempo ciò li spinge proprio ad approfondire il rapporto tra le due, come esigenza intrinseca del Vangelo. Infatti la Buona Novella esige di essere comunicata, ma per parlare a chi non crede occorre una profonda conoscenza della filosofia, cioè di quella ricerca del Vero che si dà nella storia del pensiero umano. Utilizzando una terminologia cara a Ratzinger, ma che nella sua origine patristica è quasi ancor più strutturante nel pensiero di Daniélou, si potrebbe dire che il dono dell’amore di Dio che si dà come agape nella storia cerca sempre la domanda, il desiderio, quello che in greco si chiama eros, dell’uomo, i quali sono uno per l’altro.

Tale attenzione al cuore dell’uomo si nota molto anche nell’apertura allo studio delle religioni in entrambi gli autori, i quali superano ogni riduzionismo illuminista proprio grazie a tale prospettiva dialogica, che unisce la domanda e la risposta.

Infine, ma la lista potrebbe, come detto, essere ben più lunga, si può aggiungere come punto di contatto forse più profondo la dedicazione pastorale e il servizio ecclesiale che ha contrassegnato le loro vite, in misura che si potrebbe definire eroica. Infatti entrambi, pur essendo grandi intellettuali e uomini di università, hanno saputo spendersi, in obbedienza al Cristo, per la Chiesa e per gli ultimi.

Le religioni, la missione, la liturgia, verità e storia nel pensiero di Ratzinger e Daniélou sono alcuni dei temi che verranno affrontati nel corso del Convegno. Ci può delineare l’itinerario di riflessione che seguirete?

In base a quanto detto, il percorso ideale del convegno segue proprio il ritmo del dialogo tra eros eagape, partendo dallo studio delle religioni nei due autori, come elemento fondamentale della domanda su Dio nell’uomo, per passare poi alla liturgia, luogo principale di incontro con l’agape di Dio. Quindi analizzeremo come il loro pensiero sia tutto rivolto alla missione, proprio per l’attenzione al mistero della storia che lo caratterizza, come già accadeva nei Padri e al darsi della Verità ricercata da ogni uomo nella storia. In questo modo potremo approfondire la struttura stessa della loro teologia e i fondamenti che la rendono così attuale e aperta alle domande dell’uomo di oggi. L’ultima parte, come accennato, tratterà più in specifico la teologia della storia e come questi autori possono ispirare la teologia di oggi. In questo ambito si approfondirà specialmente il rapporto con la filosofia, e la metafisica in particolare. Infatti sia Joseph Ratzinger sia Jean Daniélou sono considerati punti di riferimento per gli studi attuali di ontologia trinitaria, cioè quella ricerca che cerca di leggere nella creazione il riflesso della sua origine trinitaria.

Può anticiparci i contenuti del suo intervento?

Io stesso sono impegnato in questa ricerca su come la dimensione trinitaria è presente nell’uomo e nel mondo a tutti i livelli. Personalmente sono affascinato da come i Padri hanno, con profondo ardire, accolto e modificato la metafisica classica, sviluppando un pensiero che ritengo contenga una risposta per l’uomo contemporaneo, immerso nella crisi postmoderna, che è di fatti una crisi di metafisica. Quest’ultima non è un relitto del passato o un reperto archeologico che interessa solo ad alcuni, pochi, esperti strani, ma noi usiamo la metafisica continuamente tutti i giorni, per fare affari o al ristorante. Infatti la risposta alla domanda “Che cosa è questo? Che sostanza è?” ci serve banalmente per ordinare quello che vogliamo al ristorante e verificare che ci abbiano portato il piatto richiesto.

Il punto è che la metafisica è stata sviluppata in Grecia in ambito pagano, in un contesto che non conosceva ancora il pieno valore della storia e della persona umana. Solo la Rivelazione cristiana ci ha permesso di attingere questa verità, che è nello stesso tempo profondamente consolante. Per questo sia Daniélou sia Ratzinger hanno iniziato a chiedersi cosa succede se si prende sul serio il fatto che Dio è comunione d’amore di tre Persone eterne, che sono Se stesse nella reciproca relazione, e quindi che questo Dio si dà nella storia e si può conoscere solo in una relazione personale. Nella teologia attuale stiamo cercando di prendere sul serio tale domanda, lavorando insieme anche con illustri teologi come Lubomir Zak, della Lateranense, e Piero Coda, dell’Istituto Sofia di Loppiano.

Per questo gli ultimi due contributi del convegno saranno dedicati al rapporto tra essere e storia e saranno svolti da me e da Robert Wozniak, di Cracovia, uno dei migliori teologici dogmatici polacchi.

Perché invitare un teologo anglicano come John Milbank?

In effetti Milbank non può essere definito un esperto del pensiero di Ratzinger o Daniélou, ma lo scopo del nostro convegno non è solo analizzare questi autori, ma anche cercare di capire come portare avanti a livello teologico quello che loro hanno fatto. Milbank, per questo, è un interlocutore validissimo, in quanto con passione ha promosso da anni un movimento teologico che vuole approfondire il rapporto tra teologia e filosofia, prendendo sul serio la storia e il suo mistero. Per questo gli abbiamo chiesto di parlare della teologia della storia. Anche lui è uno di quei teologi che si muove oggi alla ricerca di una ontologia trinitaria ed è per questo un magnifico compagno in questa avventura.

Fonte: FondazioneRatzinger.va

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