L’Asia di Francesco, un inno alla famiglia

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É stato Paolo VI il primo Papa contemporaneo ad andare in Asia, il primo a visitare le Filippine, terra cattolica in un continente dove le religioni tradizionali sono altre. E proprio di Paolo VI il suo successore Francesco ha parlato a Manila, nel viaggio che ha riportato un Papa dopo venti anni nell’arcipelago. Giovanni Paolo II ha visitato due volte Manila, e Benedetto XVI aveva nel suo cuore un viaggio in Asia che non è riuscito ad organizzare. Ha affrontato viaggi più brevi e certo meno faticosi fisicamente, ma ha scelto le mete più impegnative in Europa, in Africa e in Medio Oriente, che avrebbero portato meno gente in piazza. Francesco ama le masse, le folle oceaniche che lo applaudono quando scherza e fa battute, o quando dice che bisogna imparare a piangere quando siamo colpiti dalla sofferenza. E molti si fermano lì. A quelle immagini, a quei gesti, alle foto degli abbracci. Ma Francesco non si ferma agli abbracci. Nello Sri Lanka e soprattutto nelle Filippine Francesco ha parlato della famiglia. Quella secondo il disegno di Dio, quella che fonda la società. Quella tradizionale. “È nella famiglia che i bambini vengono cresciuti nei valori sani, negli alti ideali e nella sincera attenzione agli altri” dice alle autorità politiche delle Filippine. E poi aggiunge: “ Ma come tutti i doni di Dio, la famiglia può anche essere sfigurata e distrutta. Essa ha bisogno del nostro appoggio. Sappiamo quanto sia difficile oggi per le nostre democrazie preservare e difendere tali valori umani fondamentali, come il rispetto per l’inviolabile dignità di ogni persona umana, il rispetto dei diritti di libertà di coscienza e di religione, il rispetto per l’inalienabile diritto alla vita, a partire da quella dei bimbi non ancora nati fino quella degli anziani e dei malati. Per questa ragione, famiglie e comunità locali devono essere incoraggiate e assistite nei loro sforzi di trasmettere ai nostri giovani i valori e la visione capaci di aiutare a promuovere una cultura di onestà – tale da onorare bontà, sincerità, fedeltà e solidarietà, come solide basi e collante morale che mantenga unita la società.”

In Sri Lanka il Papa ha ricordato che essere famiglia significa essere uniti. E lo ha fatto parlando ad un popolo che si è dilaniato per 30 anni. Un popolo che al di là dell’esotico folklore che affascina gli occidentali, si è dilaniato. Paolo VI nel suo viaggio del 1970 aveva detto: “ La nostra ultima parola è pace. Pace tra voi nell’ambito della famiglia cattolica”. Giovanni Paolo II nel 1995 concluse l’incontro con i rappresentanti delle altre religioni con parole piene di speranza: “ È pericoloso non essere insieme. È necessario essere insieme, dialogare. Vi sono molto grato per questo. Scorgo nella vostra presenza i segni della buona volontà, del futuro, per lo Sri Lanka e il mondo intero. Così posso tornare a Roma con maggiore speranza.” Ma la cronaca ci ha raccontato altro.

Ora che la strada per la normalizzazione è aperta Papa Francesco chiede ai cristiani di essere di nuovo famiglia, grazie a Maria “Madre di ogni casa, di ogni famiglia ferita, di tutti coloro che stanno cercando di ritornare ad una esistenza pacifica.” Nelle Filippine Papa Francesco parla del dramma della corruzione e della povertà. Come i suoi predecessori. Come Paolo VI che si recò in un quartiere di Manila per dire : “Sono capo e ministro della Chiesa cattolica; e sento il dovere di proclamare qui, davanti a voi, che la Chiesa vi ama; ama voi, Poveri!”

Francesco anche qui parla di famiglia. “Siate vicini a quanti, vivendo in mezzo ad una società appesantita dalla povertà e dalla corruzione, sono scoraggiati, tentati di mollare tutto, di lasciare la scuola e di vivere per la strada. Proclamate la bellezza e la verità del matrimonio cristiano ad una società che è tentata da modi confusi di vedere la sessualità, il matrimonio e la famiglia. Come sapete queste realtà sono sempre più sotto l’attacco di forze potenti che minacciano di sfigurare il piano creativo di Dio e di tradire i veri valori che hanno ispirato e dato forma a quanto di bello c’è nella vostra cultura.”

E quando parla alle famiglie riunite in una grande arena sembra voler ridisegnare il lavoro del prossimo sinodo sulla famiglia. “Stiamo attenti alle nuove colonizzazioni ideologiche. Esistono colonizzazioni ideologiche che cercano di distruggere la famiglia.- dice- Non nascono dal sogno, dalla preghiera, dall’incontro con Dio, dalla missione che Dio ci dà, vengono da fuori e per questo dico che sono colonizzazioni. Non perdiamo la libertà della missione che Dio ci dà, la missione della famiglia. E così come i nostri popoli, in un momento della loro storia, arrivarono alla maturità di dire “no” a qualsiasi colonizzazione politica, come famiglie dobbiamo essere molto molto sagaci, molto abili, molto forti, per dire “no” a qualsiasi tentativo di colonizzazione ideologica della famiglia, e chiedere a san Giuseppe, che è amico dell’Angelo, che ci mandi l’ispirazione di sapere quando possiamo dire “sì” e quando dobbiamo dire “no”.” Non entra nei dettagli il Papa. Parla di morale cristiana come se in effetti tutti fossero d’accordo sui grandi temi etici. Ingenuità forse di pensare che ancora dirsi cattolici basta per conoscere anche il catechismo. Nel mondo secolarizzato c’è bisogno in effetti di una nuova evangelizzazione, come ricordavano Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

Ma dice con forza: “ La famiglia è anche minacciata dai crescenti tentativi da parte di alcuni per ridefinire la stessa istituzione del matrimonio mediante il relativismo, la cultura dell’effimero, una mancanza di apertura alla vita.” E qui rilancia una delle encicliche più discusse degli ultimi decenni: la Humanae vitae. E non usa mezze misure: “Penso al Beato Paolo VI. In un momento in cui si poneva il problema della crescita demografica, ebbe il coraggio di difendere l’apertura alla vita nella famiglia. Lui conosceva le difficoltà che c’erano in ogni famiglia, per questo nella sua Enciclica era molto misericordioso verso i casi particolari, e chiese ai confessori che fossero molto misericordiosi e comprensivi con i casi particolari. Però lui guardò anche oltre: guardò i popoli della Terra, e vide questa minaccia della distruzione della famiglia per la mancanza dei figli. Paolo VI era coraggioso, era un buon pastore e mise in guardia le sue pecore dai lupi in arrivo.”

Qualche commentatore già si lamenta. In troppi pensavano che Papa Francesco volesse cambiare il catechismo, la fede, la morale cattolica, insomma il Vangelo. Ma non è così. Se la carica umana di Bergoglio conquista le folle, occorre ricordare a quelle folle che la Chiesa non cambia secondo il carattere del Papa. Il Vangelo è lo stesso. E Francesco lo ricorda spesso. E’ quasi un peccato che si parli più del suo aspetto esteriore, dei suo gesti, delle battute che non delle sue catechesi. Che del resto sono perfettamente nel solco della Tradizione.

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