Sri Lanka. In attesa del Papa, un nuovo presidente

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Forse non speravano in questo risultato elettorale, i cattolici dello Sri Lanka, quando hanno chiesto a Papa Francesco di non andare a visitare la loro terra perché il viaggio sarebbe potuto essere strumentalizzato dal presidente Mahinda Rajapaksa. Ma Rajapaksa ha perso le elezioni, e ha già lasciato il Palazzo Presidenziale. A vincere la tornata elettorale è stato Maithripala Sirisena, 63 anni, tra l’altro un ex ministro del governo Rajapaksa. Sarà lui ad accogliere Papa Francesco il prossimo 12 gennaio.

Una sopresa per Rajapaksa, che aveva cambiato la Costituzione per correre per il terzo mandato, e che aveva promosso le elezioni anticipate, concludendo il suo mandato con due anni di anticipo. Non una sorpresa per i più attenti lettori dei sondaggi, che vedevano profilarsi un testa a testa tra i due candidati. Ex ministro di Rajapaksa, Sirisena ha avuto i voti del Partito Nazionale Unito, all’opposizione, ma anche quello di molti ex deputati della maggioranza di Alleanza per la Libertà del Popolo Unito.

Moderato, piace alla minoranza tamil che ha affollato le urne in maniera un po’ inusuale per votarlo. Ma è stata tutta la tornata elettorale a vedere una grandissima partecipazione delle persone (quasi il 70 per cento), di certo a segnalare una volontà di cambiamento.

Sirisena si è impegnato, nel suo programma, a lottare contro la corruzione e a impegnarsi per lo sviluppo e la riconciliazione. Addirittura, ha puntato ad una riforma dell’organizzazione dello Stato, inclusa la riduzione dei poteri del presidente stesso, e l’inclusione di commissioni indipendenti per la giustizia, per i servizi pubblici, per i controlli finanziari. Ora gli spetta il compito di formare un governo di coalizione.

Come mettere insieme tutte le anime del Paese? È un problema cui deve urgentemente rispondere Sirisena, ma sul quale avrà un impatto anche Papa Francesco. Il Papa parlerà a un mondo cattolico diviso tra tamil e singalesi, come il resto del Paese, e porterà un messaggio di riconciliazione tra le etnie, oltre che al messaggio del Vangelo.

Due temi che si sviluppano attorno a due grandi eventi del viaggio del Papa: la canonizzazione di Giuseppe Vaz, missionario indiano in Sri Lanka, che rappresenterà l’unificazione dei cattolici sotto l’esempio di un santo missionario; e la visita la santuario mariano di Madhu, in territorio tamil, dove il Papa incontrerà le vittime della guerra civile, e lancerà un forte messaggio di riconciliazione nazionale.

Una riconciliazione che sembrava forse troppo lontana quando il presidente Rajapaksa aveva proclamato le elezioni anticipate proprio a ridosso della visita del Papa. Un cattolico dello Sri Lanka aveva chiesto, dalle colonne di un popolare sito, al Papa di non andare. E, per motivare la sua richiesta, aveva ripercorso la storia che aveva portato alle elezioni anticipate.

Elezioni che vengono anticipate con la scusa della visita del Pontefice, ma che in fondo sono programmate in modo da non dare all’opposizione il tempo di organizzarsi. Non solo: in periodo pre elettorale, sono comparsi manifesti che ritraggono Rajapaksa e la moglie col Santo Padre. E i media raccontavano come lo stesso presidente fosse andato in visita nelle “zone più cattoliche» del Paese, usando slogan del tipo: «Con l’aiuto di Sua Santità, tu (attuale presidente), sarai rieletto!”.

Nel 2009 il Paese ha visto la conclusione della guerra civile durata vent’anni tra Singalesi, che sono la maggioranza, e Tamil, che occupano la parte settentrionale dell’isola. Gli effetti del conflitto però permangono ancor oggi e non sono pochi i casi di discriminazione nei confronti delle minoranze etniche e religiose.

Come si legge nella seconda parte dell’appello: “Lo Sri Lanka è un paese dove persino un prete può scomparire, solo per aver scritto una lettera al Papa”. Accadde nel 2009 quando padre Francis Joseph, “scomparve” per aver scritto una lettera a Benedetto XVI denunciando i terribili atti compiuti nei confronti dei cristiani. Il sacerdote si trovava nel nord est dell’isola, dove i cattolici sono la maggioranza, in “prima linea” per la difesa dei diritti umani e dei cristiani.

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