Napoli di Lucio Amelio

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La mostra “Lucio Amelio. Dalla MODERN ART AGENCY alla genesi di TERRAE MOTUS (1965-1982)” curata da Andrea Villani è in visione fino al 09.03.2015 al MADRE (Museo di arte contemporanea Donna Regina) in via Luigi Settembrini 79 a Napoli. La mostra,è dedicata a Lucio Amelio (1931-1994) a vent’anni dalla scomparsa per ravvivare l’attenzione su di un singolare gallerista e promotore d’arte operoso in un periodo cruciale della storia di Napoli: gli anni ’70 e ‘80. Amelio produsse il meglio di sé segnalando lo stridore a Napoli fra struttura e sovrastruttura, fra cambiamento sociale e tecniche estetiche in anni di “transito delle forme”. L’energia del terremoto del 1980 avrebbe provocato il “salto nel vuoto” di Napoli da città industriale a città post-industriale, da città della classe operaia e degli intellettuali a metropoli internazionale segnata dall’avanzare dell’economia criminale e dalla crisi della borghesia meridionale. Il mondo dei segni artistici si sarebbe distanziato da questa vicenda locale riflettendola e rilanciandola in modo paradossale. Gli eventi e le suggestioni culturali degli anni ’60 nella politica, nell’economia e nell’arte – culminati nella contestazione globale del 1968 e poi, nell’elezione a sindaco di Napoli di Maurizio Valenzi nel 1975 – avevano provocato un forte mutamento nel rapporto fra politica e comunicazione sociale, fra istituzioni e creatività artistica: furono vissuti intensamente e in forma cosmopolita da Lucio Amelio. Con la sua attività di gallerista, creatore di arte e di mercato, Amelio stava proponendo una visione dell’arte alternativa sia al populismo che all’oleografia locale (diffuse nella gran parte della popolazione) sia all’arte critica e politicamente impegnata che la Sinistra andava proponendo in nome del “folklore progressivo” di Eduardo De Filippo e di Roberto De Simone con esperienze di contestazione dell’accademia di Belle Arti e della cultura di massa.

Amelio aveva una percezione di Napoli come luogo dell’arte globale. Pur rispettando le origini remote della città, aveva inteso il “Genius Loci” napoletano in sintonia con quanto di più vivo e innovativo si stava proponendo a New York, a Berlino o a Parigi. La sua partecipazione al film “La pelle” (di Liliana Cavani, 1981) avrebbe svelato quanto era stata forte l’impressione provocata dagli anni dell’occupazione americana di Napoli (1943-1945) e dall’americanismo dei primi anni ’50 nel plasmare in lui l’idea di “una città vesuviana del mondo”, intensamente connessa al dada, al pop, all’underground del mondo d’oltre oceano: Napoli/noNew York. Amelio con la sua opera contribuì per due decenni a rendere la città partenopea uno dei centri della produzione e della riflessione artistica: lo fece attraverso artisti napoletani – scoperti da lui – grandi presenze internazionali, uno stuolo di collezionisti e compagni di strada che condividevano la sua passione: “il giorno dell’arte è sempre la domenica” diceva.

Una storia che ha condotto, fra l’altro, alla nascita di un museo atipico e atopico come il MADRE (2005), una storia che trova una decisiva prosecuzione nella galleria CASAMADRE (2013) di Edoardo Cicelyn (che ha “ereditato” proprio i locali espositivi di Amelio in piazza dei Martiri). Sorse nel 1965 la “Modern Art Agency” di Lucio Amelio al Parco Margherita a Napoli come galleria dedicata ai linguaggi e alle pratiche artistiche sperimentali. Al tempo erano attive gallerie come “Il Centro” (animato da Renato Bacarelli e Dina Carola) – poi vennero Graziella Lonardi Buontempo, Giuseppe Morra, Pasquale Trisorio Marcello e Lia Rumma – e vi erano critici e curatori quali, fra gli altri, Filiberto Menna, Germano Celant, Achille Bonito Oliva, Mario Franco e illuminate figure di mecenati e collezionisti quali Vittorio Baratti, Peppino Di Bennardo, Renato e Liliana Esposito. L’attività di Amelio si articolò in un’intensa organizzazione di mostre personali e collettive pionieristiche che segnarono l’affermazione dell’Arte Povera e della Transavanguardia e approfondirono le relazioni fra arte americana ed europea delineando una ricerca che spaziava dalle pratiche d’arte concettuali a quelle performative, dalla fotografia al cinema e al teatro, dalla letteratura al suono. Warhol e Beuys si sarebbero incontrati a Napoli nella galleria di Amelio il 1 aprile del 1980.

L’attenzione di Amelio per la scena artistica “locale” si evidenziò con la rassegna della “Nuova Creatività nel Mezzogiorno” (nel giugno 1980, pochi mesi prima del terremoto devastante in Irpinia) nella quale si cimentarono artisti come Nino Longobardi e teatranti come Mario Martone, Bruno Roberti, Toni Servillo. La nascita della “Galleria Lucio Amelio” e l’istituzione, il 20 novembre del 1982, della “Fondazione Amelio” (con le sorelle Anna, Lina e Giuliana) determinò la genesi del progetto “Terrae Motus”: una collezione “in progress” che avrebbe sollecitato la produzione di opere da parte di alcuni dei più importanti artisti dell’epoca dopo il devastante terremoto dell’Irpinia del 23 novembre del 1980. “Terrae Motus” confermò l’implicazione attiva ma dissonante dell’arte nel contesto sociale.

La collezione  è oggi esposta alla Reggia di Caserta. Amelio, in realtà, immaginò di collocarla in un’ala dell’antico complesso conventuale di Santa Lucia al Monte al Corso Vittorio Emanuele a Napoli. In quelle stanze lo avrebbe filmato Mario Martone (in “Morte di un matematico napoletano”, 1992). Gli ultimi anni di vita di Lucio Amelio furono caratterizzati – malgrado la grave malattia – da un infaticabile lavoro di proposta intellettuale con convegni e manifestazioni nelle più importanti sedi culturali napoletane. Ricordiamo gli incontri al Suor Orsola Benincasa con i filosofi e studiosi dell’arte contemporanea: J. F. Lyotard, Daniel Buren, Sergio Givone, Gianni Vattimo, Stefano Zecchi. La mostra del MADRE si focalizza sul segmento 1965-1982 e presenta opere di più di cinquanta artisti tratte dalle mostre organizzate da Amelio, insieme a un corredo di documenti storici provenienti dall’Archivio Amelio e da altri archivi pubblici e privati: lettere autografe, progetti di mostre e schizzi di allestimento, fotografie, inviti, manifesti, libri, cataloghi, brochure, edizioni numerate, progetti architettonici. Si può così riattraversare la ricerca sui rapporti fra astrazione e figurazione alla fine degli anni Sessanta (con opere di Renato Barisani, Lucio Fontana. Piero Manzoni, Paolo Scheggi, fino alla successiva collaborazione con Alberto Burri, culminata nella realizzazione a Capodimonte, nel 1978, del Grande Cretto Nero).

Seguono le sale dedicate agli artisti dell’Arte Povera, in cui sono presentate opere di Pierpaolo Calzolari, Luciano Fabro, Mario e Marisa Merz, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Gilberto Zorio e la mostra personale di Jannis Kounellis con cui, nel 1969, Amelio inaugurò la nuova sede della galleria in Piazza dei Martiri. Seguono le opere e i documenti dedicati alla “Nuova Creatività nel Mezzogiorno” (1980): Vito Acconci, Lea Lublin, Charlemagne Palestine, Gruppo XX, Falso Movimento e Teatro Studio di Caserta, le ricerche concettuali (opere su carta di James Lee Byars, opere di Daniel Buren e Dan Graham), fino alle sale dedicate alla Pop Art di Andy Warhol e alla “scultura sociale” di Joseph Beuys (Fate Presto, 1982, di Warhol – ispirato alla copertina del “Mattino” del 26 novembre 1980 – e Terremoto in Palazzo, 1981, di Beuys).

La seconda parte del percorso espositivo è dedicata agli anni ’80 ed esibisce opere di artisti quali Francesco Clemente, Mimmo Paladino, Nicola De Maria, di Nino Longobardi, Luigi Ontani, Ernesto Tatafiore, accanto alle opere di Tony Cragg, Robert Rauschenberg, Gerard Richter e Cy Twombly. Chiude il percorso espositivo al terzo piano una selezione di opere fotografiche e filmiche di Bernd e Hilla Becher, Fabio Donato, General Idea, Gilbert & George, David Hockney, Mimmo Jodice, Wilhem Von Gloeden e un’ampia sala di documentazione che comprende il ritratto di Amelio di Mario Schifano.

 

Nella foto: Andy Warhol, “Lucio Amelio”, fotografia colorata e serigrafata, 1975.

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