Quanto è concreta la Dottrina Sociale? Un libro lo dimostra

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La teoria della Dottrina Sociale della Chiesa sta tutta nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa. Ma che questa poi sia un qualcosa di vivo e concreto si legge nei fatti. O anche nel racconto dei fatti da parte di un giornalista cattolico, attivo nella società e appassionato. Ed è questo il merito de “La Buona Battaglia,” libro di Carmine Alboretti (Tau Editrice).

Direttore del quotidiano online “La Voce Sociale”, Alboretti ha raccolto nel libro gli editoriali scritti nel primo anno di vita della Voce Sociale, contestualizzandoli. E il volume è arricchito da una post-fazione del vescovo Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, sull’ “Utopia di Papa Francesco.”

Leggere il libro non significa solo avere uno spaccato di quello che è successo in un anno in Italia, dal punto di vista politico, sociale, sindacale. Più che una fotografia della realtà, il libro rappresenta una lettura dei fatti. Propone un modo di andare oltre le situazioni di stallo. E fornisce una grande fonte di ispirazione: la Dottrina Sociale della Chiesa.

Le riflessioni che ne conseguono sono moltissime. La prima: perché la Dottrina Sociale della Chiesa sembra essere un attore quasi scomparso dalla scena pubblica? Considerata solo nella sua declinazione pro vita e pro life in un tempo, e considerata solo nella sua declinazione sociale in altri, la Dottrina Sociale della Chiesa è come sparita. Come sono spariti i temi ad essa legati nel dibattito pubblico. In generale, sono i temi più prettamente cattolici a non fare più presa. Non fanno presa nei discorsi politici, presi dai tecnicismi dell’economia o dalle situazioni contingenti (con tanto di piccoli scandali). Non fanno presa nemmeno sui media secolari, troppo occupati a lavorare le notizie in modo da non cercare dietro di esse un valore profondo.

“La Buona Battaglia” allora emerge come una delle pochissime voci sul campo a mostrare come la Dottrina Sociale della Chiesa non solo è una risposta, ma è probabilmente la risposta più logica per andare oltre la crisi della gestione della Cosa Pubblica.

Questo suscita una riflessione ulteriore: perché i media cattolici si sono come arresi alla logica secolare, e non guardano più alla costruzione dei valori? I dibattiti che ormai si fanno sui giornali – lodevoli e importanti per ‘scuotere’ l’opinione pubblica – hanno come scopo quello di catturare l’attenzione di un pubblico generalista, abituato proprio alle logiche secolari. Ma forse è arrivato il momento di fare una battaglia di identità, per i media cattolici. Di andare oltre il mondo della comunicazione così come è (con tutte le sue leggi – anche discutibili – da accontentare) e di piuttosto creare un nuovo modello.

Un modello che Carmine Alboretti sta sperimentando giorno dopo giorno sulla “Voce Sociale” e del quale dà un saggio nel suo libro. Un libro scritto da un giornalista, senza alcuna pretesa ulteriore di quella di fare il giornalista. Ma proprio questo è il ruolo sociale del giornalista: fare da mediatore tra la realtà e i lettori; fornire delle lenti attraverso cui comprendere le cose; lanciare dei temi senza il timore di essere fazioso. È così che il giornalista diventa un animatore culturale. E ha la capacità di suscitare domande che in pochi si vogliono porre.

Sullo sfondo, resta la domanda delle domande: se la Dottrina Sociale è così viva ed efficace, perché i cattolici e non solo non si impegnano un po’ di più per promuoverla?

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