Taranto: la Chiesa e l’Ilva

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Quest’anno è ricorso il 25° anniversario dalla visita di Papa Giovanni Paolo II a Taranto, che vi giunse il 28 ottobre 1989. Visitò dapprima l’Ilva, poi incontrò la cittadinanza in piazza. E per l’occasione il vescovo della diocesi, mons. Filippo Santoro, ha ribadito che la Chiesa difende il primato della vita e della dignità umana: “Amo l’immagine di una Chiesa che costruisce ponti… La convinzione fondamentale dell’agire pastorale che ispira questo rinnovato corso di prossimità è che la Chiesa non si occupa di politica né di economia, ma è promotrice di un tessuto sociale che abbia cura degli ultimi, dei deboli. A Taranto la promozione sociale, umana, non può non passare nel groviglio dell’Ilva, una vicenda intricata e alquanto problematica.

La grave emergenza ambientale è stato il risultato di un pluriennale piano di sviluppo industriale che ha sconvolto la terra pugliese, portando occupazione e lavoro, ma, al tempo stesso è stato la causa della morte di tante persone, della malattia di tante altre ed ha profondamente contaminato il territorio. La convinzione fondamentale dell’agire pastorale che ispira questo rinnovato corso di prossimità è che la Chiesa non si occupa di politica né di economia, ma è promotrice di un tessuto sociale che abbia cura degli ultimi, dei deboli.

A Taranto la promozione sociale, umana, non può non passare nel dedalo dell’Ilva, una vicenda intricata e alquanto problematica. La grave emergenza ambientale è stato il risultato di un pluriennale piano di sviluppo industriale che ha sconvolto la nostra terra ha portato sì occupazione e lavoro, ma, al tempo stesso è stato la causa della morte di tante persone, della malattia di tante altre ed ha profondamente contaminato il territorio in cui viviamo”.

Il nucleo centrale della situazione tarantina mons. Santoro lo ha tracciato presentando i discorsi di papa Giovanni Paolo II nella sua visita pastorale del 1989, definita ‘l’enciclica tarantina’: “Lasciamoci sorprendere dalla profezia di Giovanni Paolo II che ci ha incontrati ed ha saputo dirci parole così vere… Quando ho riletto, con una certa avidità, tutti i discorsi di Giovanni Paolo II, quelli che in maniera illuminata, il cardinale De Giorgi, volle ribattezzare e raggruppare sotto il titolo di Enciclica Tarantina, ho sentito riecheggiare il manifesto del papa ormai santo, e cioè la sua prima enciclica, la Redemptor Hominis, dove egli traccia con coraggio un umanesimo che raggiunge la sua massima statura solo con Cristo…

Non è però l’analisi delle catastrofi, delle sventure, l’oggetto del magistero petrino, bensì la pertinenza dell’annuncio del Vangelo. Dobbiamo continuare ad annunciare. Dobbiamo portare Cristo. Dobbiamo incarnare Cristo. Il compito fondamentale della Chiesa, continua la Redemptor Hominis (n. 10), di tutte le epoche e, in modo particolare, della nostra, è di dirigere lo sguardo dell’uomo, di indirizzare la coscienza e l’esperienza di tutta l’umanità verso il mistero di Cristo, di aiutare tutti gli uomini ad avere familiarità con la profondità della Redenzione, che avviene in Cristo Gesù.

Contemporaneamente, si tocca anche la più profonda sfera dell’uomo, la sfera, intendiamo, dei cuori umani, delle coscienze umane e delle vicende umane. Poi, con mirabile efficacia, il papa, nel medesimo documento ribadisce la necessità di essere in comunione. Che tutti siano uno”.

Ed in uno di questi discorsi agli operai papa Giovanni Paolo II ricordò la visita agli stabilimenti Ilva nel Natale del 1968 del beato Paolo VI: “La Chiesa non può restare indifferente di fronte a questa situazione, che coinvolge tanti suoi figli, ponendo una pesante ipoteca sul loro presente e sul loro futuro. Nella questione sociale entrano sicuramente fattori di ordine economico, tecnico, politico; essa, però, ha innanzitutto risvolti direttamente umani, che non possono essere posposti agli altri nella ricerca di una soluzione adeguata.

Il Papa è qui per ricordarlo a quanti debbono dare il loro contributo all’adozione di opportune misure per fronteggiare la crisi. Questo stesso intendimento mosse il mio predecessore, Papa Paolo VI, a venire tra voi, vent’anni or sono, quando questo centro siderurgico era in piena espansione. Nel Natale del 1968, fra questi altiforni, egli volle ancora una volta sottolineare con forza la necessità di saldare tra loro il progresso tecnologico e la ricerca della giustizia, nella prospettiva del messaggio di ‘Gesù, l’operaio profeta, il maestro e l’amico dell’umanità, il Salvatore del mondo’.

Alcuni tra voi, forse, sono stati presenti allora e possono aiutarci a ricordare quell’evento, che fece di Taranto il podio per lanciare, ‘come uno squillo di tromba risonante nel mondo’, un rinnovato richiamo all’insopprimibile aspetto etico della questione sociale… Vi è, inoltre, la grave situazione ecologica, con le sue preoccupanti ripercussioni sulla natura, sul patrimonio zoologico ed ittico e sulla vita quotidiana delle persone.

Il campanello di allarme è già scattato, anche qui a Taranto. Occorre ora far sì che le decisioni dei responsabili ne tengano conto, cosicché l’ambiente non venga sacrificato ad uno sviluppo industriale dissennato: la vera vittima, nel caso, sarebbe l’uomo; saremmo tutti noi”.

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