Il Natale in Terra Santa

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A pochi giorni dalle feste natalizie Sua Beatitudine Mons. Fouad Twal, patriarca latino di Gerusalemme, ha trasmesso il messaggio di Natale attraverso il suo vicario a Gerusalemme e Palestina, mons. William Shomali, durante la conferenza stampa tenutasi al Terra Santa College, in occasione dell’inaugurazione del nuovo Christian Media Center, ripercorrendo le tappe fondamentali di questo anno che si avvia alla conclusione, specialmente la visita di papa Francesco e le tristi vicende di Gerusalemme e della Terra Santa:

“Uno dei ‘tempi migliori’ di quest’anno è stato il pellegrinaggio del Santo Padre in Terra Santa. E’ stato un successo sul piano pastorale ed ecumenico. Questa visita ha prodotto poi la bella riunione di preghiera nei Giardini Vaticani con il presidente Abbas, l’ex-presidente Peres e il Patriarca Bartolomeo. Anche se non siamo stati in grado di vedere i frutti concreti, ogni preghiera è valida e i frutti possono arrivare più tardi, come l’olivo piantato in questa occasione potrebbe dare molti frutti in futuro”.

Poi ha ricordato le difficoltà di vita in quella terra delle famiglie e le parole di speranza del Sinodo, che “ci ha dato la possibilità di guardare le molte sfide che le famiglie devono affrontare. Si è presentata l’occasione per fare appello alla saggezza e alla vera speranza. Il Sinodo ha ribadito l’unità e l’indissolubilità dell’istituzione del matrimonio. Se ci saranno ancora progressi da compiere, se ne occuperà il Ministero per le coppie separate e coppie di risposati. In Terra Santa, il nostro problema principale riguarda un altro argomento.

Molte famiglie soffrono per la mancanza di documenti legali che permettono alla coppia di vivere insieme quando il matrimonio è tra un palestinese e non-palestinese. E’ difficile quindi ottenere un visto o la residenza per i coniugi non-palestinesi. Qui chiediamo al governo israeliano di allentare le attuali restrizioni sul ricongiungimento familiare. Abbiamo sentito la settimana scorsa che più di 593 casi di ricongiungimento familiare sono stati accettati. Si tratta di un passo positivo che accogliamo con favore, ma che è ancora lontano dall’essere sufficiente vista l’immensità dei bisogni”.

Ed infine ha ricordato la gioia per la firma di papa Francesco del decreto per la canonizzazione di due sante palestinese: Mariam Bawardi, di Ibillin in Galilea e fondatrice del monastero carmelitano di Betlemme; Marie Alphonsine Ghattas, co-fondatrice delle Suore della Congregazione del Rosario: “Le due sante sono una fonte di speranza per il futuro. Contiamo sulla loro intercessione per la pace in Terra Santa”.

Ma ci sono stati anche fatti negativi, fra cui la recrudescenza di una guerra devastante, che ha sconvolto la popolazione: “Negli ultimi 10 anni, Gaza ha subito tre guerre, migliaia di persone sono state uccise e centinaia di migliaia di feriti a seguito della distruzione e disperazione… Grandi sono le responsabilità dei dirigenti politici, israeliani e palestinesi, nel trovare e facilitare una soluzione. Grande è anche la responsabilità della comunità internazionale per aiutare entrambi le parti ad aiutare se stessi…

Condanniamo la guerra a Gaza e deploriamo le sue drammatiche conseguenze: morte, distruzione; e allo stesso tempo, condanniamo ogni forma di violenza o di vendetta contro persone innocenti, come l’uccisione di persone che pregano in una sinagoga e gli attacchi contro le moschee… Purtroppo, la nostra amata Città Santa di Gerusalemme è sotto il sangue e le lacrime. Non vogliamo un antagonismo religioso in questa Città Santa, la cui missione è quella di essere la città della pace e della convivenza inter-religiosa”.

Ed infine ha ricordato la tragedia dei profughi, soprattutto cristiani, siriani ed irakeni: “Durante le visite pastorali nelle nostre parrocchie, abbiamo potuto sentire, toccare e sperimentare la tragedia di molti rifugiati provenienti da Siria e Iraq: le famiglie che hanno perso le loro case, il loro lavoro, le loro famiglie ed i loro genitori. E’ toccante vedere questi bambini che corrono nella polvere dei campi, senza scopo e direzione nella vita.

Accanto alla tragedia disumana che si dispiega in Medio Oriente nel sangue, e che fa piangere la regione, siamo tutti sorpresi di fronte al fatto che questi giovani abbracciano ideologie radicali e vadano a combattere in Siria e in Iraq. D’altra parte, vediamo una chiara condanna da parte dei leader arabi e musulmani, di queste ideologie religiose radicali”.

Ed ha augurato un Santo Natale a tutti, perché: “La Nascita di Gesù è una promessa di misericordia, di amore e di pace per innumerevoli persone che soffrono nella sofferenza e nella tribolazione, per coloro che vedono le loro vite spezzate e i loro sforzi ostacolati dalla lotta e dall’odio tumultuoso in questi giorni di tempesta”.

Però i cristiani del Medio Oriente non si sentono sicuri nella loro terra, come ha sottolineato il patriarcato di Gerusalemme: “In certi paesi essi sono respinti, cacciati, decimati, spogliati dei loro diritti. I conflitti politici che si prolungano, la riduzione della libertà religiosa, o gli attacchi improvvisi e terribili dei combattenti dell’Isis (Daesh) in Iraq o in Siria, contro comunità religiose o parrocchie, hanno rilanciato con urgenza una domanda che da molto tempo si pone: forse bisogna partire?”.

Quindi, pur condividendo il desiderio di partenza di molti cristiani, la Chiesa invita a non disperdere il frutto di 2000 anni di storia e di ritornare al più presto: “Il caso attuale dei Cristiani d’Oriente non è isolato. Dalla nascita della Chiesa, i cristiani sono stati vittima di numerose persecuzioni attraverso i secoli. Se i primi cristiani non si fossero protetti, nascosti, che cosa resterebbe oggi della fede cristiana?

E’ necessario sapere riconoscere che l’esilio è legittimo, quando la minaccia della morte o la paura sono i soli argomenti che spingono alla partenza. Lo stesso, come i primi cristiani hanno osato recarsi in contesti ostili, coloro che partono condividono, con tutta la Chiesa, il dovere e la responsabilità di tornare e riprendere l’annuncio del Vangelo cominciato duemila anni fa e mai concluso”.

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