Papa Francesco, pomeriggio di festa in una parrocchia di periferia

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Via Boccea è un fiume di gente che attende il passaggio del corteo papale, diretto alla Parrocchia di San Giuseppe all’Aurelio, nel settore ovest della diocesi di Roma. Papa Francesco arriva poco prima delle 16, accolto dal cardinale Vicario Agostino Vallini, dal vescovo ausiliare Paolo Selvadagi e dal parroco padre Giuseppe Lai, degli Oblati di San Giuseppe.
Lo salutano cori festosi: “Fran-ce-sco! Fran-ce-sco! Fran-ce-sco!”. “Per quale squadra tifate?” scherza il Papa in risposta.

Incontrando i bambini e i ragazzi del catechismo, Francesco ricorda che quest’anno è ricorso il 70mo della sua prima comunione, 8 ottobre 1944. “A quel tempo, prima della Messa, tu non potevi nemmeno bere un goccio d’acqua… È stato Pio XII che ci ha salvato da questa dittatura”, sorride Francesco. “Nel pomeriggio siamo tornati in chiesa per fare la cresima, lo stesso giorno. Tutti i bambini in circolo nella chiesa, passava il vescovo e ci dava la cresima”. “Voi che farete la prima comunione – invita il Papa – ricordate sempre, tutta la vita, quella giornata: il primo giorno che Gesù è venuto, perché Lui viene, si fa uno con noi, si fa nostro cibo, nostro pasto”.
Francesco esorta inoltre a ricordare i propri catechisti: “Quando la mia catechista è morta, il 17 ottobre dell’87, io sono stato tanto con la sua salma, perché quella suora mi ha avvicinato a Gesù”. Quindi “non dimenticare i catechisti, d’accordo? Non dimenticare la data, d’accordo? E ogni anno, nella ricorrenza, andare a fare una bella confessione e la comunione, d’accordo?”. Il sì è corale, quindi il Papa benedice i bambinelli del presepe, come già questa mattina a San Pietro.
“Che sia pace, lavoro e speranza”, è il messaggio affidato alle famiglie in difficoltà e a quelle nomadi incontrate subito dopo. “Il Signore è vicino e ci vuole bene. Ringrazio coloro che fanno la scuola della pace, qui. Grazie perché porterà frutti”. Ai 61 ammalati salutati a seguire, il Papa dice: “Vi ringrazio per la vostra testimonianza di pazienza e amore. Voi siete la vera forza della Chiesa. Andate avanti con la pace e la gioia del Signore”. “La maggioranza di noi sono del secolo scorso, ma dobbiamo guardare avanti con speranza. La speranza ci dà pace e gioia”, aggiunge Francesco, riprendendo il tema liturgico di questa terza domenica di Avvento, detta della Gioia.
Il Papa ha quindi salutato una ventina di sacerdoti della Curia generalizia degli Oblati, prima di intrattenersi con 60 neonati battezzati nel corso dell’anno, insieme ai loro genitori. “Bello vedere tanti bambini! Un bambino ci porta al futuro, è un seme di futuro” esclama Francesco. Rivolgendosi ai genitori il Papa nota che loro trasmettono ai figli i propri desideri, e li invita a pregare il Signore perché protegga i loro bambini. “Noi diamo loro la fiaccola della fede” osserva, prima di domandare quanti dei presenti ricordano la data del proprio battesimo. Il piccolo Bergoglio è stato battezzato ad appena 8 giorni, nel Natale del 1936: “È un giorno di festa per voi, perché è il giorno in cui avete incontrato Gesù”. Il Papa afferma infine che il pianto del bambino in chiesa “è la migliore predica”.
“Il pianto di questi bambini può essere come la voce di Dio” ha concluso, esortando a non allontanarli quando piangono in chiesa. Francesco ha quindi confessato cinque fedeli, prima di presiedere la Messa. “La Chiesa in questa domenica anticipa un po’ la gioia del Natale – premette il Papa nell’omelia – e per questo si chiama domenica della Gioia”. E per tale ragione si indossano i paramenti rosa, “perché fiorisce la gioia del Natale”. È una “gioia speciale”, che non dura “solo per il giorno di Natale, ma per tutta la vita dei cristiani”, ed è “un dono del Signore”. “Un bel ‘pranzone’ per Natale va bene, ma la gioia cristiana è un’altra cosa” precisa il Pontefice. Questa “viene dalla preghiera e dal grazie a Dio”.
“Ci sono persone che non sanno ringraziare Dio, ma cercano sempre qualcosa per lamentarsi” si rammarica Francesco. “Un cristiano non può vivere così – prosegue – questo non è cristiano. Fa male trovare dei cristiani con la faccia amareggiata, con la faccia inquieta dell’amarezza, che non è in pace. Mai un santo ha avuto una faccia funebre, ma della gioia, o almeno della pace”. Lo stesso Gesù, dalla croce, “si preoccupa per gli altri”. Ma come raggiungere questa gioia cristiana? Occorre “pregare e rendere grazie” spiega Francesco. “Ricorda la tua vita – esorta il Papa – e pensa a tante cose buone che la vita ti ha dato: una famiglia cristiana, dei genitori cristiani, un lavoro, una famiglia che non soffre, siamo sani… Questo ci abitua alla gioia”. E, terzo: “portare agli altri il lieto annuncio. Noi siamo cristiani, cristiani viene da Cristo, che significa ‘unto’. Noi siamo unti e dobbiamo portare l’unzione della gioia e della pace”.
“Per avere questa gioia – ribadisce Papa Francesco – occorre: pregare che io viva questo Natale con la vera gioia; rendere grazie al Signore per le tante cose buone che ci ha dato; portare un po’ di sollievo a quelli che soffrono”.
Al termine della Messa, Francesco ha incontrato gli operatori pastorali della parrocchia, prima di far rientro in Vaticano.
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