Dopo 50 anni il Sermig è sempre più giovane

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Domenica 7 dicembre, Andrea, Lorenzo e Simone, tre ‘consacrati’ del Sermig, hanno ricevuto dal vescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, gli ordini minori, primo passo verso il diaconato ed il sacerdozio.

Nella lettera per il tempo di Avvento, Ernesto Olivero ha scritto: “A noi è stato dato un dono che si chiama Sermig, che si chiama speranza e la nostra eternità ce la giochiamo se siamo fedeli a questo dono, come suggerisce il Papa in questo anno che la chiesa dedica alla famiglia e alla vita consacrata: ‘Troverete la vita dando la vita, la speranza dando speranza, l’amore amando’.

Se ognuno di noi riuscirà a vivere pienamente il dono che il Signore ci ha dato, non invecchieremo mai e l’abitudine e il giudizio non entreranno mai nella nostra vita… La gente incontrandoci dovrebbe vedere in noi Cielo e terra toccarsi, non dovrebbe vedere ragazze e ragazzi bizzosi, ragazzi che ruotano intorno all’io, e sono scene già viste miliardi di volte”.

Partiamo da questa grande festa per raccontare i primi 50 anni del Servizio missionario giovani (SERMIG), fondato a Torino il 24 maggio 1964 da Ernesto Olivero insieme ad un gruppo di giovani, con il desiderio di sconfiggere la fame nel mondo tramite opere di giustizia, promuovere lo sviluppo, vivendo la solidarietà verso i più poveri.

Nato inizialmente come gruppo missionario con l’intento di cooperare con vari missionari sparsi nel mondo, successivamente il Sermig ha iniziato ad occuparsi anche della povertà presente in Torino, allargando nel contempo la sua opera ad altri luoghi in tutto il mondo. Alla fine è diventato un ‘monastero’, una frraternità di giovani laici consacrati, che accolgono altri giovani, sapendo che ‘la bontà è disarmante’.

Dal 2 agosto 1983 la sede è l’ex arsenale militare di Torino, ribattezzato Arsenale della Pace, una superficie di 45.000 metri quadrati che migliaia di giovani, di donne e uomini, con il loro lavoro gratuito e i con contributi volontari, hanno trasformato in una casa di accoglienza per i poveri, offrendo rifugio per la notte, pasti, cure sanitarie, sostegno a persone che vogliono cambiare la loro vita; una casa di formazione per i giovani (Università del Dialogo per l’educazione alla convivenza tra culture, alla pace e per affrontare i grandi temi dell’esistenza; scuola per artigiani restauratori, laboratorio del suono per il perfezionamento musicale); una casa dove ‘ognuno può ritrovare silenzio e spiritualità, se stesso e il respiro del mondo’, nel mezzo del ‘Baloon’.

Dal 1996 la fraternità del Sermig opera anche in Brasile con l’Arsenale della Speranza per l’accoglienza del popolo della strada di San Paolo e dal 2003 in Giordania con l’Arsenale dell’Incontro, un luogo di accoglienza per giovani portatori di handicap e di incontro e dialogo fra persone di diversa provenienza. Ed ogni capodanno accoglie tanti giovani per il tradizionale ‘Cenone del Digiuno’. Recentemente ha organizzato il 4^ Mondiale dei Giovani della Pace a Napoli, lanciando una ‘lettera alla coscienza’.

Ad Ernesto Olivero abbiamo chiesto di raccontarci cosa ha detto ai 40.000 giovani: “La giornata di Napoli è stata una delle più belle della mia vita. Piazza del Plebiscito lo scorso 4 ottobre è stata una piazza vuota di odio: migliaia di giovani da tutta Italia e da altri Paesi del mondo, che si sono pagati le spese, per dire al mondo che è possibile cambiare, è possibile ascoltare la coscienza, la parte più vera di sé, quella che fa dire i sì e i no che contano nella vita. Io in fondo, ho dato voce a questi desideri.

Ai giovani dico sempre che il mondo si può cambiare, ma solo se ognuno cambia, ognuno si mette in gioco, ognuno accetta di vivere una vita piena. In questo momento storico è difficile sperare, ma chi impedisce a un giovane di fare politica e non rubare? Chi impedisce di diventare un prete e di essere santo? Chi impedisce di diventare padre o madre di famiglia e vivere per gli altri? Chi impedisce di diventare un economista e mettere al centro la dignità dell’uomo? Se i giovani capiscono questo, il mondo cambia”.

E cosa hai detto invece ai ‘Grandi’ adulti assenti?
“Ho detto che hanno perso una grande occasione. Forse non si sono voluti confrontare con chi fa fatica, con il sudore delle scelte, con il sacrificio, con risorse nascoste che chiedono solo di trovare casa e il loro spazio. Avremmo voluto condividere tutto questo insieme ai grandi della Terra, ma non lo hanno ritenuto opportuno. Detto questo, non ci fermiamo. A Napoli, abbiamo lanciato una ‘Lettera alla Coscienza’ che vorremmo diffondere ovunque. Vorremmo farla entrare davvero nei palazzi di potere come segno di speranza. Ci crediamo!”

Perché i giovani sono il patrimonio dell’umanità, come hai scritto in un libro?
“Sono un patrimonio perché in loro sono seminati la santità, l’intraprendenza, il coraggio. I giovani, se vogliono, possono prendere il buono del passato per renderlo presente e futuro. Oggi i giovani sono i più poveri tra i poveri, perché il mondo degli adulti li ha traditi. Ma anche loro hanno delle responsabilità, ogni volta in cui si sono sballati, non hanno creduto nei loro sogni, non hanno investito i loro talenti. La coscienza ti fa andare proprio in questa direzione. E’ quello che abbiamo voluto comunicare a Napoli”.

Dopo 50 anni cosa è il Sermig?
“Il Sermig in 50 anni è cambiato, la sua strada si è allargata, ma senza fare mai programmi. Quello che siamo lo ha deciso il campanello, le situazioni concrete che ci arrivavano alla porta. Non dimenticherò mai il dito puntato di un giovane che negli anni ’80, in un incontro pubblico, si alzò e disse: ‘Tu, Olivero, stanotte dove dormi?’. Io non capivo. ‘Ehi, dico a te, Olivero, tu dove dormi?’.

Continuavo a non capire. Eravamo un gruppo missionario, perché quella domanda? ‘Allora, dove dormi?’. Ricordo che non risposi ma quella sera avvertii mia moglie che non sarei tornato a casa. Andai con quel ragazzo alla stazione della mia città e scoprii l’inferno. All’epoca Torino offriva appena venti posti per la povera gente.

Se oggi nei nostri Arsenali a Torino, Madaba e San Paolo del Brasile ogni notte dormono più di 2.000 persone è proprio grazie a quel dito puntato che ci ha fatto cambiare i programmi. Tutto è nato così: le accoglienze, i progetti umanitari in 140 Paesi del mondo, le scuole di musica, di restauro, la rete dei nostri volontari. Non so cosa faremo in futuro. So che avremo dei punti fermi: la fedeltà a Dio e agli uomini. Perché puoi cambiare delle idee, ma mai gli ideali”.

Alcuni mesi fa il Sermig ha avuto il riconoscimento canonico della fraternità: quale significato ha?
“E’ stata senza dubbio una carezza, ancora più bella perché arrivata nel ricordo dei nostri primi 50 anni. All’inizio, avevamo il sogno di sconfiggere la fame nel mondo, di vivere nella Chiesa, di risvegliare la speranza assopita nel cuore dell’uomo. Questi sogni ci accompagneranno ancora ed è bello che siano stati riconosciuti. Poi, come ci ha detto il nostro padre Vescovo, mons. Cesare Nosiglia, la natura del Sermig non cambia. Piuttosto sentiamo ancora di più la nostra responsabilità”.

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