Santa Sede all’OCSE: “Moltiplicare gli sforzi per la pace”

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La richiesta di un impegno comune per la pace unita al biasimo perché in fondo in molti casi non c’è stata la volontà politica di intervenire. L’arcivescovo Dominique Mamberti, che fino a gennaio resterà ministro degli Esteri Vaticano per poi passare al prestigioso incarico di Prefetto della Segnatura Apostolica, parla di fronte al Consiglio Interministeriale dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo in Europa (OCSE), che si è svolto a Basilea il 4 e 5 dicembre. E mette in luce pregi e difetti di una organizzazione che si è trovata ad affrontare dei focolai di violenza nell’area dei Paesi interessati. In particolare in Ucraina, la cui situazione è seguita “con interesse e preoccupazione” dalla Santa Sede. “Abbiamo bisogno di ponti e non di muri che mettano in collegamento le persone da Vancouver a Vladivostok, diffondendo pace in tutto il mondo”, afferma Mamberti.

“Il bene comune di tutti i cittadini della Regione OCSE, in particolare di quelli le cui vite sono sotto minaccia o i cui diritti e libertà vengono gravemente compromessi, deve diventare il nostro obiettivo principale. La pace è un bene indivisibile. O è il bene di tutti o di nessuno. Perciò, dovremmo lavorare per la pace con determinazione,” ha detto Mamberti.

Sono tre gli anniversari importanti che il Segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati ricorda: i 100 anni dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, i 75 anni dallo scoppio della Seconda, i 25 anni dalla caduta del Muro di Berlino. Sono due moniti e un inno alla libertà. Ma è soprattutto la paura che una seconda ondata di violenza scoppi (Papa Francesco ha parlato spesso di “Terza Guerra Mondiale a pezzi”).

Mamberti però sottolinea che “è nostra convinzione che il miglior modo di risolvere la situazione attuale sia attraverso il dialogo e la negoziazione che porti il beneficio non solo di quanti sono direttamente coinvolti ma anche il beneficio di tutta la comunità internazionale. Non ci dovrebbe essere no esitazione e mancanza di buona volta nell’usare tutti i possibili mezzi per raggiungere una posizione pacifica.”

L’Ucraina, un focolaio di guerra in Europa di cui nessuno parla, è una preoccupazione costante. Il ministro degli Esteri vaticano accoglie con favore parte del lavoro che l’OCSE ha fatto per garantire la pace nell’area, reagendo alla violenza, per esempio l’invio della Missione Speciale OCSE di Monitoriaggio. Ma dall’altra parte si lamenta che “nel mezzo di valenti sforzi del Forum per la Sicurezza e la Cooperazione, non sono stati implementati altri strumenti di valore che la nostra organizzazione possiede, come il Documento di Vienna o il Codice di Condotta,” scelta che ha impedito “l’emergere di condizioni necessarie per lo stabilimento dell’attuale crisi”.

Secondo Mamberti, “nostro imperativo morale deve essere di evitare, con tutti i mezzi possibili, gli orrori e le divisioni del passato, troppo spesso suscitati da una propaganda senza senso e mossa da interessi comuni”. Invece, afferma il ministro degli Esteri vaticano, “nessuno sforzo deve essere risparmiato nel costruire e rafforzare la pace, che tutti ci siamo impegnati a perseguire.” Una pace in cui “nessuno si sentirà sotto minaccia dove la libertà di nessuno sarà compromessa”.

“Non possiamo rimanere in silenzio di fronte a decine di migliaia di Cristiani che sono perseguitati e uccisi in ogni parte del mondo ogni anno,” anche quelli che si trovano in aree al confine della Regione OCSE”. “Non c’è dubbio che ci si deve opporre e si devono condannare questi crimini, profondamente deplorevoli, che mettono anche la sicurezza degli Stati a rischio”, sottolinea Mamberti.

Il quale poi mette in luce l’impegno che l’organizzazione ha portato avanti in termini di diffusione dei diritti umani e di lotta al traffico di esseri umani.

“Gli Stati che partecipano all’OCSE hanno riconosciuto e ripetutamente riaffermato che la sicurezza va oltre le questioni politico militari,” e che include “come parti integrali, questioni legate alla sfera economica e ambientale, come i diritti umani”. In realtà “l’OCSE ha posto il rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali, della democrazia e dello Stato di diritto al vero centro di qualunque risposta efficace alle minacce alla sicurezza”.

E, nell’ambito dei diritti umani, “non c’è dubbio che tutti gli esseri umani sono nati liberi e uguali in dignità e diritti e sono uniti in un’unica famiglia umana. Perciò, la Santa Sede accoglie con gratitudine la continua attenzione dell’OCSE sul traffico degli esseri umani.” Allo stesso tempo, la Santa Sede richiama l’attenzione sulla necessità di difendere la libertà religiosa, il primo dei diritti umani.

Infine, la Santa Sede chiede un impegno comune. “L’OCSE, gli stati che vi partecipano e i loro partner di cooperazione, devono sollevare la loro voce contro le ingiustizia e contro la brutale violazione dei diritti delle persone semplicemente a causa della loro fede. Ciò di cui c’è bisogno, come il Santo Padre ha detto durante la sua recente visita in Turchia, è una nuova solidarietà tra Cristiani e Musulmani nel combattere il terrorismo, e un impegno comune da parte di tutti, basato sulla fiducia comune, che può aprire la strada per la pace.”

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