Papa Francesco al Consiglio d’ Europa: la pace è come un albero con radici nella verità

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Pace per il mondo da raggiungere con la multipolarità e la trasversalità. Papa Francesco al Consiglio d’ Europa riprende temi antichi con parole nuove.  La pace, minacciata in molte parti del mondo, è una realtà in Europa, oggi ma non è una ovvietà. Così Papa Francesco a 65 anni dalla fondazione della prima istituzione europea che accoglie anche paesi non europei per storia e geografia, inizia il suo discorso con una frase che gli è cara: la via privilegiata per la pace è “riconoscere nell’altro non un nemico da combattere, ma un fratello da accogliere”.

Francesco riprende un tema sviluppato nella Evangelii gaudium, che vede la pace come frutto di una dinamica di movimento. Gli attentati alla pace però sono tanti, dal traffico della armi alla mancata umanizzazione che rende le persone merce di scambio.

La ricetta di Papa Francesco per il raggiungimento della pace, vera e profonda, è racchiusa nel verso di un poeta italiano formato dall’umanesimo risorgimentale e poi convertito al cattolicesimo tanto da diventare sacerdote: Clemente Rebora.

Una poesia che parla di un albero, con le radici nella verità, il tronco forte e le fronde spinte verso il cielo.

Come nel discorso al Parlamento Europeo il Papa aveva usato la immagine della “Scuola di Atene” di Raffaello per indicare la necessità di unire terra e cielo, così la immagine dell’albero offre a Francesco la opportunità di spiegare che se le radici non si alimentano della linfa della verità nessuna società è veramente libera, umana e solidale.

E, aggiunge il Papa. “Occorre poi tenere presente che senza questa ricerca della verità, ciascuno diventa misura di sé stesso e del proprio agire, aprendo la strada dell’affermazione soggettivistica dei diritti, così che al concetto di diritto umano, che ha di per sé valenza universale, si sostituisce l’idea di diritto individualista. Ciò porta ad essere sostanzialmente incuranti degli altri e a favorire quella globalizzazione dell’indifferenza che nasce dall’egoismo, frutto di una concezione dell’uomo incapace di accogliere la verità e di vivere un’autentica dimensione sociale.”

Parla spesso di una Europa stanca e sfiduciata il Papa, ma non fa accenno al motivo profondo di questa sfiducia e non accenna alla secolarizzazione. Propone invece come soluzione la multipolarità, che di fatto si identifica con la multiculturalità. Una “sfida di un’armonia costruttiva, libera da egemonie che, sebbene pragmaticamente sembrerebbero facilitare il cammino, finiscono per distruggere l’originalità culturale e religiosa dei popoli.”

E poi la trasversalità, che si può tradurre con la realtà che le idee condivise sono, per le generazione contemporanee, molte di più che nel passato. Dalle divisioni ideologiche e idealiste insomma si è passati ad idee comuni più pragmatiche che oggi chiedono non solo un dialogo tra istituzioni, ma una maggiore capacità di incontro tra persone.

Da qui l’auspicio del Papa per il futuro dell’Europa perché “si instauri una nuova collaborazione sociale ed economica, libera da condizionamenti ideologici, che sappia far fronte al mondo globalizzato, mantenendo vivo quel senso di solidarietà e carità reciproca che tanto ha segnato il volto dell’Europa grazie all’opera generosa di centinaia di uomini e donne – alcuni dei quali la Chiesa cattolica considera santi – i quali, nel corso dei secoli, si sono adoperati per sviluppare il continente, tanto attraverso l’attività imprenditoriale che con opere educative, assistenziali e di promozione umana. Soprattutto queste ultime rappresentano un importante punto di riferimento per i numerosi poveri che vivono in Europa. Quanti ce ne sono nelle nostre strade! Essi chiedono non solo il pane per sostenersi, che è il più elementare dei diritti, ma anche di riscoprire il valore della propria vita, che la povertà tende a far dimenticare, e di ritrovare la dignità conferita dal lavoro.”

Su queste basi il Papa sembra prospettare una Europa dove il cristianesimo è di fatto non l’elemento fondante e assoluto, ma una realtà che contribuisce ad un umanesimo più ampio.

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