Internet: i ragazzi sono affetti da dipendenza

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La dipendenza da internet, soprattutto tra gli adolescenti, è sempre in agguato sempre più massiva. Secondo una tra le più recenti indagini, condotta dall’Università di Tapei, che ha preso in esame 2315 studenti, tra coloro che erano risultati non dipendenti da internet un anno prima, il 15% dopo 12 mesi aveva sviluppato una dipendenza: si trattava di studenti che più degli altri si erano dedicati ad attività online trascurando le attività scolastiche, che riferivano di uno stato di depressione e che avevano iniziato a consumare nicotina.

Ma anche i ragazzi italiani sono molto a rischio secondo la ricerca dell’Aiart (associazione spettatori), ‘Internet-patia’: la ricerca ha messo in luce che in Italia l’esperienza più significativa è quella dell’Ambulatorio dedicato alla cura degli Internet Addiction Disorders (IAD) nel Policlinico Universitario ‘Agostino Gemelli’ di Roma.

Dall’avvio delle attività, cinque anni fa, l’Ambulatorio ha preso in carico oltre 700 pazienti, di cui l’80% adolescenti dagli 11 ai 24 anni, per lo più di sesso maschile, fruitori di chat, social network e giochi di ruolo. I casi più gravi parlano di ragazzi connessi ad internet anche 18 ore al giorno. Per l’Aiart, passo fondamentale è far entrare nei programmi scolastici in modo più incisivo la media education, basta dire infatti che oramai più del 6% della famiglie ha accesso a internet.

Per comprendere meglio la gravità del fenomeno abbiamo chiesto al presidente nazionale dell’Aiart, dott. Luca Borgomeo, di illustrarci brevemente il rapporto: “Il primo dato che emerge è che la dipendenza dal web è un fatto, non un giudizio o un’opinione. E’ un dato reale che, con la crescita esponenziale del popolo degli internauti, diventa giorno dopo giorno sempre più rilevante, coinvolge miliardi di persone in tutto il mondo con effetti sempre più marcati sulla vita economica e sociale di tutte le persone e dell’intera comunità.

Il secondo dato: il fenomeno non può essere definito con dati certi, sia perché la I.A.D. (Internet Addiction Disorder) non è ancora riconosciuta come malattia, (con un inquadramento nosologico, diagnostico e terapeutico), sia perché i soggetti colpiti da dipendenza da internet e i loro familiari sono comprensibilmente restii a comunicare di essere malati o di avvertire i primi sintomi della malattia. Dalla ricerca svolta dall’Aiart, con il coinvolgimento delle sue 90 strutture territoriali in tutte le province, emerge che il fenomeno della dipendenza è notevolmente presente in tutti gli strati sociali e riguarda i bambini, gli adolescenti, i giovani, le persone adulte.

I casi riportati nel Rapporto, raccolti dai dirigenti Aiart in tutta Italia, forniscono un quadro preoccupante della diffusione della internet-patia. Il terzo dato che emerge dal rapporto riguarda la generale sottovalutazione del fenomeno da parte dei media , di internet e della TV in particolare: raramente i ‘casi’ di dipendenza guadagnano ‘spazi’ in tv o sulla stampa quotidiana. E su questo dato il Rapporto si sofferma in modo particolare, rilevando le possibili motivazioni di questa ‘sordina’ mediatica sul fenomeno della dipendenza dal web”.

Da cosa deriva questa dipendenza da internet?
“La dipendenza da internet deriva essenzialmente da un uso poco vigile, poco responsabile, e/o semplicemente eccessivo dei media (pc, tablet, smartphone, telefonia mobile ecc.). E’ evidente che l’utente che impiega ore e ore (in alcuni casi oltre 10 ore al giorno) a chattare, a giocare, a scommettere d’azzardo, a visitare siti violenti, pornografici, ecc.) si espone al rischio di diventare internet-dipendente, isolandosi dal mondo che lo circonda, mettendo in crisi i rapporti familiari e le relazioni con le persone, pregiudicando le attività consuete (studio, lavoro, relazioni sociali, pratiche sportive, ricreative, religiose). Nel rapporto internet-patia, curato dall’Aiart, c’è un intero capitolo ‘Esperienze di dipendenza e casi documentati’, che fornisce un quadro ampio e articolato di tante drammatiche situazioni causate da un uso distorto del Web”.

Il web può essere classificato come fenomeno psicopatologico?
“Si. Un medico, uno psichiatra può rispondere in modo esauriente a questa domanda. Ma anche chi, come il sottoscritto, non è in grado di soffermarsi sugli aspetti patologici della malattia, può rilevare che sono numerosissimi i casi di persone che, per la dipendenza dal web, hanno minato la propria salute, con danni non solo al sistema cognitivo e al sistema nervoso, ma spesso anche all’udito, alla vista, alla colonna vertebrale: anche la bulimia e l’anoressia (i disturbi causati da errata alimentazione) spesso derivano dalla dipendenza dal web. Per gli aspetti medici del problema (sintomi della malattia, diagnosi e cura) può essere utile leggere nel Rapporto i saggi di esperti, in particolare quello del prof. Federico Tonioni, psichiatra, fondatore e direttore dell’Ambulatorio per la cura della dipendenza dal Web istituito presso il Policlinico Gemelli di Roma”.

I genitori come possono evitare che i propri figli diventino dipendenti dal web?
“Innanzitutto i genitori devono acquisire un minimo di conoscenza dei nuovi media. Spesso i genitori non hanno la capacità di fruire dei nuovi media, in particolare del computer e non si impegnano a superare il loro analfabetismo digitale. Col passare del tempo, tuttavia, sono sempre meno numerosi i genitori incapaci di ‘navigare’, ma il problema esiste e si può parlare di un vero e proprio ‘gap’ generazionale tra genitori (immigrati digitali) e i giovani (nativi digitali):

questi ultimi, nati nell’era digitale, sin dai primi anni di vita, hanno la capacità di usare telefonini, tablet, videogames, computer. Da questa diversa attitudine a usare i nuovi media discendono spesso incomprensioni e contrasti, se non addirittura veri e propri comportamenti errati da parte dei genitori, pur animati da intenzioni positive. Mi riferisco all’imposizione di limiti temporali, all’esercizio di un continuo controllo sul ‘navigare’ dei figli (a volte fatto ‘spiando’), al ritenere più ‘sicuro’ il figlio che chatta in casa, invece che sta fuori con compagni, in giro per la città.

E’ fondamentale comunque, che i genitori abbiano la consapevolezza che internet può essere utile per la formazione dei loro figli, per il loro svago, per il loro ‘relazionarsi’, ma che può causare gravi danni, anche alla salute. Pertanto è consigliabile che i genitori parlino di questi problemi con i figli, li ascoltino con un colloquio franco e aperto e suggeriscono loro di usare i media con senso di responsabilità. Soprattutto è fondamentale da parte dei genitori, intervenire con sollecitudine non appena si notano i primi sintomi di ‘dipendenza’”.

Quali strumenti esistono per educare ad un giusto utilizzo del web?
“La dipendenza del web è un problema sociale di grande rilevanza. L’azione di contrasto non può essere svolta soltanto dalla famiglia (che pure ha un ruolo fondamentale) ma dall’intera società, in particolare dalle istituzioni pubbliche e private: scuola, servizio sanitario, sistema dei media (stampa, TV, Internet) la Chiesa, le associazioni, specialmente quelle operanti nel campo dei media.

Sul ruolo che possono svolgere questi soggetti per contrastare la dipendenza dal web, il rapporto internet-patia dedica un intero capitolo, (sottolineando la necessità di un impegno corale dell’intera comunità per affrontare, contrastare e limitare gli effetti negativi, del web). E’, comunque, insieme alla famiglia, la scuola che può svolgere un ruolo di straordinario rilievo, educando i bambini, gli adolescenti, i giovani, sin dalle prime classi d’insegnamento, ad avere un rapporto positivo e responsabile con i media.

Va pertanto introdotta, tra le materie di insegnamento, la media education, intesa non come insegnamento all’uso dei media (i minori, i nativi-digitali non hanno bisogno di preparazioni tecniche; sanno usarli benissimo!), ma come formazione alla fruizione critica e responsabile della straordinaria massa di notizie, messaggi informazioni che offre internet, evidenziando le gradi potenzialità dei media, ma anche indicando i rischi e pericoli che il loro uso eccessivo e/o distorto può causare”.

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