Finanze vaticane, ora c’è un manuale

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Era salutato come la grande novità nell’ultimo bollettino della Segreteria per l’Economia, ora il manuale sulle politiche di financial management è una realtà distribuita in tutti gli enti vaticani che si occupano di finanza. Ragionieri, segretari di dicasteri che in generale hanno a che fare con la contabilità solo in virtù del loro specifico lavoro si sono visti recapitare sul tavolo questa settimana il manuale che spiega a tutti le nuove pratiche della contabilità, insieme ad una lettera con la doppia firma del presidente del Consiglio per l’Economia, il Cardinal Reinhard Marx, e il Prefetto della Segreteria per l’Economia, il Cardinal George Pell.

La diffusione del manuale è stata salutata con una edizione speciale del Bollettino per l’Economia. E per l’occasione il Cardinal Pell ha dichiarato che “l’utilizzo di pratiche e modalità di rendicontazione affidabili e coerenti contribuirà a fornire un’immagine chiara dell’affidabilità di tutti coloro che gestiscono le risorse della Chiesa”.

Le politiche del manuale entrano in vigore a partire dal 1 gennaio 2015. Nel frattempo, la Segreteria per l’Economia si è incaricata di formare e supportare quanti dovranno avere a che fare con le nuove norme, perché le possano implementare.

Si legge nella lettera inviata a tutti gli enti e le amministrazioni della Santa Sede e dello Stato di Città del Vaticano che “in base alle nuove politiche” tutti questi enti “predisporranno un bilancio economico e finanziario in modo coerente e trasparente.” Perché – viene aggiunto – “quelli a cui sono affidate le risorse della Chiesa sono responsabili per il modo in cui tali risorse vengono utilizzate per perseguire la missione della Chiesa e una presentazione regolare delle informazioni finanziarie è essenziale”.

C’è anche da dire che la Santa Sede erano già sulla buona strada, che la legge antiriciclaggio – migliorata più volte fino ad essere superata con una legge completamente nuova che tra l’altro aveva istituito un Comitato di Sicurezza Finanziaria – e che in fondo lo stesso sistema finanziario della Santa Sede aveva ricevuto una valutazione positiva dal Comitato del Consiglio d’Europa MONEYVAL per la tenuta del suo sistema finanziario (e tra l’altro, anche il tanto discusso IOR ne era uscito con una valutazione estremamente positiva).

Le nuove norme si inseriscono dunque in un percorso virtuoso che la Santa Sede aveva avviato, e che ora va a coinvolgere tutti gli enti finanziari della Santa Sede. Serviva di razionalizzare le risorse, di creare uno standard unico di bilancio, di trovare un obiettivo comune. Serviva soprattutto ora, dato che ancora non è chiaro se i bilanci degli enti debbano essere consegnati anche alla Prefettura degli Affari Economici (ancora in carica, seppur praticamente ai margini) come si è sempre fatto, o se tutto debba passare solo dalla Segreteria per l’Economia, che ormai è responsabile di tutto.

Sono gli assestamenti di un sistema che sta muovendo gli ingranaggi.

I quattro principi chiave sui quali si basa la riforma sono: che le politiche e le procedure siano coerenti con i principi internazionali di contabilità e le pratiche di reporting e di governance generalmente accettate; che queste si applicano a tutte le entità ececonomico-finanziarie della Santa Sede – Stato di Città del Vaticano; che si instaurerà in rapporto reciproco tra Segreteria per l’economia ed enti, con la prima a impegnarsi nella formazione e i secondi ad aiutare il sistema con dei feedback; e che il bilancio consolidato venga accertato da una delle principali società di revisione a livello internazionale.

Questa società non è specificata nella lettera inviata ai dicasteri, ma alcune fonti rumoreggiano che dovrebbe essere la Deloitte.

Tutto questo nel quadro della razionalizzazione degli enti finanziari. I tre obiettivi segnalati nella lettera sono: di fornire politiche di management valide che facilitano la pianificazione e il processo decisionale a livello locale; di rafforzare appunto questo processo di pianificazione; e di rendere disponibili maggiori risorse economiche alla missione della Chiesa.

Una necessità, quella di fare utili, che è alla base della grande riforma dell’economia vaticana. E che sembra essere anche dietro la decisione di non rinnovare la convenzione con 500 artigiani che in genere collaboravano con l’elemosineria apostolica; e – per fare maggiori utili – è stato anche istituito un Vatican Asset Management. Che – raccontano i soliti rumors – dovrebbe affidarsi anche alle consulenze di una società straniera per investire al meglio.

(nella foto, la Torre di San Giovanni, provvisoriamente sede della Segreteria per l’Economia)

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