Wojtyla: “Non sia svuotata la Croce di Cristo”

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E’ stata celebrata oggi la memoria liturgica di San Giovanni Paolo II, il pontefice polacco che per quasi 27 anni ha governato la Chiesa cattolica. Elevato all’onore degli altari nell’aprile scorso, da Papa Francesco, insieme a San Giovanni XXIII, – nonostante siano trascorsi nove anni dalla sua morte – Wojtyla rimane una delle figure più amate dai fedeli e anche da numerosi non credenti di tutto il mondo.

Il massacro di vittime innocenti che in questi mesi si consuma nei territori mediorientali, per mano dei guerriglieri jihadisti dell’Is (Islamic State), ci ricorda l’esito crudele delle persecuzioni dei cristiani che dal passato fino ai giorni nostri mettono in rilievo il misterioso legame di ogni cristiano con la passione di Cristo.
A tal proposito nell’aprile del 1994 le riflessioni della tradizionale Via Crucis al Colosseo furono scritte dal Patriarca Ecumenico Bartolomeo di Costantinopoli, e proprio in quella occasione Giovanni Paolo II pronunciò, a braccio, un importantissimo discorso, utile ancora oggi per ricomprendere, con il valore della fede, il senso ultimo del martirio cristiano. Wojtyla, ricordò il sangue versato nel Colosseo dei tempi nostri, “a queste altre «Montagne delle Croci» che sono dall’altra parte, attraverso la Russia europea, attraverso la Siberia, tante «Montagne delle Croci», tanti Colossei dei tempi nuovi”. Poi, rivolgendosi al Patriarca Ecumenico e ai fratelli dell’Oriente cristiano, Giovanni Paolo II disse: “Noi siamo uniti sullo sfondo dei martiri, non possiamo non essere uniti. Non possiamo non dire la stessa verità sulla Croce e perché non possiamo non dirla? Perché il mondo di oggi cerca di svuotare la Croce. Questa è la tradizione anticristiana che si diffonde già da parecchi secoli e vuole svuotare la Croce e vuole dirci che l’uomo non ha le radici nella Croce, non ha neanche la prospettiva e la speranza nella Croce. L’uomo è solamente umano, deve esistere come se Dio non esistesse”.

Papa Wojtyla richiamava l’Oriente e l’Occidente ad un importante compito comune: “Non sia svuotata la Croce di Cristo, perché se si svuota la Croce di Cristo, l’uomo non ha più radici, non ha più prospettive: è distrutto! Questo è il grido alla fine del secolo ventesimo. È il grido di Roma, il grido di Mosca, il grido di Costantinopoli. È il grido di tutta la cristianità: delle Americhe, dell’Africa, dell’Asia, di tutti. È il grido della nuova evangelizzazione. Ci dice Gesù: hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; hanno ascoltato me, hanno ricevuto la mia Parola, riceveranno anche la vostra. Riceveranno, non hanno altra soluzione. Nessuno ha parole di vita eterna, solamente Lui, solamente Gesù, solamente la sua Croce”.

In questo misterioso e per certi versi paradossale dinamismo della Croce ci sembra di poter leggere – come una sorta di codice interpretativo e universale della fede – anche altre realtà della vita ecclesiale. Papa Francesco, per esempio, a conclusione della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi non esita ad indicare la Croce come chiave di lettura per la nostra vita di fede, per superare, tra le tentazioni più frequenti, quella di “scendere dalla croce – afferma Francesco –, per accontentare la gente, e non rimanerci, per compiere la volontà del Padre; di piegarsi allo spirito mondano invece di purificarlo e piegarlo allo Spirito di Dio”.
Anche nel testo della “Relatio Synodi”, al numero 14, c’è un esplicito riferimento alla Croce. A proposito dell’indissolubilità del matrimonio, infatti, i Padri – convocati recentemente per il Sinodo straordinario sulla Famiglia – hanno ricordato che “l’indissolubilità del matrimonio («Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi» Mt 19,6), non è innanzitutto da intendere come «giogo» imposto agli uomini bensì come un «dono» fatto alle persone unite in matrimonio. In tal modo, Gesù mostra come la condiscendenza divina accompagni sempre il cammino umano, guarisca e trasformi il cuore indurito con la sua grazia, orientandolo verso il suo principio, attraverso la via della croce”.

Nell’esperienza comune della sofferenza non si può non rimanere uniti. “Non possiamo non dire la stessa verità sulla Croce”, anche se il mondo di oggi cerca nuove strategie per alleggerirne il pesante e divino carico!

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