Trentamila minori fuori famiglia

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Sono poco più di 30.000 bambini e adolescenti che vivono fuori dalla famiglia d’origine, tra famiglie affidatarie e servizi residenziali. È uno dei dati principali del monitoraggio promosso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in collaborazione con le Regioni e le Province autonome e realizzato dal Centro nazionale. Più nello specifico, gli affidamenti familiari (intesi almeno come affidamenti per almeno cinque notti alla settimana), sono risultati 15.200, con un incremento notevole rispetto alla precedente rilevazione del 1999: si è passati infatti da 10.200 affidamenti ai 15.00 attuali (+ 49%).

Nei servizi residenziali invece vengono accolti 15.500 bambini e ragazzi: un numero stabile rispetto al 1999, quando erano 14.945. Il fenomeno dunque è in crescita, annota il curatore del monitoraggio Enrico Moretti, e coincide “in modo tendenzialmente esclusivo con l’incremento degli affidamenti familiari, nel quadro di sostanziale stabilità dell’accoglienza nei servizi residenziali”. Va però tenuto presente che, pur a fronte di una crescente attenzione dei territori all’accoglienza dovuta anche all’entrata in vigore della legge 149/01, “molto resta da approfondire in merito alle modalità di risposta dei diversi territori” e al numero complessivo di bambini e ragazzi soggetti ad allontanamento: i dati restituiscono ‘un’istantanea del fenomeno’, che “in effetti coinvolge molti più bambini e ragazzi che possono rimanere anche per meno di un anno in affidamento o in una comunità”. Non esiste infatti una stima corretta dell’entità complessiva dei minori coinvolti in un percorso di accoglienza anche breve. La tendenza generale è spiegata considerando che i dati della prima rilevazione, al 1999, sono precedenti alla promulgazione della legge 149/01 – che ha promosso l’affidamento familiare come forma preferenziale di intervento nei confronti del minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo – legge che ha senz’altro dato un impulso alla pratica dell’affidamento familiare in particolare nei primi anni successivi all’entrata in vigore, con una sensibile crescita nel numero di affidamenti, a cui probabilmente sta seguendo una fase di perdita del vigore iniziale. Va tenuto in considerazione che, aprendo lo sguardo al contesto europeo, per il periodo 2007-2009 l’Italia risulta il paese con il più basso tasso di bambini e adolescenti fuori famiglia, sopravanzando anche paesi culturalmente avanzati nell’ambito dei diritti dei minori come Spagna (4,9 bambini e adolescenti ogni 1.000 residenti della stessa età), Gran Bretagna (5,9), Francia (8,0), Germania (8,5). Comunque le situazioni regionali evidenziano scostamenti importanti da un capo all’altro della penisola. Infatti, se il valore medio nazionale è di 3 minori tra 0-17 anni fuori famiglia di origine ogni mille residenti della stessa età, si oscilla tra i 5,2 per 1000 della Liguria agli 1,7 del Molise. Il quadro generale però conferma la crescita dei tassi dei minori fuori famiglia di origine nel decennio dall’ultima rilevazione: se la variazione percentuale media nazionale quasi tocca il 22%, sedici regioni su ventuno fanno segnare un aumento dei tassi, con incrementi regionali massimi registrati in Abruzzo (+216%) e nelle Marche (+77%). Le differenze in ambito regionale riguardano anche l’indicatore ‘bambini in affidamento familiare ogni bambino accolto nei servizi residenziali’: come visto, a livello nazionale, il rapporto è di quasi perfetto equilibrio: per ogni bambino in affidamento ve ne è uno accolto nei servizi residenziali. In questo caso, l’Italia è quasi spaccata in due: al centro e al nord è privilegiato, seguendo la legge 149, l’affidamento familiare. Al sud invece, con la sola eccezione della Sardegna, è prevalente l’accoglienza nei servizi residenziali. Ma, come annota Moretti, l’esame del decennio tra i due monitoraggi evidenzia “che molte regioni del sud (Abruzzo, Molise, Calabria e Sicilia) fanno segnare tra i più alti e positivi incrementi percentuali del rapporto ‘affidamenti ogni accolto nei servizi residenziali’, segno di un progressivo maggior investimento nell’affidamento familiare”. Un altro aspetto di sicuro interesse del monitoraggio è che ha permesso di indagare alcune caratteristiche dei fuori famiglia come l’età degli affidati, la distribuzione di genere, la cittadinanza, la tipologia dell’affido, la natura dell’affido, la durata dell’affido, la provenienza dell’affidato: tutte informazioni che permettono di tratteggiare un profilo dei bambini affidati. Solo per citare alcuni elementi, si può dire che nell’arco del decennio dalla prima rilevazione, le classi di età prevalenti sono quelle pre-adolescenziali e adolescenziali. Variano però la classe dei 6-10enni che passa dal 33% al 27% e quella dei 15-17enni che passa dal 20% a poco più del 27% del totale. Resta stabile, diversamente, l’incidenza di bambini più piccoli (0-5 anni) sul totale degli affidati, che passa dal 15,5% del 1999 al 15,8% del 2008. Stabile anche la distribuzione di genere: le bambine erano il 49% nel 1999 e sono il 48% nel 2008. Anche nelle regioni, l’equilibrio di genere è praticamente sostanziale. Cresce invece in modo significativo il numero dei bambini stranieri: nel decennio si è passati dal 5,6% del totale al 16,4%. Le differenze regionali sono molto forti, in questo caso: si va da situazioni come quelle di Toscana (35%), Emilia-Romagna (30%), Veneto (28%), Umbria (23%) a quelle di Campania (6,6%) e Sicilia (3,7%). Queste forti differenze sicuramente riflettono “la maggior presenza di minori stranieri nel centro e nel nord del Paese, realtà nelle quali i servizi territoriali stanno sperimentando risposte di accoglienza che tendono ad assicurare anche nel caso di minori stranieri allontanati o privi di adulti regolari di riferimento forme di accoglienza in un contesto familiare”.

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