Relatio synodi: nessun consenso sinodale su risposati e omosessuali

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Nessun consenso sinodale sui punti mediaticamente caldi della discussione. Dopo due settimane di discussione la Relatio Synodi rimane un testo aperto e “neutro” sui punti che hanno accalorato i media occidentali. Il resto del testo è “neutro” perché di fatto ripete gli insegnamenti sulla famiglia del Magistero. I tre punti che “non hanno consenso sinodale”, cioè che non hanno avuto il placet della maggioranza qualificata dei due terzi, sono quelli in cui si parla dell’accesso alla comunione sacramentale per i divorziati risposati, e della pastorale per le persone con orientamento omosessuale. “Si è riflettuto- si legge nel paragrafo 52 che trova i padri in disaccordo- sulla possibilità che i divorziati e risposati accedano ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. Diversi Padri sinodali hanno insistito a favore della disciplina attuale, in forza del rapporto costitutivo fra la partecipazione all’Eucaristia e la comunione con la Chiesa ed il suo insegnamento sul matrimonio indissolubile. Altri si sono espressi per un’accoglienza non generalizzata alla mensa eucaristica, in alcune situazioni particolari ed a condizioni ben precise, soprattutto quando si tratta di casi irreversibili e legati ad obblighi morali verso i figli che verrebbero a subire sofferenze ingiuste. L’eventuale accesso ai sacramenti dovrebbe essere preceduto da un cammino penitenziale sotto la responsabilità del Vescovo diocesano. Va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che «l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate» da diversi «fattori psichici oppure sociali» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1735).”

E ancora, al paragrafo 53 si legge: “Alcuni Padri hanno sostenuto che le persone divorziate e risposate o conviventi possono ricorrere fruttuosamente alla comunione spirituale. Altri Padri si sono domandati perché allora non possano accedere a quella sacramentale. Viene quindi sollecitato un approfondimento della tematica in grado di far emergere la peculiarità delle due forme e la loro connessione con la teologia del matrimonio.” Viene da chiedersi in effetti se questi padri abbiano mai frequentato il catechismo.

Infine il paragrafo 55 parla delle famiglie che “vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con orientamento omosessuale. Al riguardo ci si è interrogati su quale attenzione pastorale sia opportuna di fronte a questa situazione riferendosi a quanto insegna la Chiesa: «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. «A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 4).”

Interessante invece vedere che l’unico punto che ha ottenuto il pieno consenso dei padri è il paragrafo 2: “Grembo di gioie e di prove, di affetti profondi e di relazioni a volte ferite, la famiglia è veramente “scuola di umanità” (cf. Gaudium et Spes, 52), di cui si avverte fortemente il bisogno. Nonostante i tanti segnali di crisi dell’istituto familiare nei vari contesti del “villaggio globale”, il desiderio di famiglia resta vivo, in specie fra i giovani, e motiva la Chiesa, esperta in umanità e fedele alla sua missione, ad annunciare senza sosta e con convinzione profonda il “Vangelo della famiglia” che le è stato affidato con la rivelazione dell’amore di Dio in Gesù Cristo e ininterrottamente insegnato dai Padri, dai Maestri della spiritualità e dal Magistero della Chiesa. La famiglia assume per la Chiesa un’importanza del tutto particolare e nel momento in cui tutti i credenti sono invitati a uscire da se stessi è necessario che la famiglia si riscopra come soggetto imprescindibile per l’evangelizzazione. Il pensiero va alla testimonianza missionaria di tante famiglie.” Piuttosto generico in effetti.

Il resto del testo, che non ha valore ne magisteriale, ne propositivo, ne finale, è in effetti piuttosto enunciativo. Ancora una volta è una foto di alcune situazioni, ma non ci sono proposte concrete, piuttosto ampie citazioni di documenti già parte del Magistero. Il testo ora andrà ai vescovi, alle diocesi, ai parroci e ai fedeli che dovrebbero ragionarci in vista del prossimo appuntamento sinodale dell’ ottobre 2015. E’ in effetti una forma di strumento di lavoro su cui basarsi.

Interessante il discorso conclusivo del Papa che ha cercato di mettere pace tra le varie correnti di pensiero stilando un lungo elenco di “tentazioni” che il Sinodo avrebbe evitato: “l’irrigidimento ostile” che non permette di lasciarsi sorprendere da Dio, color che il Papa definisce: “tradizionalisti” e “intellettualisti”. Altra tentazione il “ buonismo distruttivo” che fascia le ferite senza curarle, quello dei “progressisti e liberalisti”. C’è poi “la tentazione di trasformare la pietra in pane per rompere un digiuno lungo, pesante e dolente (cf. Lc 4,1-4) e anche di trasformare il pane in pietra e scagliarla contro i peccatori, i deboli e i malati (cf. Gv 8,7) cioè di trasformarlo in “fardelli insopportabili” (Lc 10, 27).” O anche quella di “scendere dalla croce, per accontentare la gente” e piegarsi allo spirito mondano, e infine la “tentazione di trascurare il “depositum fidei”, considerandosi non custodi ma proprietari e padroni o, dall’altra parte, la tentazione di trascurare la realtà utilizzando una lingua minuziosa e un linguaggio di levigatura per dire tante cose e non dire niente! Li chiamavano “bizantinismi”, credo, queste cose…”.

Ma la Chiesa è madre ripete il Papa, e aggiunge: “quando la Chiesa, nella varietà dei suoi carismi, si esprime in comunione, non può sbagliare.” Poi spiega il compito del Papa con le parole di Benedetto XVI nell’udienza generale del 26 maggio 2010: “La Chiesa è chiamata e si impegna ad esercitare questo tipo di autorità che è servizio, e la esercita non a titolo proprio, ma nel nome di Gesù Cristo … attraverso i Pastori della Chiesa, infatti, Cristo pasce il suo gregge: è Lui che lo guida, lo protegge, lo corregge, perché lo ama profondamente.”

La conclusione del Papa è il mandato per il prossimo anno: “Cari fratelli e sorelle, ora abbiamo ancora un anno per maturare, con vero discernimento spirituale, le idee proposte e trovare soluzioni concrete a tante difficoltà e innumerevoli sfide che le famiglie devono affrontare; a dare risposte ai tanti scoraggiamenti che circondano e soffocano le famiglie.” Il discorso è stato applaudito, poi il Sinodo si è concluso. Il Papa ha salutato i collaboratori e i padri, poi è uscito e si è soffermato a salutare i giornalisti che da 15 giorni ogni sera, tenuti a distanza, aspettano l’uscita dei padri. Domani il Papa sarà in piazza per la beatificazione di Paolo VI e la messa conclusiva del Sinodo. E da domani forse si ricomincierà a discutere delle solite cose senza che della famiglia e dei tanti aspetti problematici nei diversi continenti, si sia parlato davvero.

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