Sinodo dei vescovi, si riparte da lunedì

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Sei aiutanti per il Cardinal Petr Erdo. Con una mossa a sorpresa, la presidenza del sinodo dei vescovi (i tre vicepresidenti delegati sono i cardinali Tagle, Ving Trois e Assis) ha deciso di affiancare al relatore generale del sinodo e al segretario sei membri dell’assemblea. Tutti i continenti sono rappresentati, tranne l’Africa. Un aiuto per il relatore generale, spiega l’arcivescovo di Dublino Diarmuid Martin, per raccogliere tutti i temi di cui si è parlato nel sinodo. “Daranno degli input, porteranno la loro esperienza pastorale,” ha detto Martin.

Il primo tempo del sinodo si è chiuso con la composizione dei Circoli minori e la composizione di moderatori e relatori. Ma soprattutto con la sorpresa del gruppo che andrà ad affiancare il relatore generale del sinodo nella stesura finale della “relatio post disceptationem.”

I sei sono: il presidente e vicepresidente del messaggio del sinodo, vale a dire il Cardinal Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, e l’arcivescovo Victor Manuel Fernandez, rettore dell’Università cattolica di Buenos Aires; poi, Adolfo Nicolas, generale dei gesuiti; il vescovo Carlos Aguiar Retes, presidente della Conferenza Episcopale Latino Americana; il cardinale Donald Wuerl, arcivescovo di Washington; e il vescovo corean Peter Kang U-Il.

Colpisce appunto l’assenza di un prelato africano, perché appunto l’Africa è non solo un continente molto ben rappresentato nel sinodo, ma anche un continente che ha messo in luce le nuove sfide alla famiglia. In un posto dove si deve affrontare il problema della poligamia, più che quello dei divorzi, si soffre soprattutto per la pressione internazionale e secolarizzante che vuole introdurre a forza nelle legislazioni nozze gay e diritti di salute riproduttiva, e i vescovi africani si sono fatti portavoce di questo disagio. Un disagio che in fondo tocca anche l’Argentina di PPapa Francesco, non a caso segnalata come un caso di “neo-colonizzazione” attraverso i nuovi diritti in un recente Rapporto Internazionale sulla Dottrina Sociale dell’Istituto Van Thuan.

Improvvisamente, però, la discussione è proprio virata sui temi dell’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati, come se il focus si fosse completamente spostato all’improvviso. Ieri mattina, la proposta di un percorso penitenziale per i divorziati risposati, una delle ipotesi del “rapporto Kasper” all’ultimo concistoro. E poi, le parole dei delegati fraterni delle Chiese orientali – hanno parlato tutti tranne Hilarion, del Patriarcato di Mosca, che arriverà nei prossimi giorni – i quali hanno parlato anche della loro pratica sulle seconde nozze.

Una pratica cui lo stesso Francesco aveva detto di guardare nella sua intervista a Civiltà Cattolica, e che ora sembra essere tornata di attualità, sebbene – è stato spiegato con chiarezza – le seconde nozze nelle confessioni ortodosse non sono un sacramento.

I patriarchi hanno parlato di preparazione al matrimonio, nonché di delle tre minacce alla famiglia: la crisi economica, la comunicazione e l’instabilità causata dalla guerra. Ma anche di preparazione al matrimonio per i giovani. Da vedere come i loro interventi saranno poi gettati nel cuore del dibattito.

Che entrerà nel vivo la prossima settimana con i circoli minori. Dieci, divisi in gruppi linguistici: tre in inglese e tre in italiano, due in spagnolo e due in francese. Tra i moderatori spiccano il Cardinal Sarah di Cor Unum, il Cardinal Schoenborn, arcivescovo di Vienna, che ha rilanciato la proposta di un percorso penitenziale per i divorziati risposati; il Cardinal Burke, della Segnatura, uno di quelli che sta resistendo sulla linea della fedeltà al Vangelo; il Cardinal Napier,; l’arcivescovo Kurtz, presidente della Conferenza Episcopale USA; il cardinale messicano Robles Ortega, anche lui solido nella tradizione.

Spicca, nel gruppo italiano, la stella nascente del vescovo Scutari Massafra, ora anche vicepresidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, ma anche del presidente della CEI Bagnasco, in un gruppo di cui sarà relatore Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione. E sono tra i moderatori anche i cardinali Filoni e Sistach.

Saranno chiamati a mettere tutti i temi sul tavolo, e anche a raccontare positivamente la famiglia. Mons. Diarmuid Martin, che aveva partecipato anche al sinodo del 1980 sulla famiglia, ha detto che dopo trent’anni “le cose non possono essere le stesse”. Ma ha anche sottolineato che la preoccupazione, e i temi di allora, sono molte volte rimasti gli stessi.

“Il relatore generale del sinodo era il cardinale Ratzinger, ed è interessante leggere relazione ante disceptationem e post, e molti temi erano gli stessi. Ratzinger aveva parlato anche della relazione tra qualità della fede e validità di un matrimonio. Adesso a questo sinodo si vede che la cultura generale della famiglia è cambiata ancora di più”.

E Martin, che ha lavorato molto in campo internazionale, lo sottolinea che in fondo il dibattito è soprattutto culturale e sociale, e riguarda anche il modo in cui viene presentata la fede. Di certo, non è un dibattito che si esaurisce con l’apertura all’accesso alla comunione per i divorziati risposati.

Così, la relazione post-disceptationem diventa particolarmente importante. Aprirà a una linea prevalente sulla misericordia? O manterrà i toni bilanciati della relazione pre-disceptationem, che non negava le sfide pastorali, ma riaffermava nettamente la dottrina? E come sarà sviluppato il nuovo linguaggio di cui molti padri sinodali hanno parlato?

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