Lampedusa ricorda con il card. Vegliò le vittime del mare

Strage Cutro
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Dopoché il 1° ottobre papa Francesco ha ricevuto in udienza privata in Vaticano un gruppo di migranti sopravvissuti al naufragio del 3 ottobre dello scorso anno al largo dell’isola di Lampedusa,

il card. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, ritorna oggi nell’isola, dopo esserci stato in occasione del primo anniversario della visita di papa Francesco, nel luglio scorso, per prendere parte alla ‘memoria del 3 ottobre’, presiedendo, presso la parrocchia San Gerlando, un momento di preghiera interreligioso sul tema ‘Morire di speranza’, organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio, Centro Astalli, Caritas e altre associazioni.

Intanto il comitato ‘Tre Ottobre’ ha lanciato una petizione online affinché tale data sia riconosciuta come ‘Giornata della Memoria e dell’Accoglienza’ per ricordare tutte le vittime dei viaggi migratori nel mar Mediterraneo. Infatti, secondo i dati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), da gennaio scorso sono morti nel mar Mediterraneo oltre 3000 migranti, ovvero più del doppio del 2011, quando le vittime della traversata in mare verso l’Europa furono 1500 (nei primi nove mesi).

Questi dati dimostrano che da almeno 20 anni attraversare il Mediterraneo costituisce il tragitto più pericoloso per i migranti cosiddetti ‘irregolari’: dall’inizio del 2014 l’Oim ha contato fra di loro 4077 vittime, 3072 nel ‘mare nostrum’ che dal 2000 ne ha viste oltre 22.000. La maggior parte dei migranti morti alle porte dell’Europa, annegati, asfissiati, per fame o freddo, provenivano dall’Africa settentrionale e dal Medio Oriente.

Il Jesuit Refugee Service (JRS), ha organizzato alcune iniziative per ricordare il naufragio con un commento del direttore di JRS International, p. Peter Balleis, invitando a non chiudere le frontiere europee: “C’è il rischio concreto che tutti i progressi fatti finora per dare priorità al salvataggio delle vite umane siano vanificati. Non solo dobbiamo assicurarci di salvare in mare il maggior numero di persone possibili, ma dobbiamo anche offrire a persone disperate, in fuga da violazioni dei diritti umani fondamentali, dei canali alternativi e sicuri per arrivare in Europa. Non possiamo limitarci ad aspettare la prossima terribile tragedia”.

L’Ong Save the Children ha stimato che sono più di 24.000 i bambini e gli adolescenti giunti via mare in Italia dall’8 ottobre 2013, un numero cinque volte maggiore rispetto a quello del 2011 (4.599), l’anno segnato dal grande esodo per le primavere arabe. Di questi, circa 12.300 sono arrivati senza genitori e adulti di riferimento. Sono minori con un’età compresa tra i 15 e i 17 anni, ma anche di 12 e 13 anni, che giungono principalmente da Eritrea, Egitto e Somalia:

“La mancanza di un sistema di prima accoglienza adeguato si riscontra nel numero degli allontanamenti dei minori dalle strutture. Sono oltre 3.000, quasi 1 su 3, i minori che si sono allontanati nel 2014 da queste strutture, per la sfiducia accumulata in mesi di attesa o per proseguire il loro viaggio verso altri paesi in cui sanno di poter trovare condizioni migliori. E’ evidente che questi minori che si rendono ‘invisibili’ rischiano di essere facile preda di circuiti di sfruttamento sessuale, lavorativo, nei circuiti della criminalità organizzata”.

Inoltre l’ultimo rapporto dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) prevede che quest’anno si potrebbe arrivare fino a 700.000 domande di asilo. E l’Italia è uno dei 6 Paesi al mondo più interessati dal fenomeno. Le guerre in Siria e in Iraq, nonché i conflitti e le condizioni di instabilità che caratterizzano, tra gli altri, paesi come l’Afghanistan e l’Eritrea, hanno fatto crescere in modo esponenziale il numero delle richieste di asilo, come ha dichiarato l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Antonio Guterres:

“Chiaramente ci troviamo in un’epoca di crescenti conflitti. Il sistema umanitario globale è già in grande difficoltà. La comunità internazionale deve preparare la popolazione al fatto che, se non si troveranno soluzioni ai conflitti, nei prossimi mesi e nei prossimi anni sempre più persone avranno bisogno di rifugio e di assistenza. Purtroppo, non è chiaro se le risorse e l’accesso all’asilo saranno a disposizione per aiutarli”.

Nel complesso, la Siria è stato il principale paese di origine dei richiedenti asilo, con un aumento di più del doppio (48.400 domande rispetto alle 18.900 nello stesso periodo del 2013). Dall’Iraq, dove quest’anno centinaia di migliaia di persone sono state costrette alla fuga, sono venute 21.300 richieste di asilo, seguito da Afghanistan (19.300) ed Eritrea (18.900).

Ed un nuovo rapporto di Amnesty International mette in luce come la vergognosa mancanza d’azione dei paesi dell’Unione europea abbia contribuito all’aumento delle morti nel mar Mediterraneo, dove migliaia di migranti e rifugiati hanno perso la vita nel tentativo disperato di raggiungere le coste europee. Il rapporto, intitolato ‘Vite alla deriva: rifugiati e migranti in pericolo nel Mediterraneo centrale’, descrive le conclusioni delle recenti visite effettuate dall’organizzazione per i diritti umani a Malta e in Italia, compresa una ricerca svolta a bordo di una nave della Marina militare italiana. Attraverso interviste a persone sopravvissute ai naufragi e colloqui con esperti e autorità, il rapporto evidenzia i pericoli cui vanno incontro le persone in fuga da guerra, persecuzione e povertà e la penosa risposta della maggior parte degli stati dell’Unione europea.

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