ACLI: occorrono le riforme sul lavoro

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Nello scorso fine settimana a Cortona si è concluso l’incontro di studio delle Acli sul lavoro con la partecipazione del ministro della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, che ha assicurato: “Non vogliamo abbassare i diritti dei lavoratori, il governo mette risorse per la riforma degli ammortizzatori sociali”. Infatti, mentre divampava il ‘caloroso’ dibattito sull’art. 18, il presidente nazionale delle Acli, Gianni Bottalico, suggeriva altre priorità per generare lavoro:

“Crediamo che la discussione sull’articolo 18 finisca per essere sterile e fuorviante. Non deve diventare un totem né l’articolo 18 né una sua ulteriore riforma, le priorità sono altre… Invitiamo il governo a mettere da parte questo punto per concentrarsi invece su altre cose, come la riforma dell’apprendistato, potenziando i percorsi di formazione e di riqualificazione professionale, garantendo ammortizzatori sociali efficaci, attraverso il sostegno al reddito ed alla formazione permanente”. Quindi nella relazione conclusiva il presidente nazionale ha precisato che ‘questo’ è il tempo giusto per fare grandi scelte per il lavoro buono e giusto, la democrazia, la pace, prendendo spunto dall’esortazione ‘Evangelii Gaudium’:

“In queste giornate abbiamo ribadito e rilanciato una cultura del lavoro, nella luce della Dottrina Sociale delle Chiesa che ci ricorda che il lavoro e l’economia sono per l’uomo, e non il contrario. Le Acli ripropongono la questione del lavoro ed intendono ripartire da questa concezione del lavoro, che in questi giorni abbiamo declinato nei sui vari aspetti, per farla divenire la chiave di lettura del contesto attuale, caratterizzato dall’aumento delle disuguaglianze, dalla crisi della democrazia e dall’estensione di troppi fronti di guerra”. Ed ha lanciato un’ ‘agenda’ per affrontare le prossime sfide per il futuro del Paese:

“Essere un movimento ‘di frontiera’, come le Acli sono state spesso in passato, e non solo per il nostro originale posizionamento fra il sociale, il sindacale e il politico, fra appartenenza ecclesiale e impegno laicale nel mondo, ma per la nostra capacità di scrutare gli orizzonti, di individuare dei traguardi di progresso e di giustizia, anche a costo di andare controcorrente, significa oggi avere il coraggio di assumersi una responsabilità di fronte al tempo che viviamo, di impegnarci affinché la concezione del lavoro, che abbiamo richiamato ed approfondito, si innervi nell’economia e nella politica e dia frutti di giustizia, prosperità e pace”.

Quindi le Acli, di fronte alla più grave crisi finanziaria che si ricordi, devono saper leggere e cercare risposte al crescente disagio sociale: “Per l’avvenire delle Acli, quindi, risulta strategica la capacità di costruire insieme un percorso partecipato sulla qualità della nostra vita associativa che culmini in un momento di confronto aperto a tutta l’Associazione ed ai Servizi, da realizzarsi nella primavera del prossimo anno… Pensiamo ad un percorso impegnativo ma soprattutto condiviso, capace di coinvolgere le migliori energie delle nostre realtà territoriali, capace di utilizzare strumenti e tecniche anche inusuali per la nostra organizzazione, che non tema l’osservazione ed il confronto esterno”.

Proprio per il fatto che la priorità delle Acli è l’azione sociale ed educativa del territorio, un presidente di Circolo deve avere più responsabilità di un datore di lavoro: “Il nostro disegno di cambiamento e di rilancio delle Acli non può, con tutta evidenza, prescindere, da una strategia complessiva, da una forte, originale, autonoma capacità di analisi e di proposta politica. Faremmo discorsi sterili e costruiremmo delle scatole vuote, se pensassimo che le riforme organizzative e di sistema al nostro interno, di cui avvertiamo urgente necessità, siano fine a loro stesse. Esse costituiscono piuttosto degli strumenti che permettono alle Acli di esercitare un ruolo significativo nell’attuale contesto sociale, civile ed ecclesiale”.

Quindi le Acli presteranno maggiore attenzione ai problemi dei ceti medi impoveriti e delle famiglie: “In questo anno e mezzo le Acli si sono concentrate su un articolato progetto di riforma e di rilancio dell’Associazione e dei Servizi, che intendiamo proseguire e portare a compimento, e nel contempo sono state presenti sui grandi temi dell’attualità riguardanti l’ambito sociale, politico e d istituzionale. Per quanto siano importanti queste cose nella vita di una associazione, esse necessitano di una dimensione ulteriore, che è quella culturale, delle motivazioni ideali, della capacità di leggere i ‘segni dei tempi’, di individuare e di perseguire una strategia…

Il lavoro buono e giusto come base per la ripresa dell’economia, come antidoto alla crisi della democrazia ed all’aumento delle disuguaglianze, come mezzo per combattere la risorgente mentalità di guerra e ribadire le ragioni della pace: sono questi gli orizzonti che ci hanno dischiuso queste giornate di studio, e che ciascuno di noi è chiamato a costruire sul proprio territorio, rendendo le Acli più vive, più attente ai problemi sociali, più impegnate a stare dalla parte delle vittime di questa crisi”.

E nel corso dell’incontro di studio sono stati forniti i dati elaborati dalle stesse Acli tramite il loro Centro di Assistenza Fiscale, CAF Acli, relativi a tutti i Comuni che hanno adottato delibere per fissare le aliquote della Tasi, la nuova tassa sugli immobili. Quasi tutti i comuni che hanno deliberato sulla Tasi, e sono 7405 su 8.057, hanno scelto di applicarla, 6.508, l’87,89% , inasprendola.

L’aliquota media risulta infatti quasi doppia, l’1,949 per mille rispetto a quella standard, all’1 per mille, che verrà invece applicata obbligatoriamente nei comuni che non hanno adottato alcuna delibera entro lo scorso 10 settembre. Addirittura 765 comuni, l’11,75% di quelli che hanno scelto di applicare la Tasi, ha applicato una aliquota superiore al 2,5 per mille: “Prendiamo il caso delle detrazioni: solo poco più di un terzo dei comuni (2.341, il 35,97%) ha ritenuto di dover prevedere delle agevolazioni. Questo è molto grave, contravviene al principio della progressività dell’imposizione fiscale. E se si va a vedere nel dettaglio, le residue agevolazioni sono anche di minore entità.

Emblematico è il caso delle detrazioni sui figli. Nel precedente sistema di tassazione sulla casa erano applicate su tutto il territorio nazionale ed a partire dal primo figlio. Con la Tasi solo poco più di un decimo dei comuni (869, il 13,35%) prevede delle detrazioni extra per i figli e spesso queste detrazioni scattano solo dopo il terzo o quarto figlio. Inoltre, nella metà dei comuni (3.874, il 52,32%), il tributo è esteso anche agli immobili in affitto con la possibilità da parte del comune di far pagare una parte dell’imposta anche agli inquilini”.

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