La persona come fondamento ‘pre-politico’ dei diritti umani

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Il terzo giorno delle II Giornate sociali cattoliche per l’Europa, che si stanno svolgendo a Madrid da giovedì scorso fino a domani, inizia con una sessione intitolata “La persona umana e la famiglia come base della società e dei diritti umani” . Il primo intervento è affidato al professor Balázs Schanda dell’Università di Budapest, con una relazione su La persona umana come fondamento ‘pre-politico’ dei diritti umani.
Hanno i diritti umani bisogno di un fondamento? “No” risponde il prof. Schanda perché “i diritti umani sono pre-politici, nel senso che essi non sono dati o concessi da politici ai loro cittadini. Essi sono ‘scoperti’ attraverso il ragionamento umano come costitutivi dell’essere umano in sé”. Secondo il professore ungherese la domanda centrale di oggi, quando discutiamo di diritti umani, non è il concetto di diritto, ma il concetto di umano. Infatti “oggi assistiamo da una parte al fatto che alcuni aspetti inattesi della vita della persona umana diventano incerti, e dall’altra parte al fatto che il linguaggio dei diritti umani diventa più forte. Siamo di fronte ad una situazione in cui il concetto di diritti umani è sempre più distaccato dai suoi fondamenti e i diritti umani diventano sempre più controversi”.

Questo è chiaramente evidente – ha dichiarato il prof. Schanda – “se ci concentriamo sulla questione della dignità”. Anche se la dignità umana sembra essere centrale nella maggior parte dei documenti internazionali sui diritti dell’uomo, la questione sollevata oggi è in primo luogo se questa dignità è inerente alla persona o è creata da sé stessa: “sperimentiamo oggi – dice Schanda – la sfida di una mentalità relativista e soggettivista che ci collega alla domanda se la natura dei diritti è ancora accettata”.
Secondariamente: anche se la dignità è riconosciuta come inviolabile, nuovi diritti derivano dalla dignità come il diritto all’autodeterminazione. Alcuni delle attuali discussioni controverse, come quelle sull’aborto, in particolare di bambini con diagnosi di sindrome down, l’eutanasia e anche la questione dell’indipendenza di uno Stato sono tutte questioni sollevate da questa mancanza di chiarezza. In breve, per il professore ungherese, anche se la libertà sembra crescere, in realtà sta scomparendo. Tutti questi nuovi diritti hanno un prezzo imprevedibile e “le prime vittime sono i diritti come la libertà di espressione e la libertà religiosa”.
Come soluzione, il professore Schanda suggerisce che “per quanto riguardano i fondamenti della nostra convivenza sociale, la nostra proposta può essere una nuova enfasi sulla legge naturale”, perché siamo in una cultura e in una società che “spesso non sente nemmeno più che i diritti umani devono essere difesi”. E siccome in molti paesi europei si assistono a cambiamenti giuridici che sono più liberali rispetto al consenso sociale, abbiamo bisogno: di ricostruire questo consenso sociale con una presenza originale, perché “non è sufficiente solo reagire alle sfide”; ritornare alle questioni più essenziali e fondamentali che “sono determinate dentro e dalla famiglia” e questo ha bisogno di “una testimonianza convinta, di proposte radicali e di un dialogo coraggioso. L’essere solamente conservatori non aiuta”.

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