Il cardinale Müller: se un matrimonio è valido neppure il Papa può scioglierlo.

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Il cardinale Gerhard Ludwig Müller ha consegnato al libro intervista La speranza della famiglia (in Italia edito da Ares, www.ares.mi.it) realizzato con Carlos Granados, direttore delle spagnole edizioni BAC, le sue riflessioni programmatiche in vista del Sinodo sulla Famiglia voluto per ottobre (dal 5 al 19) da Papa Francesco.

Il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede (cioè dell’organismo vaticano garante della corretta interpretazione della Parola di Dio, della Tradizione e del Magistero della Chiesa) illustra qui la realtà sacramentale del matrimonio e il valore dell’istituto della famiglia dal punto di vista cristiano.

Ancorandosi al magistero di Giovanni Paolo II, che Papa Francesco ha definito il «Papa della Famiglia», l’indissolubilità e la fedeltà del matrimonio vengono spiegate anche dal cardinale Müller a partire dalla fedeltà dell’amore di Dio Padre per l’uomo. Si è portati per natura a costruire rapporti fecondi e durevoli perché siamo creati a immagine e somiglianza di un Dio  che è Padre fedele nel tempo.

Non a caso «recenti indagini svolte tra i nostri giovani hanno confermato il fascino dell’ideale di fedeltà tra un uomo e una donna, fondato sull’ordine della Creazione. Anche se affermano di “credere” nel divorzio, la maggior parte tra loro aspira a una relazione fedele e costante, corrispondente alla sua natura spirituale e morale».

Ma il matrimonio è immagine anche della relazione d’amore / donazione e offerta di sé tra Gesù e la Chiesa, motivo per cui l’approfondimento dell’amore avviene nella comunione tra gli sposi che è sintesi del loro venirsi incontro, donarsi l’uno all’altro, in antitesi a una concezione antropologica individualista che esalta il conseguimento del desiderio e dell’affermazione personali.

A questo riferimento il Cardinale sottolinea la grave ferita che una separazione matrimoniale provoca nei figli. Per loro conia il termine di «povertà da orfani del divorzio» e la spiega così:

«Il Santo Padre parla spesso della realtà della povertà, incarnata nei poveri del terzo e quarto mondo, relegati nelle cosiddette “periferie esistenziali”. Tra loro ci sono i figli che debbono crescere senza i loro genitori, gli “orfani del divorzio”. Forse sono i poveri più poveri del mondo: sono i figli abbandonati non solo nei Paesi del terzo mondo, ma anche qui in Europa, nell’America del Nord, nei Paesi più ricchi. Questi “orfani del divorzio”, a volte circondati da molti beni, con molto denaro a disposizione, sono i più poveri tra i poveri, perché hanno molti beni materiali, ma sono privi di quello fondamentale: dell’amore oblativo di due genitori che rinunciano a sé stessi per loro. Le cose stanno così perché solamente i beni spirituali e non quelli materiali ci permettono di maturare e giungere con sicurezza all’età adulta».

Quindi, secondo l’Intervistato, «il matrimonio indissolubile possiede un valore antropologico di primaria grandezza: sottrae la persona all’arbitrio e alla tirannia dei sentimenti e degli stati d’animo; li aiuta ad affrontare le difficoltà personali e a superare le esperienze dolorose; soprattutto protegge i figli.

[…] Nella sua essenza, esso è dedizione e impegno. Nell’amore coniugale, due persone si dicono l’un l’altra, in modo cosciente e volontario: sei così importante per me, sei così unico/a per me, che voglio stare solamente con te e per sempre!».

Alla luce di queste riflessioni Müller si accosta alle problematiche delle persone divorziate risposate. Ma prima di tutto ricorda in modo molto articolato, come invece fa sinteticamente in prefazione il cardinale Fernando Sebastián, che «il principale problema, presente nella Chiesa a proposito della famiglia, non è il piccolo numero dei divorziati risposati che desiderano accostarsi alla Comunione eucaristica. Il nostro problema più grave è il gran numero di battezzati che si sposano civilmente e degli sposati sacramentalmente che non vivono né il matrimonio né la vita matrimoniale in sintonia con la vita cristiana e gli insegnamenti della Chiesa».

Il cardinale invita a valutare caso per caso la validità di un matrimonio, specificando che nel tempo presente è quanto mai necessario se gli sposi si siano o meno accostati al sacramento con fede e consapevolezza.

Ma avverte anche che l’indissolubilità del matrimonio ha valore dogmatico e che, pertanto,  «quando ci troviamo in presenza di un matrimonio valido, in nessun modo è possibile sciogliere quel vincolo: né il Papa né alcun altro vescovo hanno autorità per farlo, perché si tratta di una realtà che appartiene a Dio, non a loro».

Compito della Chiesa è esercitare la Misericordia di Cristo, ma se Dio è somma carità, è anche somma verità e giustizia: Anche «santità e giustizia appartengono al mistero di Dio», chiosa Muller. Ma ecco un intero passo chiarificatore sotto questo aspetto:

«Il “principio della misericordia” è molto debole quando si trasforma in unico argomento teologico-sacramentale valido. Tutto l’ordine sacramentale è precisamente opera della misericordia divina, ma non lo si può annullare revocando lo stesso principio che lo regge. Al contrario, un errato riferimento alla misericordia comporta il grave rischio di banalizzare l’immagine di Dio, secondo cui Dio non sarebbe libero, bensì sarebbe obbligato a perdonare. Dio non si stanca mai di offrirci la sua misericordia: il problema è che noi ci stanchiamo di chiederla, riconoscendo con umiltà il nostro peccato, come ha ricordato con insistenza Papa Francesco nel primo anno e mezzo del suo pontificato».

La Misericordia, presuppone, dunque, anche la coscienza del peccato, la richiesta di perdono e il desiderio di cambiare vita, sulla scorta dell’insegnamento di Gesù che, dopo aver usato misericordia verso l’Adultera, la esorta così: «Adesso va’ e non peccare più!».

Gesù nei Vangeli si mostra anche molto esigente, osserva il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede:

«Gesù non si è incarnato per esporre alcune semplici teorie che tranquillizzino la coscienza e in fondo lascino le cose come stanno senza alterare l’”ordine costituito”. Gesù ha ricreato la Creazione, predicando una conversione che è possibile per tutti, perché Egli ha già definitivamente sconfitto il peccato: ci ha dato l’indicativo come base per l’imperativo! Pertanto, una vita cristiana autentica è tanto esigente perché comporta l’impegno personale di modificare la propria condotta, senza facili compromessi tra la Rivelazione e il mondo, senza adattarsi a una falsa antropologia. Non si può andare la mattina in chiesa e il pomeriggio in un bordello, come una specie di sintesi schizofrenica tra Dio e il mondo, come se si potesse vivere nella “casa di Dio” il mattino e nella “casa del diavolo” la sera.

Il messaggio di Gesù è una vita nuova».

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