Il lavoro non è finito: intervista a Gianni Bottalico, presidente nazionale delle Acli

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Si svolge fino al 20 settembre a Cortona (Ar), l’annuale Incontro nazionale di studi delle Acli dal titolo ‘Il lavoro non è finito. Un’economia per un lavoro buono e giusto’. Di fronte al rischio di una riduzione del lavoro a mero strumento per fare profitto le Acli riflettono su una prospettiva economica radicalmente nuova indicata sia nell’enciclica ‘Caritas in veritate’, che nell’esortazione apostolica ‘Evangelii Gaudium’, perché convinte che per imprimere un cambiamento occorre ricominciare dal lavoro, dal senso del lavoro per l’uomo e per la comunità.

In tal modo il lavoro per le Acli è la chiave di lettura del contesto attuale caratterizzato dall’aumento delle disuguaglianze, dalla crisi della democrazia e dal moltiplicarsi di conflitti regionali secondo uno schema di guerra globale. Durante le tre giornate dell’Incontro di studi si metteranno a confronto con l’aiuto di un nutrito gruppo di ospiti ed esperti, prospettive diverse legate al lavoro: da quella economica a quella filosofica, giuridica, sociologica, artistica. Non mancherà l’interlocuzione con il mondo della politica con dei rappresentanti delle istituzioni e del governo sui temi caldi del prossimo autunno, come la legge di stabilità, il superamento delle politiche di austerità, il fisco, la lotta alla povertà, le riforme istituzionali.

Al presidente nazionale dell’Associazione Cristiana dei Lavoratori Italiani, Gianni Bottalico abbiamo chiesto di spiegarci il titolo: “Riteniamo che il lavoro non sia finito, non sia soccombente di fronte ad una finanziarizzazione dell’economia aggressiva che sembra non riconoscere alcun limite né scrupolo morale. Ma il lavoro al di fuori del servizio allo sviluppo della persona e del bene comune, come ci insegna la Dottrina sociale della Chiesa, si trasforma in merce che produce iniqui profitti per i grandi speculatori. Dalla negazione della dignità del lavoro nasce l’attuale idolatria del denaro denunciata da papa Francesco nell’Esortazione apostolica ‘Evangelii Gaudium’, che ha generato quella ‘dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano’ (§ 55) in cui è immerso il mondo occidentale e che costituisce un pericolo anche per la pace”.

Di quale economia c’è bisogno per superare questa crisi?
“Di una economia che riscopra i suoi tratti di umanità. Che ammetta, come in epoche passate, che i debiti ciclicamente possono essere condonati anziché strozzare i popoli e le nazioni in un modo indecente come dimostrano, fra i tanti, i casi della Grecia e dell’Argentina. Che consideri immorali le attuali alchimie della finanza speculativa che immette titoli spazzatura sui mercati, che vengono rimborsati dagli stati con il denaro pubblico, con il sudore dei lavoratori ed i risparmi delle famiglie.

I ceti lavoratori italiani ed europei si stanno pericolosamente impoverendo: bisogna fermare al più presto questa razzia. Purtroppo sono passati sette anni dall’inizio della crisi e l’economia continua a girare in un verso sfavorevole alle imprese ed ai lavoratori, la cosiddetta economia reale, e continua a gratificare oltre misura gli speculatori internazionali, che oggigiorno vogliono spostare più ad Est la loro zona di influenza per assoggettare e depredare nuove terre ricche di materie prime, mettendo a rischio la pace in Europa”.

Cosa significa ricominciare dal lavoro?
“Significa fare del lavoro il parametro con cui interpretare il contesto attuale. Ecco dunque la necessità, che le Acli indicano di un lavoro buono e giusto. Buono anche se duro, ma umano, generatore di diritti sociali, remunerato equamente, realizzato in condizioni di sicurezza per le persone, capace di alimentare la democrazia con una propria strategia, solidale con i lavoratori più deboli o disoccupati, con tutti i lavoratori delle altre nazioni del mondo. E se il lavoro non è finito, allora occorre rilanciare il lavoro in Italia attraverso investimenti pubblici significativi sui comparti industriali considerati strategici per il nostro Paese”.

Articolo 18 o cultura del lavoro?
“E’ una falsa alternativa. L’articolo 18 ha un significato poco più che simbolico. Chi dice che in Italia non vi è libertà di licenziamento dimostra di essere molto distante dalla realtà dei fatti. Non è con le norme che si argina la disoccupazione dilagante, ma con gli investimenti atti a creare nuovo lavoro. Ma per fare questo, evidentemente, ci vuole il coraggio di superare la politica di austerità, che si è rilevata fallimentare in questi anni, scassando i conti pubblici e portando in recessione e deflazione l’economia italiana”.

A 70 anni dalla nascita le Acli sono ancora fedeli ai lavoratori?
“Coltiviamo questa ambizione, i nostri servizi si adeguano alle mutate esigenze dei lavoratori e come Associazione cerchiamo di essere una voce significativa e capace di rappresentare gli interessi dei ceti medi popolari che sono quelli che sono stati più colpiti dalla crisi”.

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