In Cina 2000 anni A.C.

Condividi su...

Nelle sale al piano terra del Museo di Palazzo Venezia prosegue lo scambio culturale fra il Ministero Cultura Repubblica Popolare Cinese e il Ministero italiano dei Beni e Attività Culturali e del Turismo: fino al  16 febbraio 2015 si può visitare la suggestiva mostra LEGGENDARIE TOMBE DI MAWANGDUI. È stata progettata e realizzata da esperti cinesi ed ha una opportuna connotazione didattica realizzata, accanto ai reperti, con un ampio corredo di filmati e documenti. Si tratta di una mostra a base strettamente archeologica che però si apre, con grandi suggestioni, sia verso la mostra storica che verso la mostra d’arte. L’archeologia, fortemente nutrita di saperi scientifici e tecnici, esplora per noi profondità abissali del tempo – in questo caso ci porta nella Cina del sec. II a.C. – ma non rinuncia a collocare i suoi reperti negli eventi collettivi e nella vita delle persone.

A Palazzo Venezia si vedono reperti provenienti da uno dei più ricchi e significativi siti archeologici cinesi:  il sito di Mawangdui, alla periferia orientale di Changsha (Hunan) nella Cina meridionale. Fu individuato genericamente all’inizio degli anni ’50 ed esplorato fruttuosamente tra il 1972 e il 1974. Nel 1971 si scavava per realizzare un magazzino sotterraneo quando da un foro si videro uscire quei ‘fuochi fatui’ che segnalano la presenza delle tombe. Sono così venute alla luce tre profonde sepolture sormontate da tumuli databili tra il 186 e il 160 a.C. Sono quindi stati identificati con certezza gli occupanti delle tre tombe: gli appartenenti alla famiglia dei marchesi di Dai, feudatari della dinastia Han (206 a.C.-226 d.C.) nell’area di Changsha dal 193 a.C.

Secondo una leggenda popolare, alla periferia orientale di Changsha, sarebbe esistita una grande tomba, ma soltanto uno scavo fortuito ha portato all’esatta scoperta del sito. Il lavoro degli archeologi ha portato alla luce un sepolcro molto complesso: sotto il suolo vi era un metro di gesso bianco, sotto cui si trovava uno strato di circa 5 mila kg di carbone di legna e quindi il cofano esterno –  lungo circa 7 metri, largo 5 e alto 3 – che era coperto da decine di stuoie di bambù. Le bare erano quattro, una dentro l’altra. Nell’ultima di esse fu rinvenuta una salma femminile in perfetto stato di conservazione. Secondo quanto appurato, la donna, sepolta nel II secolo a.C., si chiamava Xinzhui ed era la moglie di Licang, primo ministro del Regno di Changsha, all’inizio della dinastia degli Han Occidentali. La scoperta di una millenaria salma femminile non decomposta fece scalpore nel mondo: fu un evento di grande risonanza sia in ambito archeologico che mass-mediale. Nei due anni seguenti, nelle vicinanze, furono trovate altre due tombe: una ospitava il marito di Xinzhui, il primo ministro del Regno di Changsha Licang, e l’altra sarebbe del figlio della coppia, deceduto a circa trent’anni. I reperti ritrovati nelle tombe erano centinaia e di inestimabile valore: lacche, oggetti di uso comune, abiti, dipinti su seta, manoscritti su seta, testi di carattere scientifico, medico, filosofico.

La mostra allestita a Palazzo Venezia non espone (se non in video) le mummie dei nobili cinesi, ma è comunque ricca e interessante. La vocazione a conoscere il mondo dell’Estremo Oriente è presente da un secolo nella città di Roma – dal 1958 è aperto il Museo di arte orientale Giuseppe Tucci, in via Merulana – e questa mostra la conferma. Si tratta di un’occasione unica per apprezzare una selezione dei ritrovamenti custoditi nel Museo provinciale dello Hunan e per aprirsi alla conoscenza di un periodo storico in cui la civiltà cinese raggiunse risultati importanti in campo culturale e politico. Muovendosi sul doppio percorso delle affinità e delle differenze del mondo orientale rispetto al mondo antico occidentale si giunge lì dove si annodano emozioni e conoscenze.

Nella foto: una ricostruzione del probabile aspetto di Xinzhui (sec. II a.C.)

Free Webcam Girls
151.11.48.50