Bambino Gesù, la mossa della Segreteria di Stato

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È con un “rescriptum ex audientia Sanctissimi”, ovvero un documento stilato dopo una udienza con il Santo Padre, che il cardinal Pietro Parolin, Segretario di Stato, ha rafforzato il suo controllo dell’Ospedale Bambino Gesù lo scorso 28 giugno. La Segreteria di Stato già gestisce la proprietà dell’Ospedale Pediatrico. Ma il rescriptum andava oltre: inseriva un Comitato di Presidenza intorno alla figura del presidente, Giuseppe Profiti, dandogli poteri di indirizzo che vanno a toccare quelli del Consiglio di Amministrazione. Non solo: i membri del Comitato di presidenza rispondono direttamente al Segretario di Stato. E anche il regolamento del Comitato è a completa discrezione del Segretario di Stato. Che può permettersi di cambiarlo quando vuole.


Sono sette pagine di documento, accompagnate da una lettera al presidente Profiti, che far riferimento a un incontro con lo stesso Profiti del 27 giugno. Sottolinea che quella di istituire un Comitato di Presidenza è una decisione del Papa. E auguro “un proficuo lavoro nel nuovo organismo”.

Il Comitato di presidenza che è andato ad affiancare Profiti è composto da quattro membri del Consiglio di Amministrazione: Monsignor Luigi Mistò, numero due dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica; Mariella Enoc; la Duchessa maria Grazia Salviati, storica benefattrice dell’ospedale di proprietà della Santa Sede; Carlo Salvatori, un banchiere attualmente direttore di SeaChange e di Lazard Italy e che era stato persino rumoreggiato come possibile presidente del Consiglio di Sovrintendenza dello IOR prima della grande riforma dell’economia vaticana.

Il Comitato affianca il Consiglio di Amministrazione, che – scrive il sito del Bambino Gesù – è “organo di indirizzo e programmazione generale dell’ospedale”, e ha Facoltà di “formulare proposte da sottoporre all’approvazione della Santa Sede”.

Già il Consiglio di Amministrazione era tenuto a consegnare tutto nelle mani del Segretario di Stato, che esercita la proprietà della Santa Sede. Ma ora, affiancato dal Comitato di Presidenza, vede in qualche modo circoscritti i suoi poteri, anche se questo è presentato (art. 5.1) come “una modalità organizzativa attraverso la quale il Consiglio di Amministrazione accresce l’efficacia della propria azione, fermo restando che il Consiglio stesso, nella sua collegialità, è responsabile delle funzioni di gestione e supervisione strategica dell’Ente ospedaliero”.

Il Comitato – si legge nelle sette pagine di regolamento – resta in carica per tutto il periodo in cui resta in carica il Consiglio di Amministrazione. Ogni componente del Comitato può essere revocato dal Segretario di Stato solo “in caso di rilevanti e gravi adempimenti”.

Non solo: tutti i membri del comitato sono anche consiglieri. Se uno dei membri del comitato decade da consigliere, decade anche da membro del Comitato. E viceversa.

La decisione di stabilire il Comitato cambia gli equilibri interni del potere.  Perché – si legge nel regolamento – il Comitato affianca il presidente anche per quanto riguarda attribuzione di responsabilità alle persone al top dell’organigramma, ma riguardo “operazioni straordinarie di rilevante interesse strategico o comunque destinate ad incidere in valore significativo sul valore e/o sulla composizione del patrimonio dell’istituzione, o ad influenzare sensibilmente il valere dell’Ente ospedaliero, quali acquisizioni o dimissioni di partecipazioni rilevanti, aggregazioni o alleanze con altri gruppi, significative modificazioni nella struttura o composizione dell’ente ospedaliero”.

Si tratta di un lungo sotto-paragrafo in cui in controluce alcuni vedono la tentata operazione di salvataggio dell’ospedale San Raffaele di Milano, e poi quella della sua sezione di Olbia, che si è conclusa recentemente con una sponsorizzazione della Qatar Foundation erogata con l’obiettivo far diventare la struttura sarda un centro di ricerca di eccellenza. Sono tutte interpretazioni, di fronte a un documento che cambia sensibilmente la governance interna dell’ospedale, che è una realtà di eccellenza nel mondo.

Il Comitato  può avere accesso a tutti i documenti (art 6.1), può usare tutte le strutture dell’ente ospedaliero, dunque anche di consulenti esterni (art. 6.2), e si riunisce “prima di ciascuna seduta del Consiglio di amministrazione”, precedendo di almeno sette giorni l’incontro del Consiglio per “determinare uno stretto collegamento tra l’attività del Comitato e le riunioni consiliari”.

Il documento si conclude con un obbligo di riservatezza pressoché assoluto, e la possibilità del Segretario di Stato di modificarlo come vuole. Il regolamento “approvato ad experimentum per tre anni, entra immediatamente in vigore, derogando ove necessario allo Statuto dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù con le successive integrazioni”.

La mossa del Cardinal Parolin sembra avere un duplice obiettivo. Da un lato, quello di “commissariare” Giuseppe Profiti, il presidente dell’Ospedale voluto in Vaticano dal suo predecessore in Segreteria di Stato Tarcisio Bertone. Profiti aveva dalla sua molti ottimi risultati strategici: da quando era diventato presidente, l’Ospedale – si leggeva nel comunicato che annunciava la conferma  – “ha aumentato il numero di interventi, le prestazioni e le attività di ricerca attestandosi come il più grande Policlinico e Centro di ricerca pediatrico in Europa. Alle sedi storiche del Gianicolo, Palidoro e Santa Marinella, si sono aggiunti la nuova sede di San Paolo e i nuovi centri pediatrici regionali in Sicilia (Taormina), Basilica (Potenza) e Calabria (Catanzaro). Il Bambino Gesù è impegnato in numerose missioni internazionali di carattere assistenziale e sanitario, dalla Cambogia alla Tanzania, dal Libano alla Giordania”.

Confermato lo scorso 14 marzo, Profiti aveva anche aperto le porte ai tecnici della Pricewaterhouse, una delle tante multinazionali volute da Papa Francesco per consigliare il Vaticano su come gestire i suoi conti. Il processo di due diligence è terminato positivamente, il presidente è stato confermato, ma il Cardinal Parolin evidentemente ha ritenuto opportuno esercitare un controllo maggiore sull’ospedale, su cui la Segreteria di Stato già ha il controllo, rappresentandone la proprietà.

Il secondo obiettivo di questa mossa potrebbe essere quello, per il Segretario di Stato, di ritagliarsi uno spazio di controllo assoluto, cercando di tenere le posizioni nell’ambito di una riforma della Curia che sembra mettere sempre più da parte la Segreteria di Stato. Mentre il cardinal Pell con la sua Segreteria per l’Economia, prendeva in mano tutte le leve finanziarie vaticane, il Cardinal Parolin partecipava sì a pieno titolo alle riunioni del Consiglio dei Cardinali, ma senza un documento che integrasse il Chirografo con il quale questo era stato istituito. E così il Segretario di Stato si è trovato uno spazio tutto personale nel quale emergere e poter avere una autonomia totale. E lo ha fatto in un ambito in cui ha potuto marcare una netta discontinuità con la gestione precedente.

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