Un nuovo promotore di Giustizia all’ex Sant’Uffizio

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Esce Robert W. Oliver, nominato segretario della Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori. Entra al suo posto come Promotore di Giustizia (praticamente il pm) della Congregazione per la Dottrina della Fede Robert Geisinger, gesuita statunitense e procuratore generale della Curia dei Gesuiti. Papa Francesco comincia a cambiare la squadra della Congregazione della Dottrina della Fede. In attesa che siano stabilmente definiti i criteri del nuovo ufficio disciplinare sui “Delicta Graviora”, alla guida del quale Papa Francesco ha già nominato mesi fa Robert Mollaghan, rimosso così dalla guida della diocesi di Rosario.

L’uscita di Robert W. Oliver dalla Congregazione della Dottrina della Fede sembrerebbe quasi rappresentare un cambio di direzione di Papa Francesco nella lotta agli abusi. Quasi il segnale che di questi se ne debbano occupare nella Pontificia Commissione, che ancora sta discutendo dei suoi statuti e dell’allargamento dei suoi componenti. L’idea potrebbe essere quella di tornare a un maggior ruolo delle Chiese locali sul tema delle denuncie dei “Delicta Graviora”, i delitti più gravi, come testimonierebbe il fatto che il vescovo Mollaghan ha sì lasciato la diocesi di Rosario, ma non per stabilirsi a Roma, ma per rimanere in Argentina, a Buenos Aires. Ovviamente, sono scelte tutte da analizzare. Anche perché si ritiene che padre Geisinger è conosciuto  per essere un canonista di stretta osservanza, e si ritiene il suo arrivo avrà un grande impatto, specialmente sul caso abusi. Mentre monsignor Oliver si occuperà del tema a tempo pieno.

Monsignor Oliver è stato uno dei protagonisti della lunga stagione di guarigione e rinnovamento portata avanti dal Cardinal Sean O’Malley quando fu chiamato a guidare la diocesi di Boston come arcivescovo. La sua nomina a Promotore di Giustizia rappresentava una lode al “modello Boston”.

Una lode che ha condiviso Papa Francesco, inserendo il Cardinal O’Malley prima nel Consiglio dei Cardinali, e poi ponendolo alla guida della Pontificia Commissione per i Minori. A fianco ad O’Malley ci sarà di nuovo Robert W. Oliver, per un incarico a tempo pieno.

Il suo posto è stato preso infatti dal procuratore generale della Curia dei gesuiti Robert W. Geisiger. Canonista della Pontificia Università Gregoriana, considerato “uno tosto” da chi lo conosce, un tipo di “molti fatti e poche parole”, si è distinto tra le sue pubblicazioni per un testo che andava a delineare come indagare se un candidato fosse maturo o meno per il sacerdozio.

Ma è stato anche uno dei motori silenziosi del simposio “Verso la Guarigione e il Rinnovamento” promosso dalla Pontificia Università Gregoriana. E quel simposio ha rappresentato un po’ il serbatoio della Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori. Seppure questa Pontificia Commissione andrà sempre più a prendere responsabilità sui temi della raccolta delle denunce degli abusi, il coordinamento con la Congregazione della Dottrina della Fede sarà assicurato.

Resta da comprendere ora come si strutturerà questo nuovo ufficio per i Delicta Graviora, del quale non si è saputo niente da quando è stato annunciata la nomina del vescovo Mollaghan.

Nemmeno Mollaghan ha dato dettagli sul suo nuovo incarico. Lo scorso 8 agosto era a Rosario, , dove ha celebrato la Messa per San Cayetano. A domanda sul suo nuovo incarico, ha risposto che “l’allenatore decide i cambi”, e che “l’unica cosa che ho chiesto è di non vivere a Roma, e me lo ha concesso. Mi sarebbe piaciuto rimanere a Rosario, però mi manda a Buenos Aires per avere facilità nel lavoro”, che lo porterà diverse volte a muoversi verso Roma.

Resta comunque l’impressione che Papa Francesco voglia responsabilizzare di più i vescovi sui casi di abusi, che erano stati disciplinati prima dal  Motu Proprio di Giovanni Paolo II “Sacramentorum sanctitatis tutela”, in cui si afferma che il trattamento dei delitti più gravi sarebbe stato affidato alla Congregazione per la Dottrina della Fede; e poi dall’istruzione “De delictis gravioribus” (firmata dall’allora prefetto Ratzinger) di appena un mese dopo, che dava attuazione al motu proprio e specificava quali fossero i reati più gravi che andavano sotto la diretta competenza della Congregazione per la Dottrina per la Fede.

L’istruzione stabiliva anche le procedure da seguire: prima l’ordinario o il gerarca svolgono un’indagine preliminare; una volta accertato il fatto, lo segnalano alla Dottrina della Fede, che, a meno di casi particolari, rimanda il tutto al tribunale diocesano per ulteriori accertamenti. L’unico appello al giudizio del tribunale diocesano si può fare al supremo Tribunale della Congregazione per la Dottrina della Fede. Un passaggio che verrà modificato riguarda la prescrizione del delitto dopo dieci anni, a partire – nei casi di pedofilia – dal compimento dei 18 anni da parte della vittima: la prescrizione non ci sarà più, mentre resterà in vigore il segreto pontificio, che equivale al segreto istruttorio: serve a garantire un equo processo.

Sono procedure nelle quali molti hanno letto piuttosto una volontà di insabbiare da parte della Santa Sede.

È vero il contrario: si era venuti a conoscenza che gli stessi vescovi, in molti casi, venuti a conoscenza dei casi, si limitavano a trasferire i sacerdoti; di molti casi non arrivava nemmeno segnalazione, e spesso le diocesi non erano provviste nemmeno di un esperto di diritto canonico adatto a seguire i casi. Portare ogni cosa all’attenzione della Dottrina della Fede, più che a insabbiare, è servito a esercitare un più stretto controllo, e verificare dove e quando è il caso di intervenire.

La risposta di Papa Francesco agli abusi riparte da questa istruzione. Con un gesuita duro a capo della sezione disciplinare della Dottrina della Fede, una nuova commissione con un segretario che ha già dato prova di sé sul tema, e un ufficio disciplinare ancora tutto da definire.

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