Durch Leiden Freude! «la Gioia attraverso la sofferenza»

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Incontro con l’uomo

È indiscusso il valore della storia. È storia il pellegrinare degli uomini tra le meraviglie del cosmo nell’affascinante e drammatico cammino delle civiltà. Gli uomini: attori liberi e originali che interpretano il vivere quotidiano all’interno dello spazio nel fluire misterioso del tempo! La storia non va soltanto scritta. Essa, innanzitutto, va vissuta, assumendosi ciascuno le responsabilità dirette in bene o in male.

Comunicare agli altri i propri pensieri, le proprie esperienze, le proprie ansie, i propri problemi, la propria visione della vita, è componente essenziale dell’essere creature umane in costante ricerca della verità per il fecondo servizio alla società. Soltanto l’egoista, alle soglie dell’autodistruzione, si chiude in se stesso in un lugubre mutismo preoccupante e degenerante. Comunicare agli altri per donarsi, per comprendersi, per arricchirsi e per offrire frutti di bontà e di bellezza, significa donare un volto nuovo alla storia. Quel volto nuovo che riesce a scavalcare il limite della natura invecchiata e a costituirsi come novità di vita. Sì, perché la novità di vita non è quella di un solo giorno, ma quella di tutti i momenti, all’interno di un modo di essere continuo e progressivo.

Sono sempre convinto che la vita sia l’arte degli incontri. Per poterli mettere bene a fuoco, c’è bisogno del filtro del tempo che, nel silenzio evocatore, matura e illumina ogni cosa. In questo ritmo dello scorrere del tempo, che incalza e non da tregua, gli eventi avvolgono la nostra esistenza e ci sorpassano. Ci sono incontri che stravolgono e opprimono, altri che si spengono nel buio della dimenticanza, altri che coinvolgono e restano scolpiti nel cuore della memoria, altri ancora che permangono come punti luminosi della trama quotidiana del tempo. In questa esperienza di rapporti intercomunicanti, una mano invisibile e misteriosa scrive il canto della storia nell’in-canto di quel fluire sinfonico di note che intesse lo scorrere della vita.

Faccio mia la celebre frase di Pascal: le coeur a ses raisons que la raison ne connait point. Ogni dialogo vero e concorde dev’essere dono dal cuore all’altro che sia capace di accogliere col cuore, in intelligente intuizione e vibrante entusiasmo. La gratitudine per il dono reciproco si esprimerà permettendogli di diventare fecondo. Anche ogni “scritto” l’ho sempre considerato come “incontro” che si sviluppa in un dia-logos che è conversare a tu per tu, tra memorie e presenze, tra gioie e dolori con chi accoglie il tuo pensiero.

L’amico, anche quando tace, non smette mai di ascoltare col cuore silente poesie senza parole e canti senza voce. Nella rugiada delle piccole cose, il cuore che ama scopre sempre il suo mattino nel silenzio dell’aurora di luce e ne rimare estasiato. Il soffio della vita è come luce dal sole in splendore. Come l’arcobaleno distende sulla tela del creato i suoi colori di luce, e come il flauto volge in musica i sussurri sonori del cuore, così gli incontri cor ad cor esplodono in energie vitali che spronano a compiere le grandi azioni in unitas cordium, forza motrice capace di creare nuova umanità concorde che riconcilia gli opposti nell’armonia di una sinfonica danza cosmica. È questo lo stile del Creatore che dialoga con la sua creatura, e nostro Signore Gesù ce ne ha dato l’esempio.

Incontro con la natura

Usualmente si suole dire che l’uomo va col tempo delle stagioni. In effetti, esiste una psicologia delle stagioni, una sorta di reazione, un quid psicologico che corrisponde a esse, specialmente quando nell’uomo spirito e materia si armonizzano e si condizionano a vicenda. Francesco d’Assisi distribuì tutti gli elementi del creato: terra e acqua, aria e vento, sole, luna e stelle, come doni dati da Dio all’uomo, per cui ogni realtà creata parla di Dio e a Lui riconduce. Questa cosmografia dipinge la visione del mondo e delle creature. Il dialogo con esse, in Francesco, diventa canto a lode di ogni elemento della natura in ogni tempo delle stagioni.

Si suole dire che la primavera e l’estate costituiscono la luminosità mattutinale, l’autunno e l’inverno, invece, l’oscurità del momento notturno. L’autunno che conduce all’inverno sembra l’inizio della morte d’ogni cosa. Si dice che il suo nome provenga dalla lingua etrusca, ma c’è chi lo fa derivare dal latino augere che indica aumento in estensione o in profondità. A me piace rassomigliarlo al tacere prima di parlare, silenzio che non è mutismo, ma sapienza che rende capaci di concepire la parola della verità per poi donarla. L’autunno è tutta primavera in potenza, come il pensiero prima della parola, come il silenzio prima del canto. La vita non muore nell’inverno, ma lavora costantemente per rinnovarsi e germogliare in primavera. L’autunno, col suo misterioso linguaggio, ci dice che il nostro operare nel quotidiano, per essere fecondo, deve possedere lo sguardo della profondità riflessiva su tutto ciò che riguarda il nostro vivere. Come il seme, che prima di dare il suo frutto deve essere immerso nel cuore della terra e marcire, così la stagione autunnale, che sembra, in qualche modo, la sconfitta della natura, in verità è il grembo della nuova vita.

C’è anche un autunno in cui si raccoglie ciò che è stato seminato a suo tempo. È la stagione della vendemmia, della maturazione di alcuni frutti, dell’esplodere dei fiori settembrini nella sinfonia dei loro colori. È il tempo in cui inizia anche il migrare degli uccelli. Sia la fertilità della terra sia l’attività ornitologica sono rivelazione dell’azione misteriosa e nascosta della Provvidenza che nel silenzio fecondo compie i miracoli della vita per l’equilibrio della natura e dell’uomo immerso nei ritmi del tempo e nel cuore dello spazio. Dio, con la sua potenza silente e creatrice, ci fa raccogliere i doni che sono frutto delle nostre mani operose. Il tacere dell’autunno mi piace contemplarlo come segno dell’umiltà di Dio che si fa compagno del nostro lavoro quotidiano per renderlo fecondo.

Durch Leiden Freude

Il sopore dinamico della natura autunnale si risveglia in primavera in frutti di vita. Ogni cosa è in movimento e si apre alla vita per scoprire nella natura, in un dialogo tra visione, odorato, gusto e ascolto, l’impronta della presenza dell’amore divino. Nel Cantico dei Cantici, l’incontro d’amore tra l’amato e l’amata avviene in primavera quando la natura esplode di vita: Ecco, l’inverno è passato, è cessata la pioggia, se n’è andata; i fiori sono apparsi nei campi, il del canto è tornato la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna. Il fico ha messo fuori i primi frutti e le viti fiorite spandono fragranza (Ct 2,11-13). Come l’autunno matura in primavera e il tramonto insegue l’aurora, anche l’uomo vive in simbiosi con la danza delle stagioni. Nelle quattro stagioni, l’una porta in sé i germi di vita dell’altra, e l’uomo, insieme con esse, vive i palpiti perenni dell’esistenza. In effetti, l’uomo e la natura, in una danza tra vivaci Allegri, appassionati Adagi e maestosi Andanti, parlano lo stesso linguaggio d’amore: cor ad cor loquitur!

Il costante leit-motiv è dato da tre grandi parole che Beethoven scrisse alla contessa Erdody il 10 ottobre 1815 in cui è condensato il motivo direttivo che era espressione di tutta la sua vita: Durch Leiden Freude! Perché non pensare questa sinfonica cronologia sul tema della quinta sinfonia? Il destino che bussa alla porta, la forza e la speranza di ogni uomo, la lotta con la vittoria finale sullo stesso destino di cui si è andato scoprendo l’aspetto provvidenziale. Nell’affascinante dialogo tra Dio, l’uomo e il cosmo, è questo il fondamento della nostra fede: Crux Gloria, dalla Croce esplode la Gloria, dalla morte la vita, dall’abbassamento l’esaltazione, dal martirio la glorificazione. Il rapporto d’amore tra Dio e l’uomo, all’interno dello spazio e del tempo, si vive in questo alternarsi di donazione reciproca: Durch Leiden Freude! – «la Gioia attraverso la sofferenza»! Questo duetto cor ad cor ci fa vivere in entusiasmo e, nella stabilità, rende fecondo l’amore.

 

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